Il modello processuale è sicuramente fondamentale per capire il significato che una società, in un dato momento storico, vuole dare alla funzione del processo penale, pur nella indiscutibile finalità tesa all’accertamento dei fatti delittuosi. Alla base vi sono sicuramente una visione culturale (e quindi politica), nonché il contesto criminale in cui si deve calare e misurare, e la struttura ordinamentale chiamata a supportarla. Si tratta quindi della combinazione di molte variabili.
Tuttavia, al di là di questi tratti comuni, quali elementi di base, la finalità di accertamento della verità (intesa in una variabile di significati: storico, relativo, processuale) si articola secondo un approccio che pur nella sua dimensione ampia, prospetta comunque la necessità di selezionare il materiale da portare alla conoscenza dell’organo decidente, inteso sia come potere d’ufficio, sia come effetto dell’offerta anche di parte, sia in modo misto quale potere d’ufficio (compresa la polizia giudiziaria o meno che sia) e quale contributo delle parti (non senza collegamenti delle figure soggettive riconducibili in questo ambito: vittima o persona offesa, consulenti, periti).
Il processo, tuttavia, in tutte le configurazioni processuali non può essere considerato un luogo nel quale possono indifferentemente confluire tutte le “conoscenze” o le acquisizioni, sia nei contenuti ed oggetti sia nelle modalità di acquisizione e cioè nelle tecniche sia in quelle di conoscenza, nei mezzi e negli strumenti.
In questa “astratta” idea della funzione del processo penale e delle sue modalità di articolazione e di conseguente disciplina, si inseriscono le scelte culturali e partitiche tese a disciplinare “i cancelli” di accesso del materiale oggetto della conoscenza e quindi della decisione nonché i soggetti destinati a produrli e poi a valutarli.
La logica inquisitoria tende a dilatare i limiti oggettivi della trattazione e la configurazione soggettiva. Sotto quest’ultimo profilo, la visione è onnivora, con selezione ridotta del materiale, spesso utilizzabile anche se invalido, di cui i soggetti pubblici sono garanti, e la tutela dei privati se non essenziale certamente ridotta.
La logica accusatoria è tesa a restringere gli ambiti oggettivi ed a qualificare in termini precisi e distinti quelli soggettivi. Sotto quest’ultimo profilo, oltre al tema – diverso ma non estraneo – riconducibile alla separazione delle carriere, vanno ben delineate le diverse funzioni, le diverse garanzie di indipendenza ed autonomia, nello svolgimento delle attività processuali, che devono restare ben delineate e definite. A volte, come nel processo anglosassone con netta distinzione tra l’organo di garanzia (giuridica) e quello giudicante (giuria).
Tutti questi elementi entrano in tensione e torsione quando gli organi investigativi e quelli decisori si omologano ovvero si confondono in una sostanziale identità ordinatamente e quando organi di garanzia e funzioni decisorie si mischiano in una entità funzionale.
Ed è ciò che succede nel nostro sistema processuale, nella duplice tensione che subisce il giudice nelle indagini verso le richieste dell’accusa e nella fase del giudizio (intesa in senso non solo dibattimentale) tra la valutazione sulla validità del materiale probatorio e la sua utilizzazione nella decisione.
E’ quindi necessario delineare per i protagonisti e i comprimari adeguati profili identificativi con un adeguato corollario sanzionatorio. Mancando tutto ciò, tornano i richiami ancestrali.
Per un processo penale: delineare profili identificativi per i protagonisti e comprimari.
Il modello processuale è sicuramente fondamentale per capire il significato che una società, in un dato momento storico, vuole dare alla funzione del processo penale, pur nella indiscutibile finalità tesa all’accertamento dei fatti delittuosi. Alla base vi sono sicuramente una visione culturale (e quindi politica), nonché il contesto criminale in cui si deve calare e misurare, e la struttura ordinamentale chiamata a supportarla. Si tratta quindi della combinazione di molte variabili.
Tuttavia, al di là di questi tratti comuni, quali elementi di base, la finalità di accertamento della verità (intesa in una variabile di significati: storico, relativo, processuale) si articola secondo un approccio che pur nella sua dimensione ampia, prospetta comunque la necessità di selezionare il materiale da portare alla conoscenza dell’organo decidente, inteso sia come potere d’ufficio, sia come effetto dell’offerta anche di parte, sia in modo misto quale potere d’ufficio (compresa la polizia giudiziaria o meno che sia) e quale contributo delle parti (non senza collegamenti delle figure soggettive riconducibili in questo ambito: vittima o persona offesa, consulenti, periti).
Il processo, tuttavia, in tutte le configurazioni processuali non può essere considerato un luogo nel quale possono indifferentemente confluire tutte le “conoscenze” o le acquisizioni, sia nei contenuti ed oggetti sia nelle modalità di acquisizione e cioè nelle tecniche sia in quelle di conoscenza, nei mezzi e negli strumenti.
In questa “astratta” idea della funzione del processo penale e delle sue modalità di articolazione e di conseguente disciplina, si inseriscono le scelte culturali e partitiche tese a disciplinare “i cancelli” di accesso del materiale oggetto della conoscenza e quindi della decisione nonché i soggetti destinati a produrli e poi a valutarli.
La logica inquisitoria tende a dilatare i limiti oggettivi della trattazione e la configurazione soggettiva. Sotto quest’ultimo profilo, la visione è onnivora, con selezione ridotta del materiale, spesso utilizzabile anche se invalido, di cui i soggetti pubblici sono garanti, e la tutela dei privati se non essenziale certamente ridotta.
La logica accusatoria è tesa a restringere gli ambiti oggettivi ed a qualificare in termini precisi e distinti quelli soggettivi. Sotto quest’ultimo profilo, oltre al tema – diverso ma non estraneo – riconducibile alla separazione delle carriere, vanno ben delineate le diverse funzioni, le diverse garanzie di indipendenza ed autonomia, nello svolgimento delle attività processuali, che devono restare ben delineate e definite. A volte, come nel processo anglosassone con netta distinzione tra l’organo di garanzia (giuridica) e quello giudicante (giuria).
Tutti questi elementi entrano in tensione e torsione quando gli organi investigativi e quelli decisori si omologano ovvero si confondono in una sostanziale identità ordinatamente e quando organi di garanzia e funzioni decisorie si mischiano in una entità funzionale.
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