Il Senato ha sollevato un conflitto di attribuzioni con la Procura della Repubblica di Firenze, sostenendo che i magistrati fiorentini nell’inchiesta su Open per illecito finanziamento dei partiti avrebbero leso le attribuzioni del Senato, avendo sequestrato corrispondenza del senatore Renzi senza la previa autorizzazione del Senato stesso. Si tratta di stabilire se un P.M. possa ricercare e acquisire mail o messaggi trasmessi o ricevuti per telefono da un parlamentare, senza avere prima ottenuto l’autorizzazione della Camera di appartenenza. Com’è noto, l’art. 68 Cost. stabilisce, a tutela della funzione parlamentare, che “Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare […]. Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza”.
La questione si incentra sulla questione se tali mail e messaggi Whatsapp debbano essere considerati come “corrispondenza”, per la quale l’art. 68 Cost. esige la preventiva autorizzazione del Senato, che in questo caso non è stata richiesta, oppure siano semplici documenti acquisibili dal pubblico ministero senza alcuna autorizzazione, com’è avvenuto nelle indagini su Open. Il problema trova soluzioni opposte a seconda che l’acquisizione sia contestuale alla comunicazione (in questo caso si tratta di intercettazione) oppure successiva (in tale ipotesi si sequestra un documento).
Tra l’altro, nella stessa inchiesta Open, la Corte di cassazione aveva ritenuto illegittimi altri sequestri e aveva annullato per ben cinque volte i sequestri subiti da un altro imputato, ordinando alla Procura di Firenze di restituire i p.c., i cellulari e gli altri supporti informatici sequestrati, vietando di trattenere copia dei dati e definendo i sequestri effettuati, non solo inutili, ma comportanti “un inutile sacrificio di diritti” perché si risolvono in “una non consentita funzione esplorativa”, in altre parole una illegittima “pesca a strascico”.
Il senatore Renzi aveva anche denunciato i magistrati fiorentini che lo stavano indagando, precisando che la sua non è una difesa “dal” processo, ma una difesa “nel” processo perché sarebbero i P.M. ad aver violato la legge sequestrando i suoi messaggi senza rispettare l’art. 68 Cost. Più in generale Renzi critica l’operato degli inquirenti, che lo accusano di illecito finanziamento del partito, ritenendo che la fondazione Open fosse un’articolazione del suo partito e quindi i bonifici pervenuti alla fondazione costituissero finanziamento illecito al partito. In realtà, i partiti sono associazioni, regolate dal codice civile, che hanno propri statuti e regolamenti, sul rispetto dei quali interviene il giudice, come ha fatto il tribunale di Napoli dichiarando illegittima la nomina di Giuseppe Conte quale presidente del Movimento 5 stelle. Ma è altrettanto vero, come ha ricordato Sabino Cassese sul Corriere della sera del 15 febbraio 2022, che il giudice deve rispettare le regole dei partiti e non può ritenere che una fondazione come Open sia articolazione del partito, senza che questo legame trovi un fondamento nello statuto di entrambi gli enti o in un rapporto di partecipazione o di controllo, perché il potere di stabilire che cosa sia un partito e che cosa no è un compito che, secondo la divisione dei poteri, spetta alla politica e al Parlamento.
Non sono mancate le frecciate del senatore Renzi alla stampa, lamentando che essa ha rinunciato al suo ruolo di guardiano della democrazia per abbracciare un populismo in cui “una velina della Procura vale più di una sentenza della Cassazione” e denunciando la “cannibalizzazione” della sua vita privata, violentata con la pubblicazione di una lettera scrittagli dal padre e priva di rilevanza processuale.
Sul conflitto deve ora decidere la Corte costituzionale, ma intanto il processo contro il senatore Renzi e gli altri imputati prosegue. La materia è indubbiamente incandescente e può comportare una profonda frattura tra magistratura e Parlamento, ma è ormai necessaria un’actio finium regundorum per delimitare i confini dei due poteri dello Stato ed evitare pericolosi sconfinamenti.
Ma le mail e i messaggi Whatsapp del senatore Renzi sono corrispondenza o documenti?
Il Senato ha sollevato un conflitto di attribuzioni con la Procura della Repubblica di Firenze, sostenendo che i magistrati fiorentini nell’inchiesta su Open per illecito finanziamento dei partiti avrebbero leso le attribuzioni del Senato, avendo sequestrato corrispondenza del senatore Renzi senza la previa autorizzazione del Senato stesso. Si tratta di stabilire se un P.M. possa ricercare e acquisire mail o messaggi trasmessi o ricevuti per telefono da un parlamentare, senza avere prima ottenuto l’autorizzazione della Camera di appartenenza. Com’è noto, l’art. 68 Cost. stabilisce, a tutela della funzione parlamentare, che “Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare […]. Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza”.
La questione si incentra sulla questione se tali mail e messaggi Whatsapp debbano essere considerati come “corrispondenza”, per la quale l’art. 68 Cost. esige la preventiva autorizzazione del Senato, che in questo caso non è stata richiesta, oppure siano semplici documenti acquisibili dal pubblico ministero senza alcuna autorizzazione, com’è avvenuto nelle indagini su Open. Il problema trova soluzioni opposte a seconda che l’acquisizione sia contestuale alla comunicazione (in questo caso si tratta di intercettazione) oppure successiva (in tale ipotesi si sequestra un documento).
Tra l’altro, nella stessa inchiesta Open, la Corte di cassazione aveva ritenuto illegittimi altri sequestri e aveva annullato per ben cinque volte i sequestri subiti da un altro imputato, ordinando alla Procura di Firenze di restituire i p.c., i cellulari e gli altri supporti informatici sequestrati, vietando di trattenere copia dei dati e definendo i sequestri effettuati, non solo inutili, ma comportanti “un inutile sacrificio di diritti” perché si risolvono in “una non consentita funzione esplorativa”, in altre parole una illegittima “pesca a strascico”.
Il senatore Renzi aveva anche denunciato i magistrati fiorentini che lo stavano indagando, precisando che la sua non è una difesa “dal” processo, ma una difesa “nel” processo perché sarebbero i P.M. ad aver violato la legge sequestrando i suoi messaggi senza rispettare l’art. 68 Cost. Più in generale Renzi critica l’operato degli inquirenti, che lo accusano di illecito finanziamento del partito, ritenendo che la fondazione Open fosse un’articolazione del suo partito e quindi i bonifici pervenuti alla fondazione costituissero finanziamento illecito al partito. In realtà, i partiti sono associazioni, regolate dal codice civile, che hanno propri statuti e regolamenti, sul rispetto dei quali interviene il giudice, come ha fatto il tribunale di Napoli dichiarando illegittima la nomina di Giuseppe Conte quale presidente del Movimento 5 stelle. Ma è altrettanto vero, come ha ricordato Sabino Cassese sul Corriere della sera del 15 febbraio 2022, che il giudice deve rispettare le regole dei partiti e non può ritenere che una fondazione come Open sia articolazione del partito, senza che questo legame trovi un fondamento nello statuto di entrambi gli enti o in un rapporto di partecipazione o di controllo, perché il potere di stabilire che cosa sia un partito e che cosa no è un compito che, secondo la divisione dei poteri, spetta alla politica e al Parlamento.
Non sono mancate le frecciate del senatore Renzi alla stampa, lamentando che essa ha rinunciato al suo ruolo di guardiano della democrazia per abbracciare un populismo in cui “una velina della Procura vale più di una sentenza della Cassazione” e denunciando la “cannibalizzazione” della sua vita privata, violentata con la pubblicazione di una lettera scrittagli dal padre e priva di rilevanza processuale.
Sul conflitto deve ora decidere la Corte costituzionale, ma intanto il processo contro il senatore Renzi e gli altri imputati prosegue. La materia è indubbiamente incandescente e può comportare una profonda frattura tra magistratura e Parlamento, ma è ormai necessaria un’actio finium regundorum per delimitare i confini dei due poteri dello Stato ed evitare pericolosi sconfinamenti.
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La Consulta si pronuncia sulla incompatibilità del G.i.p. a pronunciarsi sulla nuova richiesta di decreto penale di condanna: inammissibili le q.l.c.
Sospensione della pena e non menzione della condanna nel casellario: illegittimità costituzionale parziale.
Foglio di via del Questore: per la Consulta non è necessaria la convalida del giudice.
La Consulta sull’obbligo di testimoniare del prossimo congiunto dell’imputato che sia persona offesa dal reato.
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