E’ mancato Angelo Giarda, l’amico di una lunga stagione nell’Università e nella vita.
Oltre ai lavori scientifici, sono i sentimenti, i legami personali affettivi di condivisione e di solidarietà che ricordo in questo momento.
Avevamo appena condiviso una nuova avventura editoriale, una sfida culturale ardua tesa a correggere le disfunzioni di un sistema che ci sembrava avviato alla perdita di valori e principi.
I ricordi si accavallano: un’estate in vacanza, le telefonate per i lavori del Commentario al quale teneva in modo particolare, per i riscontri che riceveva nel foro, la comunità scientifica con suoi allievi, che ha sempre seguito con affetto totale.
La mia vita aveva incrociato la Sua quando fu chiamato a insegnare la procedura penale a Trieste ed io ottenni l’affidamento a Sassari alla cattedra che Lui aveva ricoperto.
Da quel momento le nostre strade di vita prima, di amicizia anche familiare poi, non si sono mai separate.
Su quella solida base di stima sono nate le iniziative editoriali e di ricerca che ci hanno visti impegnati con spirito sempre condiviso.
Fermo e sereno nei giudizi e nei comportamenti, nessun rancore.
Era strenuo difensore delle sue ricerche e del suo lavoro scientifico, di cui ha sempre rivendicato alcune intuizioni e la solidità.
Ho parlato dell’uomo, perché in questa Università che cambia, con Angelo eravamo consapevoli entrambi che, al di là della produzione scientifica, pur importante, quello che ritenevamo fondamentale siano ancora i valori della persona.
Uomo aperto, leale, generoso come pochi.
Era fiero delle sue origini, grato al collegio dove aveva studiato, guidato dalla fede, orgoglioso dei suoi figli.