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Misure di prevenzione: la Consulta ribadisce l’incostituzionalità dell’avviso orale del Questore di divieto di utilizzo del cellulare.

Segnaliamo l’Ordinanza n. 11, depositata oggi, 6 febbraio 2024, con la quale la Corte Costituzionale è intervenuta – nuovamente – sulle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 4, e 76, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), in riferimento agli artt. 3, 15, 21, 25 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli artt. 8 e 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

La Consulta – ad un anno di distanza – ritorna sull’art. 3, comma 4, del medesimo d.lgs. n. 159 del 2011, dovendo sciogliere la questione se il telefono cellulare può rientrare negli apparati di comunicazione radiotrasmittente di cui il Questore – con avviso orale – può vietarne il possesso o l’utilizzo.

Nel dettaglio, il giudice rimettente osserva che la limitazione dell’utilizzo del telefono cellulare, avvenendo in assenza di riserva di giurisdizione, ed essendo disposta da una autorità amministrativa, violerebbe l’art. 15 Cost., dal momento che a valutare i presupposti per l’applicazione della misura è un’autorità amministrativa. Ad essere violato sarebbe anche l’art. 21 Cost., perché le disposizioni censurate comprometterebbero gravemente la libertà di manifestazione del pensiero nella sfera della partecipazione alla vita pubblica, con riguardo alla libertà di informare, di essere informati (o di ricevere informazioni) e di informarsi (o di ricercare informazioni). Inoltre, il divieto di possesso e utilizzo del telefono cellulare, conseguente all’emissione dell’avviso orale del Questore, si porrebbe in contrasto anche con l’art. 3 Cost., per il fatto di determinare «l’isolamento dell’individuo e la difficoltà di reinserimento sociale dei soggetti più svantaggiati». Infine, sarebbe menomato anche il principio di tassatività in materia penale, garantito dall’art. 25 Cost., perché il divieto emanato dall’autorità amministrativa non indicherebbe il periodo di vigenza dello stesso, esponendo il soggetto passivo al rischio di incorrere nel reato per un tempo non determinato.

La Consulta, richiamando interamente la sentenza n. 2 del 2023, depositata il 12 gennaio 2023, con la quale si era già dichiarata l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 15 Cost., dell’art. 3, comma 4, del d.lgs. n. 159 del 2011, ribadisce che il Questore non può autonomamente disporre la misura di prevenzione consistente nel divieto di possedere o utilizzare telefoni cellulari, ma, trattandosi di un provvedimento che incide sulla libertà di comunicazione, la decisione spetta all’autorità giudiziaria, come prevede l’art. 15 della Costituzione.

In conclusione, in conformità con quanto già statuito lo scorso anno, la Consulta ha ritenuto che per effetto della suddetta dichiarazione di illegittimità costituzionale, è venuta meno la norma ricavabile, secondo l’interpretazione invalsa nel diritto vivente, dall’art. 3, comma 4, del d.lgs. n. 159 del 2011, che vieta il possesso e l’utilizzo del telefono cellulare a chi sia destinatario di un avviso orale rafforzato del Questore.

Pertanto, l’inosservanza del medesimo divieto non integra più il reato di cui all’art. 76, comma 2, del medesimo d.lgs. n. 159 del 2011.

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