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Profili problematici della “campagna vaccinale anti sars-cov-2”.

Sommario
  1. Premessa
  2. Punti fermi in tema di consenso informato
  3. Manifestazione del consenso (debitamente informato) e modalità di documentazione dello stesso. In generale
  4. Campagna vaccinale anti sars-cov-2 e manifestazione/documentazione del consenso informato
  5. Consenso informato ed effetti avversi quali emergenti da fonti qualificate
  6. Introduzione di un vero e proprio obbligo vaccinale “intuitu aetatis
  7. Condizioni per l’applicabilità della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 3 del decreto-legge n. 44 del 2021 per il personale sanitario
  8. Vaccinazione anti sars-cov-2 e prescrizione medica
  9. Conclusioni.

1 – Premessa

Il presente contributo si propone di valutare, in prospettiva strettamente giuridica, l’impatto della produzione normativa di urgenza in tema di vaccinazione anti sars-cov-2[1] su istituti e su principi consolidati.

I temi sui quali ci si soffermerà sono il consenso informato e le condizioni per l’applicabilità della speciale causa di esclusione della punibilità per il personale sanitario di cui all’art. 3 del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, nella legge 28 maggio 2021, n. 76 (che ha introdotto anche un articolo 3-bis, non presente nel decreto-legge, di cui si dirà).

2 – Punti fermi in tema di consenso informato

Appare appena il caso di premettere, in sintesi estrema, che l’accertamento giudiziale degli illeciti colposi in campo civile e in campo penale è disciplinato da regole, talvolta poste dal legislatore, talaltra di origine giurisprudenziale, differenti[2], anche quanto al tema del consenso informato.

Schematizzando al massimo, può dirsi che, mentre in ambito penale non necessariamente un difetto nell’acquisizione del consenso è foriero di conseguenze negative per il paziente sottoposto ad intervento con esito fausto[3], invece in ambito civile si ritiene che «In tema di attività medico-chirurgica, la manifestazione del consenso del paziente alla prestazione sanitaria costituisce esercizio del diritto fondamentale all’autodeterminazione in ordine al trattamento medico propostogli e, in quanto diritto autonomo e distinto dal diritto alla salute, trova fondamento diretto nei principi degli artt. 2, 13 e 32, comma 2, Cost.»[4] e che «In materia di responsabilità per attività medico-chirurgica, l’acquisizione del consenso informato del paziente, da parte del sanitario, costituisce prestazione diversa rispetto a quella avente ad oggetto l’intervento terapeutico, con la conseguenza che l’errata esecuzione di quest’ultimo dà luogo ad un danno suscettibile di ulteriore e autonomo risarcimento rispetto a quello dovuto per la violazione dell’obbligo di informazione, anche in ragione della diversità dei diritti – rispettivamente, all’autodeterminazione delle scelte terapeutiche ed all’integrità psicofisica – pregiudicati nelle due differenti ipotesi»[5].

Le pronunzie della Corte di cassazione civile citate e le numerose altre che pacificamente – affermano che «In tema di responsabilità sanitaria, l’omessa acquisizione del consenso informato preventivo al trattamento sanitario – fuori dai casi in cui lo stesso debba essere praticato in via d’urgenza e il paziente non sia in grado di manifestare la propria volontà – determina la lesione in sé della libera determinazione del paziente, quale valore costituzionalmente protetto dagli artt. 32 e 13 Cost., quest’ultimo ricomprendente la libertà di decidere in ordine alla propria salute ed al proprio corpo, a prescindere quindi dalla presenza di conseguenze negative sul piano della salute, e dà luogo ad un danno non patrimoniale autonomamente risarcibile, ai sensi dell’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c.»[6] fanno capo alla importante decisione delle Sezioni Unite civili n. 26972 del 11/11/2008, A. vs. S. ed altro, Rv. 605491-01[7].

3 – Manifestazione del consenso (debitamente informato) e modalità di documentazione dello stesso. In generale

Se, da un lato, nessuna norma impone che il consenso informato venga espresso per iscritto (ed è intuitivo che un simile adempimento sarebbe impossibile ove il paziente non sappia leggere o non comprenda la lingua o sia ipovedente ovvero non in grado di scrivere, per mutilazione, malattia o qualsiasi causa), dall’altro, è chiaro che la forma più diffusa di documentazione è indubbiamente quella scritta, tanto che l’art. 1, comma 4, prima parte, della legge 22 dicembre 2017, n. 219, contenente “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” dispone (non già – si noti – che il consenso informato debba essere manifestato per iscritto, ma) che «Il consenso informato, acquisito nei modi e con  gli  strumenti più  consoni alle condizioni del paziente, è documentato  in  forma scritta  o  attraverso  videoregistrazioni  o,  per  la  persona  con disabilità, attraverso dispositivi che le consentano di  comunicare»; la norma poi prosegue: «Il consenso informato, in qualunque forma espresso, è inserito nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico» (art. 1, comma 4, seconda parte, della legge n. 219 del 2017).

Una cosa, dunque, è la manifestazione del consenso, che può avvenire in varie forme, in base alle concrete circostanze; altra, diversa dalla prima, è la documentazione dell’avvenuta espressione di consenso, da garantirsi privilegiando la forma scritta o mediante registrazione, in ogni caso surrogabile mediante elementi di tipo indiziario[8].

Ebbene, la corretta interpretazione da offrirsi alle richiamate disposizioni non legittima in alcun modo il – purtroppo non raro nella prassi – ricorso a moduli scaricati dalla rete internet dal contenuto generico, non dettagliato e non “tarato” sulla specifica situazione del paziente.

Netto, infatti, è l’alt che sul punto è stato intimato, a più riprese, dalla giurisprudenza civile della Corte di cassazione:

«In tema di attività medico-chirurgica, il consenso informato deve basarsi su informazioni dettagliate, idonee a fornire la piena conoscenza della natura, portata ed estensione dell’intervento medico-chirurgico, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative, non essendo all’uopo idonea la sottoscrizione, da parte del paziente, di un modulo del tutto generico, né rilevando, ai fini della completezza ed effettività del consenso, la qualità del paziente, che incide unicamente sulle modalità dell’informazione, da adattarsi al suo livello culturale mediante un linguaggio a lui comprensibile, secondo il suo stato soggettivo ed il grado delle conoscenze specifiche di cui dispone (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non adeguata l’informazione fornita ad una paziente dapprima mediante consegna di un modulo prestampato dal contenuto generico in occasione del primo intervento chirurgico e poi, senza indicazione degli esatti termini della patologia determinatasi a causa di questo, delle concrete prospettive di superamento della medesima attraverso una serie di interventi successivi)»[9].

Si tratta di puntualizzazioni che si ricollegano alle decisioni che già in passato hanno ritenuto necessaria un’informazione competa ed effettiva e che hanno escluso che il rilascio del consenso informato possa presumersi, e ciò persino nel caso in cui il paziente abbia proprie cognizioni qualificate in materia per ragioni professionali, ad esempio sia un paziente-medico[10] o un paziente-avvocato[11].

Deve, dunque, ritenersi che la dimostrazione di avere  fornito al paziente – in maniera adeguata, efficace e completa – le necessarie notizie sulle condizioni di salute, sulla diagnosi, sulla prognosi, sui benefici e sui rischi degli accertamenti  diagnostici  e  dei  trattamenti  sanitari, sulle possibili  alternative e sulle conseguenze  dell’eventuale  rifiuto  del  trattamento  sanitario e dell’accertamento diagnostico o  della  rinuncia  ai  medesimi (così come espressamente previsto dall’art. 3 della citata legge n. 219 del 2017) potrà ricavarsi, quale valida alternativa ad un documento scritto (naturalmente, completo e correttamente redatto), da prove dichiarative o documentali (quali, ad esempio, registrazione, video o audio) ovvero, in via logica, da ulteriori elementi conoscitivi (ad esempio, il numero delle visite e degli incontri con il sanitario, la durata degli stessi, l’eventuale contributo informativo che possano riferire altre persone che vi abbiano partecipato, quali collaboratori del professionista, parenti o accompagnatori del paziente).

4 – Campagna vaccinale anti sars-cov-2 e manifestazione/documentazione del consenso informato

Tanto premesso, le caratteristiche della “campagna vaccinale” in corso nel Paese, così come prevista in linea generale ma anche così come in concreto organizzata e svolta, destano più di qualche perplessità circa la conformità ai consolidati principi di diritto che si sono riferiti. Ciò per le seguenti ragioni.

L’assenza di qualsiasi riferimento nella normativa in commento[12] al tema del consenso informato suggerisce di prendere le mosse, ai fini del presente approfondimento, dall’analisi  empirica dei moduli di consenso informato che si rinvengono nei siti istituzionali del Ministero della salute[13] e delle Regioni italiane[14], moduli che vengono distribuiti nelle strutture ove si pratica la vaccinazione ovvero da stamparsi preventivamente a cura dell’interessato e da recare con sé all’appuntamento vaccinale[15].

Il modello in uso per l’acquisizione del consenso contiene l’indicazione che il vaccinando ha letto, che gli è stata illustrata e che ha compreso la nota informativa dell’Agenzia italiana del farmaco (acronimo: A.I.F.A.) del vaccino in questione, che ha riferito al medico patologie, attuali e pregresse, e terapie in corso, che ha avuto la possibilità di porre domande, ottenendo esaurienti risposte che ha compreso, che è stato correttamente informato, comprendendo benefici, rischi, alternative e conseguenze e che è consapevole della necessità di informare il medico curante di eventuali effetti collaterali; ad esso è generalmente allegato un riassunto delle caratteristiche del vaccino risultanti dal foglietto informativo della casa produttrice.

Ebbene, il modellino relativo al consenso informato non appare rispettoso dei principi che si sono in precedenza richiamati in tema di consenso informato: si tratta infatti, con ogni evidenza, di un modulo-standard del tutto generico, identico per qualsiasi vaccinando, senza distinzioni, senza riferimenti alle caratteristiche peculiari della specifica situazione, alle condizioni di salute ed all’età del vaccinando, senza informazioni dettagliate che possano dirsi idonee a fornire la piena e reale conoscenza della natura, della portata ed estensione dell’intervento sanitario, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative: e dall’esame, tramite consultazione dei siti internet istituzionali delle varie Regioni, dei moduli emerge persino la mancanza di spazio sufficiente per eventuali integrazioni grafiche che possano valere a “soggettivizzare” la situazione.

A ben vedere, nemmeno la messa a disposizione dell’utenza di una editio minor del contenuto del foglietto informativo del farmaco è immune da rilevi critici. Infatti, l’onere di informazione, come quello di una corretta, puntuale ed approfondita anamnesi, è  inderogabilmente in capo al sanitario: e, come non è sufficiente a far ritenere adempiuto l’obbligo informativo la mera consegna del foglietto informativo, allo stesso modo una raccolta di informazioni sanitarie, che,  per le più varie cause, sia stata in ipotesi contingentata nei tempi[16] ed effettuata da parte di personale medico reclutato per l’occasione, ma eventualmente privo di competenze  specialistiche idonee e che comunque non conosce, per non averlo mai incontrato prima, il vaccinando né la sua storia sanitaria personale, può, quantomeno, far legittimamente dubitare della necessaria cura prestata nella trasmissione – che deve essere  efficace e completa – delle  notizie sulle condizioni di salute, sulla diagnosi, sulla prognosi, sui benefici e sui rischi del trattamento  sanitario, sulle possibili  alternative e sulle conseguenze  dell’eventuale  rifiuto o della rinuncia allo stesso (così come espressamente previsto dal citato art. 1, comma 3, della legge n. 219 del 2017).

5 – Consenso informato ed effetti avversi quali emergenti da fonti qualificate

Le manifestate perplessità non possono non acuirsi alla luce dei preoccupanti dati sulla quantità e sulla serietà degli effetti avversi, non esclusi quelli gravi e persino letali, che emergono dai periodici rapporti A.I.F.A. sulla sorveglianza dei vaccini Covid-19 (rapporti che, tramite accesso al sito istituzionale del Ministero della salute[17], risultano consultabili da chiunque e, dunque, e a maggior ragione, da coloro che concorrono, ai diversi livelli, alla formazione delle leggi, dai responsabili delle strutture sanitarie che organizzano e gestiscono le vaccinazioni e anche dai medici c.d.  vaccinatori in prima persona).

E’ ormai da anni consolidata un’accezione ampia di “cura” del paziente, comprensiva non solo in senso stretto dell’atto medico in sé ma anche del coinvolgimento, consapevole e volontario, del paziente in un programma terapeutico condiviso, coinvolgimento che presuppone, ovviamente, un’ampia, corretta, approfondita e personalizzata spiegazione, come si è visto in precedenza, circa le condizioni di salute, la diagnosi, la prognosi, i benefici ed i rischi dei  trattamenti  sanitari, le possibili alternative e le conseguenze  dell’eventuale  rifiuto  del  trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o  della  rinuncia  ai  medesimi (così come espressamente previsto dall’art. 1, comma 3, della citata legge n. 219 del 2017).

Recependo, infatti, un’elaborazione già realizzata da anni “sul campo”, il legislatore ha espressamente previsto che «È promossa e valorizzata la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico che si basa sul consenso informato nel quale si incontrano l’autonomia decisionale del paziente e la competenza, l’autonomia professionale e la responsabilità del medico. Contribuiscono alla relazione di cura, in base alle rispettive competenze, gli esercenti una professione sanitaria che compongono l’équipe sanitaria. In tale relazione sono coinvolti, se il paziente lo desidera, anche i suoi familiari o la parte dell’unione civile o il convivente ovvero una persona di fiducia del paziente medesimo» ed anche – assai significativamente – che «Il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura» (art. 1, rispettivamente, commi 2 e 8, della legge n. 219 del 2017).

Effettuate tale precisazioni, occorre rammentare che secondo l’insegnamento della Corte di cassazione[18], a fronte della eventuale allegazione – da parte del soggetto che agisca in giudizio per risarcimento danni  –  dell’inadempimento dell’obbligo di informazione, è il medico a dover fornire la prova di avere adempiuto tale obbligazione: prova che potrebbe essere non agevole da fornire quando, ad esempio, emerga per testi o tramite documenti o comunque altrimenti in via logica che il ritmo eventualmente serrato delle vaccinazioni, così come in concreto organizzate ed effettuate, non ha consentito di dedicare un tempo  sufficiente a ciascun vaccinando, di regola non conosciuto prima dal medico vaccinatore, per così dire, avventizio[19] (parzialmente diversa appare la situazione del medico di famiglia che dovrebbe avere, almeno nella generalità dei casi, conoscenza adeguata dei propri pazienti).

Recentemente la Sez. 3 civile della Corte di cassazione ha puntualizzato, nell’ambito del c.d. “decalogo di San Martino”, quanto segue:

«In tema di attività medico chirurgica, la violazione, da parte del medico, del dovere di informare il paziente, può causare due diversi tipi di danni: un danno alla salute, sussistente quando sia ragionevole ritenere che il paziente, su cui grava il relativo onere probatorio, se correttamente informato, avrebbe evitato di sottoporsi all’intervento e di subirne le conseguenze invalidanti; nonché un danno da lesione del diritto all’autodeterminazione, rinvenibile quando, a causa del deficit informativo, il paziente abbia subìto un pregiudizio, patrimoniale oppure non patrimoniale (ed, in tale ultimo caso, di apprezzabile gravità), diverso dalla lesione del diritto alla salute. Pertanto, nell’ipotesi di omissione od inadeguatezza diagnostica che non abbia cagionato danno alla salute ma che abbia impedito l’accesso ad altri più accurati accertamenti, la lesione del diritto all’autodeterminazione sarà risarcibile ove siano derivate conseguenze dannose di natura non patrimoniale, quali sofferenze soggettive e limitazione della libertà di disporre di se stessi, salva la possibilità della prova contraria»[20];

e «Le conseguenze dannose che derivino, secondo un nesso di regolarità causale, dalla lesione del diritto all’autodeterminazione, verificatasi in seguito ad un atto terapeutico eseguito senza la preventiva informazione del paziente circa i possibili effetti pregiudizievoli, e dunque senza un consenso legittimamente prestato, devono essere debitamente allegate dal paziente, sul quale grava l’onere di provare il fatto positivo del rifiuto che egli avrebbe opposto al medico, tenuto conto che il presupposto della domanda risarcitoria è costituito dalla sua scelta soggettiva (criterio della cd. vicinanza della prova), essendo, il discostamento dalle indicazioni terapeutiche del medico, eventualità non rientrante nell’id quod plerumque accidit; al riguardo la prova può essere fornita con ogni mezzo, ivi compresi il notorio, le massime di esperienza e le presunzioni, non essendo configurabile un danno risarcibile in re ipsa derivante esclusivamente dall’omessa informazione»[21].

6 – Introduzione di un vero e proprio obbligo vaccinale “intuitu aetatis

Ebbene, se il legislatore, ordinario o dell’emergenza, avesse colto le difficoltà che si sono sinora evidenziate e che traggono origine dal non avere modulato la tematica del consenso informato alla peculiare situazione pandemica, armonizzando le novità rispetto ai consolidati principi generali già richiamati in tema di consenso informato, avrebbe avuto la possibilità di porre rimedio, magari in sede di conversione. Ciò però non è accaduto.

E, anzi, nel decreto-legge 7 gennaio 2022, n. 1, il Governo è incorso in due plateali omissioni che appaiono foriere di gravi conseguenze, anche a livello di compatibilità costituzionale della disciplina.

6.1. In primo luogo persiste un silenzio – a questo punto, ingiustificabile – sul tema del consenso informato pur a fronte della esplicita introduzione di un obbligo vaccinale che non è più solo “di fatto” (nei confronti cioè di chi esercita determinate attività lavorative, si potrebbe dire intuitu operarum, sospeso temporaneamente dalle stesse con conseguente, radicale ed immediata, privazione delle fonti di reddito da lavoro, pur a fronte di un comportamento legittimo o “neutro”) ma è anche “di diritto” (imponendo espressamente un obbligo vaccinale generalizzato a tutti i consociati al di sopra di una determinata soglia di età, intuitu aetatis, sotto comminatoria di sanzione amministrativa pecuniaria[22]).

La situazione non è sfuggita alla più attenta dottrina, come già evidenziato nei primi commenti raccolti “a caldo”[23].

Nella compresenza, infatti, di tre macro-categorie di vaccinandi in attesa dell’inoculazione nei centri vaccinali o presso i medici di famiglia (1. cinquantenni obbligati pena sanzione amministrativa ed impossibilità di accesso ai luoghi di lavoro; 2. lavoratori appartenenti a determinate categorie “fortemente raccomandati” dal legislatore, tanto da essere sospesi dal servizio ed integralmente dalla retribuzione ove non vaccinati; 3. cittadini “consigliati” ai quali è precluso l’accesso ad una vasta serie di servizi e di uffici se non previa dimostrazione di avere effettuato di recente un “tampone” con esito negativo) la soluzione non può certo rinvenirsi nella diversificazione e/o nell’aggiornamento dei moduli in uso: ad esempio, più dettagliati di personalizzate informazioni, quanto ai soggetti che si presentano spontaneamente ovvero perché, pur magari intimamente dubbiosi circa l’efficacia e la sicurezza dei vaccini attualmente impiegati, a ciò comunque spinti dalla prevista sospensione dal lavoro in caso di mancanza di attestazione vaccinale[24]; ed invece più scarni ovvero addirittura, a stretto rigore, omessi, ove si presenti per la vaccinazione una persona che ha compiuto cinquanta anni, siccome destinataria di un “obbligo” espressamente qualificato tale (e non solo indirettamente ricavabile dalle plurime limitazioni che conseguono allo status di non vaccinato).

Il tema, dalle implicazioni serissime, non può e non deve essere affrontato, a nessun livello (normativo, amministrativo/apicale, sanitario/operativo), come una questione, tipica di un certo, biasimevole, approccio all’organizzazione dei pubblici uffici, di “carte da mettere a posto”[25].

Ciò in ragione del non remoto rischio di invalidità del consenso, pur apparentemente manifestato, e non soltanto a causa della – difficile – praticabilità in concreto di moduli dal contenuto differenziato ovvero utilizzati/omessi a seconda del soggetto che si presenti per la vaccinazione, dovendosi distinguere, almeno, tra destinatario di raccomandazione o di “suggerimento” pressante (alla cui mancata adesione consegue la perdita integrale della retribuzione[26]) e destinatario di vero e proprio “obbligo” (dalla cui inosservanza discende quantomeno una sanzione amministrativa)[27].

6.2. La seconda omissione appare non meno rilevante della prima: «le diverse disposizioni normative che hanno – in progress – introdotto la vaccinazione obbligatoria, non individuano, alla luce delle conoscenze scientifiche fin qui acquisite, le complicanze derivabili da tale trattamento sanitario né determinano se e quali strumenti diagnostici idonei a prevederne la concreta verificabilità fossero praticabili su un piano di effettiva fattibilità. In sostanza, difettano sia la previsione di accertamenti preventivi – idonei, se non ad eliminare, certamente a ridurre il rischio di gravi complicanze da vaccino, con esiti lesivi dell’integrità psicofisica – volti alla verifica della sussistenza di eventuali controindicazioni alla vaccinazione, sia la specificazione del tipo di accertamenti che debbono a tal fine compiersi, non potendosi il colloquio col medico vaccinatore ritenersi sufficiente ad individuare od escludere le molteplici patologie (alcune delle quali asintomatiche) che costituiscono controindicazioni alla somministrazioni di vaccini. Al momento, il decisore pubblico (detentore del potere legislativo) sembra avere omesso d’individuare e di prescrivere in termini normativi, specifici e puntuali, gli accertamenti preventivi idonei a prevedere ed a prevenire i possibili rischi di complicanze, già auspicati dalla Corte costituzionale con la sent. n. 258/1994»[28].

Ed è appena il caso di rammentare che non è precluso al soggetto che ritenga di essere stato leso nei propri diritti di agire in sede civile lamentando la violazione – in sé considerata – del consenso informato, sostenendo cioè di non essere stato informato dal medico in ordine ai possibili effetti connaturati alla vaccinazione o di essere stato informato ma in maniera inadeguata, anche a prescindere da eventuali conseguenza fisiche, e/o di avere patito un danno alla salute, di cui si ritenga di poter fornire prova, convenendo in giudizio la struttura sanitaria o direttamente il medico vaccinatore ovvero anche entrambi: si tratta di prospettiva di aumento di contenzioso che rischia di creare pesanti effetti sia sul sistema sanitario che su quello giudiziario, già notoriamente in grave affanno.

7 – Condizioni per l’applicabilità della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 3 del decreto-legge n. 44 del 2021 per il personale sanitario

Come noto, l’art. 3 del decreto-legge n. 44 del 2021, convertito, con modificazioni, nella legge n. 76 del 2021, ha introdotto una speciale causa di esclusione della punibilità.

La norma (sotto la rubrica “Responsabilità penale da somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2”) recita:

«Per i fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale verificatisi a causa della somministrazione di un vaccino per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV–2, effettuata nel corso della campagna vaccinale straordinaria in attuazione del piano di cui all’art. 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, la punibilità è esclusa quando l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate nel sito internet istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione»(c.d. scudo penale per i vaccinatori).

La legge di conversione ha aggiunto un’ulteriore previsione, tramite un art. 3-bis (“Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario durante lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19”), non presente nell’originario decreto n. 44 del 2021, stabilendo quanto segue:

«1. Durante lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, e successive proroghe, i fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale, commessi nell’esercizio di una professione sanitaria e che trovano causa nella situazione di emergenza, sono punibili solo nei casi di colpa grave.

2. Ai fini della valutazione del grado della colpa, il giudice tiene conto, tra i fattori che ne possono escludere la gravità, della limitatezza delle conoscenze scientifiche al momento del fatto sulle patologie da SARS-CoV-2 e sulle terapie appropriate, nonché della scarsità delle risorse umane e materiali concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare, oltre che del minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato impiegato per far fronte all’emergenza» (c.d. scudo penale bis per gli operatori sanitari).

Si tratta di disposizioni speciali la cui ratio poggia sulla assoluta peculiarità della situazione sanitaria; di entrambe occorre dare conto.

Per quanto in questa sede rileva, tra le condizioni per l’applicabilità della causa di non punibilità di cui al citato art. 3 ai reati di omicidio colposo e di lesioni colpose «verificatisi a causa della somministrazione di un vaccino per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV–2, effettuata nel corso della campagna vaccinale straordinaria in attuazione del piano di cui all’art. 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178», viene in luce «l’uso del vaccino [… uso che deve essere] conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate nel sito internet istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione».

Oltre a tale previsione, che riguarda esclusivamente i “vaccinatori”, quella dell’art. 3-bis della legge n. 76 del 2021 ha come destinatari tutti gli esercenti una professione sanitaria, che dovrebbero andare esenti dalla eventuale responsabilità penale per i reati di omicidio colposo e di lesioni colpose agli stessi addebitabili, tranne che ricorra una colpa grave, ove ricorrano le condizioni previste dalla norma.

Parte della dottrina, anche autorevole, ha accolto in linea di massima con favore l’intervento legislativo, in particolare mettendone in luce il “buon senso” che la ispirerebbe[29], mentre altra parte non ha mancato di segnalare le plurime difficoltà interpretative poste dalla novella[30], che è stata definita come mero «placebo» dalla «blanda finalità ”rassicurativa”»[31], come uno «strumento inutile [… e] confusiogeno […] un Valium legislativo»[32], una «mera rassicurazione emergenziale per i soggetti esposti, […una] trovata non […] dotata di alcuna incidenza pratica, né sul piano dell’effettivo spostamento obiettivo dell’asticella penale, né sul piano della sperata conduzione legale della discrezionalità del giudice», insomma il portato di una “norma-annuncio” da ricondursi ad un diritto penale della mera rassicurazione e dell’apparenza[33], in particolare evidenziandosi le aporie che di seguito si indicano.

7.1. Innanzitutto è controverso l’inquadramento giuridico: l’art. 3 della legge n. 76 del 2021 introdurrebbe, secondo alcuni, una causa di non punibilità[34], secondo altri una esimente[35] ovvero, per altri ancora, una causa di esclusione della colpevolezza[36] o una causa di esclusione della tipicità del fatto colposo[37] e persino un «”ibrido” giuridico dal valore penale non chiaramente definibile»[38].

L’art. 3-bis è generalmente ritenuto prevedere una causa di non punibilità in senso stretto[39].

Intuitive per gli addetti ai lavori le differenze aderendo all’una o all’altra ricostruzione.

7.2. Quanto all’ambito soggettivo di applicazione, l’art. 3 della legge n. 76 del 2021 fa riferimento solo al personale sanitario direttamente impegnato nell’atto della vaccinazione (medici, infermieri, farmacisti), mentre l’art. 3-bis dello stesso testo si dirige a tutti i sanitari purchè nell’esercizio della professione sanitaria[40], con esclusione, quindi, sia degli operatori socio-sanitari sia dei dirigenti amministrativi delle U.S.L. o degli ospedali, in quanto né gli uni né gli altri sono esercenti professioni sanitarie.

Sono stati manifestatati dubbi sull’applicabilità delle cause di esclusione della punibilità ai direttori sanitari, attesa la natura amministrativo-sanitaria, e non già sanitaria in senso oggettivo, delle funzioni dagli stessi esercitate[41].

7.3. Venendo all’ambito oggettivo di applicazione,in entrambi i casi (artt. 3 e 3-bis della legge n. 76 del 2021) si ha riguardo solo ai reati di lesioni colpose e di omicidio colposo, mentre restano esclusi i corrispondenti reati dolosi e preterintenzionali ed inoltre i reati di epidemia colposa, di rifiuto di atti di ufficio per ragioni di sanità (art. 328 cod. pen.), ad esempio accertamenti diagnostici richiesti e negati ovvero terapie richieste e negate, morte o lesioni come conseguenza di altro delitto doloso (art. 586 cod. pen.), ad esempio ove dal rifiuto di atti di ufficio derivi la malattia o la morte del paziente, oltre ai casi di c.d. “scelte tragiche”, che potrebbero essere scriminate solo ricorrendo agli istituti generali (stato di necessità di cui all’art.   54 cod. pen.[42]).

7.4. Quale che sia l’ampiezza ipoteticamente attribuibile agli artt. 3 e 3-bis della legge n. 76 del 2021, il meccanismo delineato non è certo idoneo ad evitare l’iscrizione della notitia criminis nell’apposito registro né lo svolgimento di indagini preliminari e, a ben vedere, nemmeno la celebrazione del processo.

Infatti, alla domanda se sia possibileo meno limitare l’iscrizione nel registro degli indagati, si è già risposto che «Il tenore letterale dell’art. 3 cit. non contiene alcuna limitazione al riguardo, nonostante sia un’esigenza molto, molto sentita. Sotto questo profilo la fattispecie è deludente, perché il primo timore del personale sanitario è proprio quello di un procedimento penale a carico. L’iscrizione nel registro degli indagati è già una pena. L’iscrizione fa male. È noto come all’iscrizione seguano sempre spese e spesso stress psicologico, anche forte, talvolta di non agevole gestione. Il legislatore non si è fatto carico di questa nota esigenza»[43].

Ed i – pur interessanti – suggerimenti che si rinvengono sia de iure condito (la c.d. consulenza-lampo[44] o un uso accorto e prudente degli strumenti procedurali[45]) sia de iure condendo[46] non sono tali da superare la radicata convinzione circa la necessità che il Pubblico Ministero proceda alla iscrizione nell’apposito registro della notizia di reato e, quando risulti, anche del nominativo degli indagati al precipuo fine di garanzia (seppure purtroppo distorto nella percezione sociale[47]) cioè di consentire la partecipazione tramite Difensori e consulenti di parte ad attività non reiterabile e che di regola risulta assai importante, se non già decisiva, per lo sviluppo del procedimento e del processo[48].

Oltre alla iscrizione, è stato precisato da più parti come sia «in tutti i casi necessaria ed inevitabile, al fine di stabilire cosa è realmente accaduto, l’attività di indagine preliminare, con conseguente possibilità che il personale vaccinante coinvolto nella vicenda sia iscritto nel registro degli indagati»[49], che il procedimento penale deve proseguire e che «è evidente come l’accertamento del rapporto causale fra evento infausto e vaccinazione […] non possa che avvenire nella sede a ciò deputata, e cioè quella processuale […] un’esimente così costruita non può in alcun modo realizzare quella protezione “dal” processo che era stata invece auspicata, posto che è proprio “nel” processo che deve essere verificata la sussistenza di quel rapporto causale fra somministrazione del vaccino e lesioni o morte che si caratterizza come presupposto imprescindibile per l’operatività dello “scudo”»[50].

7.5. Ed è stato sottolineato anche il concreto rischio che l’indagato e/o l’imputato vengano prosciolti, quale che sia la fase in cui sia emesso il provvedimento definitorio (decreto/ordinanza di archiviazione; sentenza di non luogo a procedere all’esito dell’udienza preliminare; sentenza dibattimentale di assoluzione), con formula meno favorevole (“perché il fatto non costituisce reato” ovvero perché “non punibile”)  di quella cui avrebbero potuto legittimamente aspirare (“perchè il fatto non sussiste”)[51].

7.6. Si tratta di disposizioni, che intervengono nel delicato ambito del “rischio consentito”[52], destinate ad avere efficacia temporalmente limitata (art. 2, comma 5, cod. pen.), ricorrendo le condizioni dalle stesse prescritte[53]: la previsione dell’art. 3 della legge n. 76 del 2021 ha come ambito temporale quello della «campagna vaccinale straordinaria», il cui termine finale ancora non è noto; quella dell’art. 3-bis ha come confine «lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, e successive proroghe», con ogni probabilità facendosi riferimento alla condotta e non anche all’evento, che potrebbe essere differito[54]; entrambe sono destinate, alla scadenza, a cedere il passo alle regole ordinarie ed è ipotizzabile una retroattività favorevole.

7.7. Ulteriore problema che le innovative disposizioni non affrontano in alcun modo – e che dunque sarà affidato all’interprete – è quello del rapporto delle stesse con la causa di non punibilità di cui all’art. 590-sexies cod. pen. (introdotto dall’art. 6, comma 1, della legge 8 marzo 2017, n. 24, c.d. legge “Gelli-Bianco”[55]), con l’art. 43 cod. pen.[56] e con la causa di giustificazione “classica” dello stato di necessità[57]: il che potrebbe condurre, come spesso accade, ad oscillazioni giurisprudenziali e ad incertezze applicative.

7.8. Una previsione di cui nel delicato settore della colpa professionale non si sentiva affatto il bisogno è quella che sembrerebbe attribuire il valore di regole cautelari al contenuto di circolari ministeriali[58], sulla falsariga del – già di per sé complesso – rinvio alle linee-guida e alle buone pratiche evocate dall’art. 590-sexies, comma 2, cod. pen.: «la punibilità è esclusa quando l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate nel sito internet istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione» (art. 3 della legge n. 76 del 2021).

Accanto, infatti, alla assai problematica assimibilità del contenuto di una circolare ministeriale alle linee-guida per così dire ”accreditate”, cioè pubblicate nelle forme di cui all’art. 5 della legge n. 24 del 2017, ovvero a quelle elaborate dalla comunità scientifica ed alle buone prassi cliniche, non si è mancata di evidenziare sia l’ambiguità contenutistica[59] sia la «fumosità […] delle raccomandazioni ivi contenute, [che] impedisce di affidare alle stesse un ruolo, a rigore, prescrittivo»[60] e, in ultima analisi, il non remoto «rischio di tradursi in una formula vuota e non vincolante»[61].

E, oltre al sempre possibile «mutevole cambio di rotta del decisore politico»[62], che, ad esempio, ha cambiato più volte a distanza di poche settimane le fasce d’età rispetto alle quali era possibile/consigliato/sconsigliato somministrare il vaccino “Astrazeneca”[63], altri aspetti assolutamente censurabili del disposto “rinvio mobile”[64] a circolari concepite da burocrati[65] in materia tanto delicata sono stati segnalati nei seguenti termini:

«Potrebbe porsi, poi, un problema di coordinamento nei casi in cui le circolari prevedano indicazioni diverse rispetto a quelle formulate dall’EMA [acronimo di European Medicines Agency, Agenzia europea per i medicinali dell’Unione europea]. Un esempio particolarmente significativo è offerto dalle rocambolesche vicende che hanno riguardato i limiti di età per il vaccino Vaxzevria, prodotto da Astra Zeneca: con circolare 7 aprile 2021, il Ministero raccomandava un uso preferenziale del siero in questione per i soggetti over 60, mentre la circolare 11 giugno 2021 reca l’indicazione, perentoria e “vincolante”, di somministrare il vaccino Astra Zeneca solo a persone di età uguale o superiore ai 60 anni. Il tutto a fronte delle indicazioni offerte da EMA, che non pone alcun limite di età all’uso del vaccino di Oxford. Posto che proprio questi sono i casi maggiormente problematici, rispetto ai quali emergeva la pretesa esigenza di “tranquillizzare” gli addetti alla vaccinazione, risulta certamente curioso che il legislatore affidi la questione a una “risposta aperta”»[66];

il rinvio alle circolari «è anche strumento confusiogeno, perché può indurre a dubitare che l’osservanza di altre circolari ministeriali Covid-19 non escluda la responsabilità penale. Ad es., ad un paziente Covid-19, non presentante diatesi trombotica e mobilizzato, non viene somministrata eparina in osservanza della circolare sulle terapie di trattamento Covid-19 [del 30 novembre 2020] e si verifica un danno ischemico per trombosi: è punibile l’omessa somministrazione eparinica»[67].

Peraltro, la recente “stroncatura” da parte della Giustizia amministrativa del supposto valore vincolante delle circolari del Ministero della salute, sia pure in una vicenda differente e peculiare[68], potrebbe avere posto nel nulla la tesi di una qualche vincolatività del contenuto delle circolari ministeriali per i medici, il cui lume dovrebbe essere, secondo il Giuramento di Ippocrate che da secoli governa l’ars medica, “scienza e coscienza”.

In ogni caso, il legislatore sembra avere trascurato quanto di recente precisato dalle Sezioni Unite penali della Corte di cassazione e che appare opportuno qui rammentare:

«In tema di responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, le raccomandazioni contenute nelle linee guida definite e pubblicate ai sensi dell’art. 5 della legge 8 marzo 2017, n. 24 – pur rappresentando i parametri precostituiti a cui il giudice deve tendenzialmente attenersi nel valutare l’osservanza degli obblighi di diligenza, prudenza, perizia – non integrano veri e propri precetti cautelari vincolanti, capaci di integrare, in caso di violazione rimproverabile, ipotesi di colpa specifica, data la necessaria elasticità del loro adattamento al caso concreto; ne consegue che, nel caso in cui tali raccomandazioni non siano adeguate rispetto all’obiettivo della migliore cura per lo specifico caso del paziente, l’esercente la professione sanitaria ha il dovere di discostarsene»[69].

Se, infatti, nemmeno le linee guida selezionate e pubblicate nelle forme di legge possono integrare «veri e propri precetti cautelari vincolanti», non si comprende proprio (sia pure in un momento storico in cui i “fondamentali”, a partire dalla gerarchia delle fonti, vengono messi a dura prova dall’accavallarsi dei più disparati provvedimenti ed in cui vengono “vissute” come precetti vincolanti persino le “F.A.Q.”, acronimo di “frequently asked questions”, ossia elenco di domande poste frequentemente e di risposte offerte, consultabili nel portale di qualche ente) come potrebbe mai attribuirsi una qualche vincolatività in materia ad una circolare ministeriale.

Del resto, se, come ormai è assodato, “non è possibile ragionare di medicina come se fosse diritto e di diritto come fosse matematica[70], non pare nemmeno possibile parlare di medicina come se fosse burocrazia, e viceversa.

7.9. Un altro aspetto non chiaro sembra essere quello della tassatività o meno dei parametri indicati dal legislatore al comma 2 dell’art. 3-bis della legge n. 76 del 2021[71] onde inferire e valutare il grado della colpa[72], poiché, ove gli stessi fossero da ritenere tassativi, altri eventuali parametri ritenuti esistenti dal giudice potrebbero essere tenuti in considerazione – sì – ma secondo le regole generali vigenti ante-pandemia.

Autorevole dottrina propende, condivisibilmente, per la tesi della non tassatività[73].

7.10. Passando ora dal “generale” al “particolare”, cioè alla specifica attività dei vaccinatori (i requisiti professionali per la cui selezione non risultano essere stati compiutamente delineati, nonostante la delicatezza delle funzioni), sono stati posti in luce alcuni problemi che sembrerebbero risultare “impermeabili” rispetto alla neo-introdotta causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 3 della legge n. 76 del 2021 e che si indicano in ordine cronologico, distinguendo tra:

attività pre-vaccino: anamnesi e raccolta del consenso;

effettuazione dell’atto medico in senso stretto;

altre attività, anche post-vaccino.

7.10.1. Quanto all’attività che deve necessariamente precedere l’atto vaccinale, si è da subito sottolineato il pericolo di un’anamnesi omessa, «allorchè la “pressione vaccinale” congiuri contro il tempo necessario a svolgere uno studio accurato del vaccinando»[74] ovvero di un’anamnesi non correttamente effettuata, quale che ne sia la causa: «Guardando con piglio pratico alla fenomenologia della vaccinazione anticovid-19, il vero problema origina dalla necessità di procedere alla vaccinazione di migliaia e migliaia di persone ogni giorno, mediante ritmi così serrati da non consentire – almeno non sempre – una raccolta anamnestica effettuata con serenità e, soprattutto, una valorizzazione adeguata e “personalizzata” delle questioni pre-vaccinali […] il fenomeno che, probabilmente, doveva essere posto sotto la lente legislativa era quella di un medico che, verso la fine del turno, dopo migliaia di somministrazioni, erri nella valutazione di un questionario, magari malamente compilato dal paziente, e inoculi il vaccino ad un soggetto la cui più precisa e penetrante osservazione anamnestica (magari propiziata da un orario diverso,  caratterizzato da una minore affluenza) avrebbe indicato di non sottoporlo alla vaccinazione secondo i canoni di AIC [a.i.c. è l’acronimo del provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio]»[75].

Si è detto, infatti, che la «procedura che porta all’inoculazione […] si compone fondamentalmente di due momenti: un primo, consistente nella compilazione da parte del vaccinando di una scheda di triage pre-vaccinale e di un questionario anamnestico, documenti contenenti una serie di quesiti attinenti alle sue condizioni di salute attuali e pregresse; un secondo, caratterizzato dalla raccolta del consenso informato sui possibili eventi avversi che il vaccino, come qualsiasi altro farmaco, può suscitare a seguito dell’assunzione.

Rispetto a questa fase preliminare, potrebbero sicuramente presentarsi responsabilità penali qualora il sanitario non svolgesse correttamente il proprio operato e dovesse scaturirne un evento infausto, di cui sia dimostrato il collegamento causale con la somministrazione. Le norme cautelari, infatti, impongono che il medico si accerti della corretta e completa compilazione dei documenti citati e che ne faccia un’attenta valutazione, volta ad individuare eventuali soggetti a cui il vaccino non possa essere somministrato, secondo le indicazioni fornite sia nell’AIC che dal Ministero della salute. L’inoculazione a tali soggetti costituirebbe violazione di regole specifiche e dunque errore colposo, traducendosi in un uso scorretto del farmaco che introdurrebbe un rischio ulteriore risetto al consentito.

Allo stesso modo, il medico deve assicurarsi che sia sempre prestato un consenso effettivo, specifico, libero, informato ed attuale alla vaccinazione, in conformità a quanto previsto, rispetto a tutti i trattamenti sanitari, all’art. 32 della nostra Costituzione»[76].

In altre parole, sia nell’ipotesi di anamnesi non correttamente effettuata sia in quella di mancata verifica della volontarietà e della effettività del consenso del vaccinando non potrà farsi ricorso alla norma di tutela dei vaccinatori posta dalla legge n. 76 del 2021[77].

7.10.2. Naturalmente, l’atto medico della vaccinazione, comprensivo sia dei preparativi sia della inoculazione in senso stretto, dovrà essere compiuto nel rispetto delle regole cautelari  sia generiche che specifiche: il riferimento è alle modalità sia strettamente cliniche contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio e riferite nel foglietto informativo (posologia, modalità di conservazione e di somministrazione, controindicazioni e precauzioni d’uso)[78] sia organizzativo-sanitarie, precedenti e concomitanti, quali indossare correttamente la mascherina da parte del sanitario o previamente disinfettare il lettino o la seduta dove viene fatto accomodare il paziente[79].

Ed appare ovvio, negli esempi che si sono appena fatti (mancato corretto impiego della mascherina da parte di vaccinatori o omessa previa disinfezione dei luoghi), che, se «da questo fatto derivasse un’infezione di qualunque genere per il vaccinando, il medico sarebbe regolarmente responsabile e punibile, senza possibilità che la causa di esenzione di nuova introduzione possa fare da argine»[80].

Così come il vaccinatore potrebbe essere chiamato a rispondere secondo le regole generali, senza che possano operare le nuove disposizioni, ove sia errata l’effettuazione dell’iniezione, ad esempio a causa di un errore nella diluizione del vaccino o nella predisposizione asettica del contesto o nella esecuzione della inoculazione non sufficientemente cauta nei confronti di soggetto sottoposto a terapia anticoagulante oppure affetto da trombocitopenia o da disturbi della coagulazione, con conseguenti lividi o sanguinamenti dopo la somministrazione intramuscolare[81], ovvero inglobando aria e creando un trombo che nulla ha a che vedere con la composizione del vaccino[82].

7.10.3. Inoltre, si è precisato che è esclusa la punibilità solo ed esclusivamente per gli eventi dannosi da corretta somministrazione del vaccino, mentre «all’evidenza non sono coperti i rischi da somministrazione […] seguita da consigli scorretti, ad es., per contrastare l’elevata febbre post vaccino si consiglia di superare il dosaggio con un grammo di Tachipirina anche in un’unica soluzione, con successivi danni epatotossici. O si prescrive al paziente ulceroso un farmaco antinfiammatorio non steroideo per mitigare i dolori muscolari post vaccino, senza associazione di farmaco inibitore di pompa protonica, con successiva emorragia gastrica»[83].

Ancora: le eventuali situazioni di scissione tra chi agisca nella fase preparatoria e chi agisca nella fase dell’iniezione (come può accadere, per una migliore distribuzione del lavoro, nei centri vaccinali o nell’ipotesi in cui in farmacia il medico effettui l’anamnesi ed il farmacista provveda alla puntura) e le relazioni con eventuali responsabilità per una conservazione scorretta dei farmaci dovranno essere risolte in base al generale principio di affidamento: «Un eventuale “coordinamento” tra la responsabilità dei soggetti chiamati a intervenire nelle diverse fasi in cui può articolarsi la somministrazione del vaccino avviene secondo lo schema offerto dal principio di affidamento: di regola, quindi, i soggetti incaricati della materiale inoculazione potranno fare affidamento sul corretto adempimento degli operatori intervenuti nella fase precedente, a meno che l’errore di questi ultimi sia macroscopico e agevolmente riconoscibile o, comunque, sia ravvisabile uno specifico obbligo di controllo sull’operato altrui»[84].

Al riguardo, si rammenta il consolidato principio di diritto secondo il quale «In tema di responsabilità per colpa, il principio dell’affidamento [nell’altrui comportamento corretto] trova un temperamento nell’opposto principio secondo il quale il soggetto garante del rischio è responsabile anche del comportamento imprudente altrui purché questo rientri nel limite della “ragionevole” prevedibilità in base alle circostanze del caso concreto»[85].

7.10.4. Ove, infine, nel corso della campagna vaccinale si presenti un caso “nuovo”, ad esempio una reazione avversa che si accerti essere causalmente legata alla somministrazione, prima non nota ma emersa solo a seguito del progredire delle somministrazioni, la posizione del vaccinatore potrà essere risolta facendo corretta applicazione dell’art. 43 cod. pen. in tema di necessario elemento soggettivo del reato[86].

E’ il caso già prefigurato dalla dottrina a proposito della «dimostrazione acclarata di eventi mortali secondari a trombosi venosa centrale a seguito di vaccino Vaxzevria», essendosi sottolineato che «E’ già oggetto di contenzioso, in quei rari casi mortali avvenuti nel nostro paese, il diritto informativo antecedente la revisione della scheda tecnica e del modulo della informazione vaccinale, essendo sostenibile che il consenso prestato fosse inficiato dalla mancanza d’informazione in ordine al manifestarsi di un evento avverso estremo che, se conosciuto, avrebbe potuto indurre il soggetto vaccinato a rinunciare a quel tipo specifico di vaccino. Difetto di conoscenza che, in effetti, finisce per inficiare la validità dell’autodeterminazione del singolo»[87].

7.11. In definitiva, dalla rapida carrellata di problemi enucleati e di possibili soluzioni sinora proposte dalla dottrina[88] esce confermata la severa valutazione, di cui si è già detto[89], in termini di riconduzione al «diritto penale dell’apparenza […] diritto penale soltanto percepito, perchè non ha la capacità di incidere […] sulla vita reale. Pubblicizzato, ma pressochè privo di efficacia»[90] e di mero riepilogo ad abundantiam,forse utile solo psicologicamente ma non nella sostanza, delle previsioni introdotte dagli artt. 3 e 3-bis della legge n. 76 del 2021 ovvero, nella più benevola delle interpretazioni, di «uno “scudo” pensato per casi facili. Gli hard cases, invece […] sono chiamati a vestire l’armatura dei principi generali»[91] previgenti alla novella, quali la causalità della colpa, la rigorosa verifica dell’elemento soggettivo, la rimproverabilità in concreto, l’esigibilità della condotta, la scriminante classica dello stato di necessità.

E, anzi, come non si è mancato di notare, potrebbe ritenersi l’intervento legislativo in commento persino controproducente, tale cioè da «innescare un possibile “effetto-boomerang” sulla percepita sicurezza di questi farmaci agli occhi d[…ell’] opinione pubblica»[92]; in altre parole, «il c.d. scudo penale per i vaccinatori, quindi, potrebbe restituire l’impressione di una confermata inaffidabilità dei vaccini […] il legislatore sembrerebbe “ammettere” che il vaccino anti SARS-CoV-2 non sia un farmaco “come tutti gli altri” o che, se si preferisce, sia un “vaccino meno sicuro degli altri”, tanto da richiedere un esplicito esonero di responsabilità per i soggetti incaricati della sua somministrazione»[93].

7.12. Una cosa, comunque, è certa: l’intervento in materia penale lascia pacificamente intatta la possibile responsabilità civile dei vaccinatori[94].

8Vaccinazione anti sars-cov-2 e prescrizione medica

Un recente contributo acquisito della Commissione Affari Costituzionali del Senato della Repubblica, agevolmente consultabile nel relativo sito istituzionale[95], sottolinea, tra l’altro, una grave criticità del sistema-vaccinazioni, così come in concreto strutturato, e solleva una questione la cui portata potrebbe in ipotesi risultare dirompente, sia in sede civile che in quella penale.

L’approfondimento in questione prende le mosse da tre puntuali circostanze.

La prima: nelle decisioni di autorizzazione in via condizionata per l’immissione sul mercato dell’Unione europea dei cinque vaccini Covid-19 (1. Comirnaty di Pfizer/BioNTech; 2. Spikevax di Moderna; 3. Vaxzevria di AstraZeneca; 4. Janssen di Johnson & Johnson; cui si è recentemente aggiunto 5. Novaxovid di Novavax) si indica espressamente, all’art. 2, che “L’autorizzazione ad immettere in commercio il medicinale di cui all’articolo 1 è subordinata al rispetto delle condizioni stabilite nell’allegato II” e che l’allegato II, punto B, sotto la voce “Condizioni o limitazioni di fornitura e utilizzo”, prevede espressamente che si tratta di “medicinale soggetto a prescrizione medica[96].

La seconda: l’Agenzia Italiana del farmaco (A.I.F.A.) nelle rispettive determine ha espressamente classificato i vaccini covid-19 come farmaci che richiedono la impegnativa prescrizione medica di tipo “RRL”[97], acronimo di “ricetta ripetibile limitativa”.

La terza: nei fogli riassuntivi delle caratteristiche del prodotto (allegati ai fogli illustrativi) di ciascuno dei vaccini già distribuiti è riportata la indicazione espressa che si tratta di “medicinale soggetto a prescrizione medica[98].

Ora, la prescrizione medica RRL, come si apprende dalla consultazione dello stesso sito istituzionale dell’A.I.F.A., riguarda «medicinali la cui prescrizione o la cui utilizzazione è limitata a taluni medici specialisti o a taluni contesti assistenziali. Le norme di riferimento sono gli artt. 92, 93 e 94 del d.lgs. 219/2006, così rispettivamente rubricati:

Medicinali utilizzabili esclusivamente in ambiente ospedaliero o in strutture a esso assimilabili. Sono i medicinali che, per le caratteristiche farmacologiche, o per innovatività, per modalità di somministrazione o per altri motivi di tutela della salute pubblica, non possono essere utilizzati in condizioni di sufficiente sicurezza al di fuori di strutture ospedaliere.

Medicinali vendibili al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o di specialisti. Sono i medicinali che, sebbene utilizzabili anche in trattamenti domiciliari, richiedono che la diagnosi sia effettuata in ambienti ospedalieri o in centri che dispongono di mezzi di diagnosi adeguati, o che la diagnosi stessa e, eventualmente, il controllo in corso di trattamento sono riservati allo specialista.

Medicinali utilizzabili esclusivamente dallo specialista. Sono i medicinali che, per loro caratteristiche farmacologiche e modalità di impiego, sono destinati ad essere utilizzati esclusivamente da un medico specialista»[99].

In sintesi, l’A.I.F.A. definisce ufficialmente la tipologia di farmaci corrispondenti all’acronimo R.R.L. come «Medicinali soggetti a prescrizione medica limitativa di centri ospedalieri o di specialisti»[100].

Ebbene, da un carteggio reso pubblico intercorso nel mese di dicembre 2021 tra un sindacato di personale di Polizia, il Ministero dell’Interno e l’A.I.F.A.[101], si apprende quale sia la posizione dell’A.I.F.A. a fronte della avvenuta sottolineatura da parte del sindacato della constatata inosservanza nei centri vaccinali del ritenuto obbligo di prescrizione medica. La risposta dell’A.I.F.A. sul punto è, testualmente, la seguente: le richieste di “ostensione” della prescrizione medica avanzate nell’interesse di appartenenti al sindacato non sarebbero «fondate né dal punto di vista regolatorio né dal punto di vista scientifico poiché i vaccini autorizzati alla immissione in commercio per il trattamento dell’epidemia da Covid 19 sono medicinali soggetti a prescrizione medica limitativa (RRL), ai sensi dell’art. 91 del d. lgs. n. 219/2006, ossia sono medicinali “la cui prescrizione o la cui utilizzazione è limitata a taluni medici o a taluni ambienti”. Infatti, come riportato nelle relative determine AIFA, si tratta di medicinali “da utilizzare esclusivamente presso le strutture identificate sulla base dei piani vaccinali o di specifiche strategie messe a punto dalla regioni”. Pertanto, tale condizione (RRL) è riferita al solo impiego dei vaccini presso le strutture vaccinali e la loro distribuzione è effettuata dalla Struttura commissariale».

Ora, la risposta fornita dall’A.I.F.A., secondo cui sarebbe sufficiente la somministrazione in ambienti a ciò deputati, esclusa la necessità di prescrizione scritta, nel richiamare solo la prima parte dell’art. 91 del d.lgs. 24 aprile 2006, n. 219 (recante “Attuazione della direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonche’ della direttiva 2003/94/CE”), trascura però che la norma in questione (rubricata “Medicinali soggetti a prescrizione medica limitativa”), dopo la previsione secondo cui «I medicinali soggetti a prescrizione medica limitativa sono i medicinali  la  cui prescrizione o la cui utilizzazione è limitata a taluni   medici  o  a  taluni  ambienti», prosegue immediatamente dopo con la dicitura «in  conformità  di  quanto disciplinato dagli articoli 92, 93 e 94» e che i richiamati artt. 92, 93 e 94 disciplinano modalità di impiego particolarmente rigorose, quanto agli ambienti dove deve avvenire la somministrazione e/o alla specializzazione del medico somministratore, modalità che non sembrano trovare riscontro nella prassi della campagna vaccinale in corso[102].

Seppure, infatti, la “bacchetta magica” dell’interpretazione emergenziale potrebbe persino spingersi a trasformare in “carrozza”, cioè in ambiente latamente assimilabili ad ospedali, la “zucca” rappresentata da palestre, da roulottes parcheggiate in prossimità di lidi marittimi e da tendoni adibiti a centri vaccinali (con tutto il doveroso rispetto della professionalità dei sanitari che vi operano con indubbia abnegazione), certo non è possibile sostenere, almeno in linea generale, che gli specialisti nelle più disparate discipline mediche incaricati delle funzioni di medico vaccinatore siano “specialisti” nella stringente accezione delle norme richiamate e, dunque, che siano sicuramente in grado di prescrivere in maniera corretta farmaci introdotti con autorizzazione condizionata[103].

Quel che più colpisce, però, è che lo stesso produttore dei farmaci abbia indicato a chiare lettere nei fogli tecnici allegati ai foglietti informativi, la necessità di prescrizione medica[104], prescrizione che si stima non necessaria da parte dell’A.I.F.A., che è tuttavia smentita sul punto da una comunicazione ufficiale del 21 marzo 2021 della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, che, in occasione del coinvolgimento dei farmacisti nella campagna vaccinale, si è espressa favorevolmente al riguardo sottolineando però la necessità della presenza del medico e della relativa prescrizione[105].

Naturalmente, il senso effettivo del richiamo alla necessità formale della prescrizione medica, peraltro limitativa, non va certo inteso come “carta in più”, secondo un costume diffuso nella burocrazia italica, ma quale presupposto imprescindibile ai fini dell’uso consentito dei vaccini, perché tale condizione è stata espressamente prevista “a monte” dagli enti regolatori e dagli stessi produttori dei farmaci. Ciò, del resto, in linea con il tradizionale precetto dell’art. 13 del codice deontologico dei medici che richiama l’attenzione sulla prescrizione (scritta) dei farmaci quale precipuo momento di assunzione di responsabilità del sanitario, impegnandone la competenza professionale e l’autonomia nel caso specifico[106]: insomma, non “forma” fine a sé stessa ma “forma” avente valore di “sostanza”.

La constatazione della eventuale mancanza della necessaria prescrizione limitativa potrebbe, dunque, produrre devastanti effetti “di sistema” sulla legittimità della procedura vaccinale, e ciò sia in presenza di eventuali danni da vaccino sia persino in assenza di danni, in ipotesi riverberando i propri effetti “a valle“ sulla correttezza e sulla completezza dell’acquisizione del consenso informato da parte del vaccinando, in ragione della vistosa distonia tra il regime di effettiva somministrazione e le regole dettate al riguardo dagli enti preposti.

9 – Conclusioni

In definitiva, l’alluvionale, difficilmente decifrabile[107], al limite dell’incomprensibile anche in ragione dei continui rimandi ad altre disposizioni non meno inintelligibili, produzione normativa di urgenza che ha sinora contraddistinto la campagna vaccinale anti sars-cov-2, sia a causa di vistose omissioni di previsioni legislative sia, all’opposto, a causa di bruschi e non ponderati interventi in ambiti assai delicati, involgenti valori di rilievo costituzionale, ed in riferimento a temi che apparivano già “sedimentati”, pone una vasta serie di problemi giuridici di non agevole soluzione; tali problemi sembrano aggravati dalle concrete modalità esecutive ed operative da parte dei servizi amministrativi e sanitari preposti.

Inevitabilmente, dunque, per tutte le ragioni che si sono esposte, in presenza di lamentati danni da vaccino, se sia dimostrabile la correlazione causale, e persino in assenza di segnalati danni, ove si censuri la mancata corretta raccolta del consenso informato, si registrerà un massiccio aumento del contenzioso in ambito civile e, con ogni probabilità, anche penale. Il tutto anche con buona pace delle intenzioni, declamate nei convegni e nelle conferenze-stampa, di ridurre il carico giudiziario e di velocizzare i tempi di definizione dei processi.


[1] Si prenderanno in considerazione in questa sede tre fonti legislative:il decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, recante “Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici”, convertito, con modificazioni, nella legge 28 maggio 2021, n. 76 (per comodità espositiva, introduzione di obbligo vaccinale per personale sanitario in senso ampio);il decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, recante “Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attività economiche e sociali”, convertito, con modificazioni, nella legge 21 gennaio 2022, n. 3 (in sintesi, estensione temporale dell’obbligo vaccinale per i sanitari ed introduzione dell’obbligo vaccinale per il personale scolastico, delle forze armate, della polizia, del soccorso pubblico, per quello amministrativo o svolgente mansioni materiali incardinato presso strutture sanitarie, in servizio presso determinate comunità e per  altre categorie);
il decreto-legge 7 gennaio 2022 recante “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza COVID-19, in particolare nei luoghi di lavoro, nelle scuole e negli istituti della formazione superiore”, ancora non convertito (in breve, estensione dell’obbligo vaccinale al personale universitario ed equiparato e a tutti i dipendenti, sia pubblici che privati, che compiano cinquanta anni di età tra l’8 gennaio 2022 ed il 15 giugno 2022, i.e. ultracinquantenni).

[2] I limiti del presente contributo non consentono di affrontare il complesso tema, comprensivo – anche, ma non solo – delle regole di giudizio applicabili nelle aree civile  e penale: si rimanda dunque alle più recenti pronunzie della Corte di cassazione sia civile (Sez. 3 civ., n. 15859 del 12/06/2019, D. vs. F., Rv. 654290-01; Sez. 3 civ., n. 25917 del 15/10/2019, C. vs. D., Rv. 655376-02; Sez. 3 civ., n. 517 del 15/01/2020, D. vs. B., Rv. 656811-03; Sez. 3 civ., n. 28011 del 14/10/2021, A. vs. Z., Rv. 662576-01) sia penale (Sez. Unite pen., n. 22065 del 28/01/2021, ric. Cremonini, Rv. 281228-01).

[3] Le Sezioni Unite penali hanno puntualizzato nella nota sentenza n. 2437 del 18/12/2008, dep. 2009, ric. Giulini e altro, Rv. 241752-01, che «Non integra il reato di lesione personale, né quello di violenza privata la condotta del medico che sottoponga il paziente ad un trattamento chirurgico diverso da quello in relazione al quale era stato prestato il consenso informato, nel caso in cui l’intervento, eseguito nel rispetto dei protocolli e delle “leges artis“, si sia concluso con esito fausto, essendo da esso derivato un apprezzabile miglioramento delle condizioni di salute del paziente, in riferimento anche alle eventuali alternative ipotizzabili e senza che vi fossero indicazioni contrarie da parte dello stesso». Si tratta di decisione di fondamentale importanza pubblicata – anche – in “Cass. pen.”, 2009, n. 571.1, 1793, con nota di Viganò, Omessa acquisizione del consenso informato del paziente e responsabilità penale del chirurgo: l’approdo (provvisorio?) delle sezioni unite; in Foro it., 2009, II, 305, con nota di Fiandaca, Luci ed ombre della pronuncia a sezioni unite sul trattamento medico chirurgico arbitrario; in Dir. pen. e proc., 2009, n. 4, 447, con nota di Pelissero, Intervento medico e libertà di autodeterminazione del paziente; in Resp. civ. e prev., 2009, n. 5, sez. 2, 1042, con nota di Tordini Cagli, Profili penali del trattamento medico-chirurgico in assenza di consenso.

[4] Così Cass., Sez. 3 civ., n. 28985 del 11/11/2019, I vs. D., Rv. 656134-01. Nello stesso senso, v., tra le numerose altre, Cass., Sez. 3 civ., n. 10423 del 15/04/2019, C. vs. A, Rv. 653580-01, edita – anche – in Danno e responsabilità, 2019, fasc. n. 9, 791, con nota di Petruzzi, La lesione del diritto all’autodeterminazione terapeutica quale fonte autonoma di responsabilità; e Cass., Sez. 3 civ., n. 16543 del 28/07/2011, Marchesani ed altro vs. Assitalia Spa ed altri, Rv. 619495-01, pubblicata – anche – in Danno e responsabilità, 2012, fasc. n. 6, 627, con nota di Montani, L’inadempimento medico per la (sola) violazione del consenso informato.

[5] Così Cass., Sez. 3 civ., ord. n. 16892 del 25/06/2019, S. vs. S., Rv. 654400-01; in precedenza, negli stessi termini, Cass., Sez. 3 civ., n. 2854 del 13/02/2015, Onofrillo vs. Istituto Clinico Anna (già casa di Cura Anna) Spa ed altri, Rv. 634415-01.

[6] Così Cass., Sez. 3 civ., n. 17022 del 28/06/2018, P. vs. A., Rv. 649442-01.

[7] Si tratta della notissima pronunzia a Sezioni Unite c.d. “di San Martino” 2008, sulla quale i necessari limiti del presente contributo non consentono di soffermarsi. Sempre nel giorno di San Martino, undici anni dopo (l’11 novembre 2019), la specializzata Sez. 3 civile della S.C.  ha depositato dieci sentenze, il cui contenuto è stato subito definito dalla dottrina un “decalogo” in tema di responsabilità sanitaria, puntualizzando, per quanto in questa sede rileva:
che «In tema di attività medico-chirurgica, la manifestazione del consenso del paziente alla prestazione sanitaria costituisce esercizio del diritto fondamentale all’autodeterminazione in ordine al trattamento medico propostogli e, in quanto diritto autonomo e distinto dal diritto alla salute, trova fondamento diretto nei principi degli artt. 2, 13 e 32, comma 2, Cost.; pertanto, la circostanza che esso abbia trovato espressa previsione nelle fonti eurounitarie ed internazionali (art. 3, comma 1, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e art. 5 Convenzione di Oviedo sui diritti dell’uomo e sulla biomedicina) solo successivamente al trattamento terapeutico praticato (nella specie, risalente al 1989) non può essere invocata per sostenere l’inesistenza, in epoca antecedente, dello specifico obbligo del medico di informare correttamente il paziente della tipologia e modalità delle cure, dei benefici conseguibili, dei possibili effetti indesiderati e del rischio di complicanze anche peggiorative dello stato di salute» (Sez. 3, n. 28985 del 11/11/2019, I. vs. D., Rv. 656134-01);
che «In tema di attività medico-chirurgica, sebbene l’inadempimento dell’obbligo di acquisire il consenso informato del paziente sia autonomo rispetto a quello inerente al trattamento terapeutico (comportando la violazione dei distinti diritti alla libertà di autodeterminazione e alla salute), in ragione dell’unitarietà del rapporto giuridico tra medico e paziente – che si articola in plurime obbligazioni tra loro connesse e strumentali al perseguimento della cura o del risanamento del soggetto – non può affermarsi una assoluta autonomia dei due illeciti tale da escludere ogni interferenza tra gli stessi nella produzione del medesimo danno; è possibile, invece, che anche l’inadempimento dell’obbligazione relativa alla corretta informazione sui rischi e benefici della terapia si inserisca tra i fattori “concorrenti” della serie causale determinativa del pregiudizio alla salute, dovendo quindi riconoscersi all’omissione del medico una astratta capacità plurioffensiva, potenzialmente idonea a ledere due diversi interessi sostanziali, entrambi suscettibili di risarcimento qualora sia fornita la prova che dalla lesione di ciascuno di essi siano derivate specifiche conseguenze dannose» (Sez. 3, n. 28985 del 11/11/2019, I. vs. D., Rv. 656134-02);
e che «In tema di attività medico chirurgica, la violazione, da parte del medico, del dovere di informare il paziente, può causare due diversi tipi di danni: un danno alla salute, sussistente quando sia ragionevole ritenere che il paziente, su cui grava il relativo onere probatorio, se correttamente informato, avrebbe evitato di sottoporsi all’intervento e di subirne le conseguenze invalidanti; nonché un danno da lesione del diritto all’autodeterminazione, rinvenibile quando, a causa del deficit informativo, il paziente abbia subìto un pregiudizio, patrimoniale oppure non patrimoniale (ed, in tale ultimo caso, di apprezzabile gravità), diverso dalla lesione del diritto alla salute. Pertanto, nell’ipotesi di omissione od inadeguatezza diagnostica che non abbia cagionato danno alla salute ma che abbia impedito l’accesso ad altri più accurati accertamenti, la lesione del diritto all’autodeterminazione sarà risarcibile ove siano derivate conseguenze dannose di natura non patrimoniale, quali sofferenze soggettive e limitazione della libertà di disporre di se stessi, salva la possibilità della prova contraria» (Sez. 3, n. 28985 del 11/11/2019, I. vs. D., Rv. 656134-04).
V., tra i numerosi commenti al riguardo: Cacace, L’estate dell’autodeterminazione, a San Martino 2019, in Danno e responsabilità, 2020, n. 1, 11; Gagliardi, Un decalogo anche su consenso informato (complicanze) e danni risarcibili, in La nuova giurispr. civ. comm., 2020, n. 2, 267; Locatelli, Plurioffensività dell’omissione informativa nel rapporto tra medico e paziente, in Resp. civ. e previd., 2020, n. 2, sez. 2, 478; Rodolfi, L’informazione giusta: diritto fondamentale di chi è ammalato, in Guida al diritto. Il sole 24ore settimanale, 2020, n. 1, 20; Facci, San Martino, il consenso informato ed il risarcimento dei danni, in Il corr. giur., 2020, n. 3, 348; Iannone, La nuova responsabilità sanitaria: riflessioni a posteriori sulle sentenze di San Martino 2019, in lanuovaproceduracivile.com, ins. il 20 marzo 2020; Foglia, Azzalini, Cerea, Ziviz, Rossi, Corso, Pucella, Le dieci sentenze di San Martino. Primi Commenti, in rivistaresponsabilitamedica.it, ins. 12 dicembre 2019; Simone, Ombre e nebbie di San Martino: la causalità materiale nel contenzioso sanitario (Nota a Cass. 11 novembre 2019, nn. 28992 e 28991), in Foro it., 2020, I, 218.

[8] Cfr. al riguardo la parte motiva della sentenza di Cass., Sez. 3 civ., n. 20984 del 27/11/2012, Sessa vs. Reg. Piemonte Gestione Liquidatoria, Rv. 624388-01 (di cui si dirà amplius nella nota n. 10), nella parte in cui (alla p. 14) parla di prova della avvenuta manifestazione del consenso che può essere fornita, in alternativa ad un documento scritto, ad esempio andato smarrito, mediante elementi indiziari o testimonianze.

[9] Così Cass., Sez. 3 civ., n. 23328 del 19/02/2019, L. vs. C., Rv. 655489-01. In termini identici v. già Cass., Sez. 3 civ., n. 2177 del 04/02/2016, Runfola vs. Colosi ed altri, Rv. 639069, pubblicata – anche – in Riv. it. med. leg., 2016, n. 3,  1287 e ss. con nota di Riccetti, Consenso informato: quale ruolo gioca il livello culturale del paziente e l’aver già subito un intervento analogo ?.

[10] Nel caso affrontato da Cass., Sez. 3 civ., n. 20984 del 27/11/2012, Sessa vs. reg Piemonte Gestione Liquidatoria, cit., la Corte di legittimità ha annullato con rinvio la sentenza della Corte di appello di Torino che, in riforma integrale di quella del Tribunale,  aveva rigettato la richiesta di risarcimento danni avanzata da un medico radiologo nei confronti della struttura sanitaria ove prestava attività lavorativa, lamentando di non essere stato reso edotto dei rischi della terapia allo stesso somministrata e perciò di non essere stato messo nelle condizioni di prestare il consenso informato e chiedendo la condanna al risarcimento dei danni per lesioni ossee da patologia articolare femorale e per i gravi postumi delle stesse, subiti quale diretta conseguenza della terapia cortisonica somministratagli per la cura di un’encefalite post-vaccinica  e post-influenzale.
Nella motivazione si legge quanto segue (pp. 14-19): «In sostanza, l’argomento principale della sentenza può essere stilizzato come segue: il paziente era un medico, quindi aveva le cognizioni scientifiche necessarie per rendersi conto del trattamento cui veniva sottoposto; faceva parte della stessa struttura ospedaliera e quindi aveva un contatto frequente con i medici curanti; ora, se docilmente si è sottoposto alla cura, questo vuoi dire che era d’accordo; cioè si è sottoposto cura, questo vuoi dire che era d’accordo; cioè si è sottoposto volontariamente alla terapia nella consapevolezza (derivante dalle sue cognizioni mediche) dei rischi della stessa. L’argomento è all’evidenza irrilevante perché – anche se fondato – ci porterebbe direttamente al consenso presunto. Infatti, l’argomento non dimostra che effettivamente vi fu una richiesta di consenso e una prestazione di consenso. L’argomento dimostra soltanto che i medici hanno, in buona fede, presunto che il paziente fosse d’accordo. Ma la legge richiede ben altri e più rigorosi requisiti. In questa prospettiva si appalesano irrilevanti ulteriori argomenti. In particolare, è privo di consistenza il riferimento all’art. 29 del codice di deontologia medica (art. 29) che prevede che il consenso – e la relativa corretta informazione – debba essere riferito “al livello di cultura ed alle capacità di discernimento del soggetto”, poiché al medico, in questo caso, non si contesta la violazione del codice deontologico, quanto l’avere “operato” in assenza di un consenso informato. Può, quindi, sostenersi che, pur non essendovi violazione del codice deontologico, sussiste, invece responsabilità medica; e ciò proprio perché i due ordinamenti agiscono su piani diversi: l’uno disciplinare, l’altro civilistico. A questo punto, ci si deve domandare se questo assetto di regole e di condotte muti in considerazione della qualità del paziente che deve fornire il consenso; ciò che vorrebbe dire che i principii si atteggiano diversamente, pervenendo perfino ad escludere rilevanza causale alla mancanza di consenso informato in caso di paziente “medico”. La risposta è negativa. La finalità dell’informazione che il medico è tenuto a dare è quella di assicurare il diritto all’autodeterminazione del paziente, il quale sarà libero di accettare o rifiutare la prestazione medica (v. anche Cass.9.2.2010, n. 2847). È, quindi, evidente l’irrilevanza della qualità del paziente al fine di escluderne la doverosità. La qualità del paziente potrà, invece, incidere sulle modalità di informazione – informazione che si sostanzia in spiegazioni dettagliate ed adeguate al livello culturale del paziente – con l’adozione di un linguaggio che tenga conto del suo particolare stato soggettivo e che, nel caso di paziente-medico, potrà essere parametrata alle sue conoscenze scientifiche in materia […] Sono, quindi, le modalità – ossia il quomodo delle informazioni che il medico deve fornire – che possono variare in considerazione del grado di conoscenze specifiche del paziente; il consenso, però, non può essere presunto, ma deve essere effettivo […] il giudice del rinvio dovrà esaminare la vicenda in questione».
Si tratta di sentenza che ha destato particolare interesse e che è reperibile, annotata, – anche – in Giur. it., 2014, n. 2, 288, con nota di Salerno, Consenso informato in medicina e qualità soggettive del paziente; in Riv. it. med. leg., 2013, n. 3, 1497, con nota di Cacace, Medice, cura te ipsum ? Il diritto all’informazione del paziente-medico (e qualche altra questione sul consenso al trattamento); e in Danno e responsabilità, 2013, n. 7, 743, con nota di Clinca, Ragionamento presuntivo e consenso informato: il no della cassazione al “consenso presunto” nel caso del paziente-medico.

[11] Ha ritenuto Cass., Sez. 3 civ., n. 19220 del 20/08/2013, Luoni vs. Neuschuler, Rv. 627861-01, che «È onere del medico provare, a fronte dell’allegazione di inadempimento da parte del paziente, l’adempimento dell’obbligazione di fornirgli un’informazione completa ed effettiva sul trattamento sanitario e sulle sue conseguenze, senza che sia dato presumere il rilascio del consenso informato sulla base delle qualità personali del paziente (nella specie, avvocato), potendo esse incidere unicamente sulle modalità dell’informazione, la quale deve sostanziarsi in spiegazioni dettagliate ed adeguate al livello culturale del paziente, con l’adozione di un linguaggio che tenga conto del suo particolare stato soggettivo e del grado delle conoscenze specifiche di cui dispone». La sentenza è consultabile – anche – in “Giur. it.,”, 2013, n. 8-9, 1723, con osservazioni di P. e V. Carbone dal significativo titolo “Consenso informato. Non basta la sottoscrizione di un modulo prestampato”.

[12] V. nota n. 1.

[13] Il modulo, per così dire, “generale” è reperibile tramite rete web digitando:  https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pagineAree_5452_5_file.pdf .

[14] I moduli delle Regioni italiane, reperibili tramite agevole ricerca via web nei rispettivi siti istituzionali, sono composti, in varia veste grafica, da un modello principale contenente le indicazioni di cui al modello-base ministeriale, e, generalmente, da due documenti, concepiti come allegati al consenso informato: una nota informativa sintetica, contenente alcune informazioni sui vaccini in uso, ed una, anch’essa stringata, scheda anamnestica, che si invita il vaccinando prenotato a recare con sé già compilata secondo verità. Entrambi gli allegati sono strutturati sulla falsariga dei relativi modelli ministeriali che sono consultabili in: https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pagineAree_5452_6_file.pdf .

[15] Naturalmente, le presenti riflessioni presuppongono l’effettivo impiego da parte dei medici cui è attribuito il compito di praticare l’iniezione vaccinale dei modelli distribuiti ufficialmente di cui si parla nel testo; ad esse non deve, invece, farsi riferimento ove si sia fatto o si faccia ricorso in concreto a diverse, più approfondite, modalità documentali.

[16] E’ lo scenario cui fanno riferimento Caputo, Il puzzle della colpa medica. Emergenza pandemica e nuovi orizzonti della non punibilità per gli esercenti le professioni sanitarie, in Dir. pen. e proc., 2021, n. 9, 1175, e Carraro, Il tanto atteso “scudo penale” per la classe medica: vera innovazione o disposizioni dal valore meramente simbolico?, in www.archiviopenale.it, p.11, ins. il 23 luglio 2021. Vi si tornerà.

[17] Il rapporto più aggiornato, il decimo, relativo ai dati del periodo di un anno compreso tra il 27 dicembre 2020 e il 26 dicembre 2021, pubblicato il 9 febbraio 2022, è agevolmente consultabile in: https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1315190/Rapporto_annuale_su_sicurezza_vaccini%20anti-COVID-19.pdf .
Vi si legge (pp. 20-33 e passim), tra l’altro, che nel periodo in considerazione risultano in Italia, alla stregua di vigilanza di tipo passivo, 5.656 segnalazioni di eventi avversi gravi (circa 471 al mese) ritenuti correlabili alla vaccinazione (tra cui reazioni anafilattiche, trombocitopenia, trombosi immuno-mediata, mocardite, pericardite, Sindrome di Guillain-Barré, paralisi di Bell); e che dei 758 decessi segnalati, 22 (cioè quasi due al mese) sono stimati dall’A.I.F.A. correlabili alla vaccinazione in corso nel Paese. Per incidens, destano perplessità e forse meriterebbero ulteriore specificazione le considerazioni (che si rinvengono alle pp. 48 e ss. del richiamato documento dell’A.i.f.a.) sulle vaccinazioni pediatriche nella fascia 5-11 anni, posto che in Italia è stato possibile vaccinare i minori compresi in tale fascia di età solo a partire dalla vigilia di Natale 2021, essendo la relativa autorizzazione intervenuta il 1° dicembre 2021, sicchè il periodo di osservazione (che si chiude, come si è visto, il 26 dicembre 2021) si ridurrebbe a pochissimi giorni: cfr. al riguardo anche https://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioContenutiNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&id=5452&area=nuovoCoronavirus&menu=vuoto) .  

[18] V. Cass., Sez. 3 civ., n. 2847 del 09/02/2010, Sbordone vs. Salvatore, Rv. 611426-01, pubblicata – anche – in Danno e respons., 2010, fasc. n. 7, 685, con nota di Simone, Consenso informato e onere della prova; e in Il Corriere giur., 2010, fasc. n. 9, 1201, con nota di Di Majo, La responsabilità da violazione del consenso informato; e in Giur. it., 2011, fasc. n. 4, 816, con nota di Chiarini, Il medico (irresponsabile e il paziente(dis)informato. Note in tema di danno risarcibile per intervento terapeutico eseguito in difetto di consenso.

[19] Descrive efficacemente il “richiamo alle armi”, in ragione della eccezionale situazione, di personale sanitario ragionevolmente non sempre fornito di pertinente specializzazione Caputo, Il puzzle della colpa medica. Emergenza pandemica e nuovi orizzonti della non punibilità per gli esercenti le professioni sanitarie, cit., 1187.

[20] Così Cass., Sez. 3 civ., n. 28985 del 11/11/2019, I vs. D., Rv. 656134-04.

[21] Così Cass., Sez. 3 civ., n. 28985 del 11/11/2019, I vs. D., Rv. 656134-05.

[22] In ciò consiste il novum introdotto dall’art. 1 del decreto-legge n. 1 del 2022, in via di conversione, rispetto ai decreti-legge n. 44 del 2021 e n. 172 del 2021 (convertiti, rispettivamente, in legge n. 76 del 2021 e in legge n. 3 del 2022): cfr. il commento “a caldo” del Prof. Gaetano Azzariti (intervistato da Giu.Sal.), Non vedo un fondamento scientifico è frutto di un compromesso politico. Se non posso lavorare la libertà di non vaccinarsi è di fatto un’ipocrisia, in La stampa, 6 gennaio 2022, 4-5.

[23] Il riferimento necessitato, a pochi giorni dal decreto-legge, è alla stampa non specializzata: cfr. le interviste ai Professori Giovanni Maria Flick, Vaccino anti-Covid, avanti con l’obbligo (a cura di Milella), in www.larepubblica.it, ins. il 7 gennaio 2022, e Giovanni Guzzetta, Consenso obbligato ? Atto non valido (a cura di Dragoni), in La verità, 17 gennaio 2022, 1 e 6.

[24] Si tratta di due situazioni peraltro non logicamente accumunabili, atteso il diverso impulso che muove le persone, in un caso e nell’altro.

[25] Ad avviso di N. Rossi, «E’ chiaro che chi si sottopone alla vaccinazione in adempimento dell’obbligo di legge, deve essere pienamente informato del tipo di trattamento e delle sue potenzialità positive e negative. Francamente però non ne farei un problema di moduli di prestazione del consenso, che peraltro possono essere agevolmente aggiornati, ma di sostanza» (Vaccino anti-Covid, avanti con l’obbligo, intervista di Milella), in www.larepubblica.it, cit.). Difforme l’opinione di Guzzetta: «Qui vi è una contraddizione. Che senso ha chiedere il consenso a chi è obbligato per legge a quella prestazione ? Vi è un problema di genuinità della volontà […] Vi è un vizio della libera volontà. Mina alla radice la validità del consenso. Ma vi è di più. Senza la firma del consenso informato ovviamente la prestazione non può essere erogata. Ma come faccio a considerare inadempiente una persona che non presta consenso ma si presta a vaccinarsi in quanto obbligata ?» (Consenso obbligato ? Atto non valido, intervista di Dragoni, cit.).

[26] Sull’argomento sia consentito il rinvio a D. Cenci, Riflessioni sulla compatibilità a Costituzione della decretazione di urgenza che proroga l’obbligo di vaccinazione per i sanitari ed estende lo stesso ad altre categorie di lavoratori, in www.penaledp.it, ins. il 22dicembre 2021.

[27] Peraltro, il soggetto ultracinquantenne, al di là del tipo di lavoro svolto, ben potrebbe determinarsi alla vaccinazione tanto per intima, profonda convinzione circa sicurezza ed efficacia dei vaccini quanto per adesione ad un obbligo, pur in ipotesi intimamente avversato; e sarebbe estremamente difficile ex post operare distinzioni.

[28] Così M. Greco, Il consenso (dis)informato nell’obbligo vaccinale ai tempi della variante omicron, in www.diritto.it, ins. il 3 febbraio 2022.

[29] Cfr. Cupelli, Gestione dell’emergenza pandemica e rischio penale: una ragionevole soluzione di compromesso (d.l. 44/2021), in www.sistemapenale.it, ins. il 1° giugno 2021; Id., La colpa medica ai tempi della pandemia: la risposta normativa ai rischi di una medicina difensiva dell’emergenza, in Il foglio, 1° luglio 2021 (ripubblicato in www.discrimen.it, ins. il 2 luglio 2021); Gius. Amato, Scudo penale per i vaccinatori che somministrano le dosi, in Guida al diritto. Il sole 24ore, 2021, n. 16, 47 ss.; Della Valentina, La responsabilità penale medica negli scenari post covid-19: appunti sulla natura dogmatica delle aree di esclusione della punibilità, in www.sistemapenale.it, ins. il 3 dicembre 2021; Blaiotta, Dove va la colpa, in Dir. pen. e proc., n. 10, 1281 ss.; Roiati, La responsabilità penale in ambito sanitario durante l’emergenza epidemiologica e la colpa grave declinata secondo la limitatezza di conoscenze e di risorse, in Riv. it. med. leg., 2021, n. 3, 795 ss.; Scendoni, Cingolani, Eccezioni penali rispetto alle procedure vaccinali, ivi, 2021, n. 3, 833 ss.; L. Fimiani, Nuovo “scudo penale” (decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44): è una norma tautologica?, in www.giurisprudenzapenale.com, ins. il 13 aprile 2021; Carraro, Il tanto atteso “scudo penale” per la classe medica: vera innovazione o disposizioni dal valore meramente simbolico?, cit.; N. Rossi, Sanitari: è possibile uno “scudo penale” più efficace dell’attuale?, in www.questionegiustizia.it, ins. 10 aprile 2021; Badalamenti,“L’imperizia quale tallone d’Achille della disciplina penale della medical malpractice, in www.penaledp.it, ins. il 7 dicembre 2021.

[30] Cfr. Brunelli, Editoriale. Del diritto penale percepito e dei suoi più recenti exploit, in Arch. pen., 2021, n. 3, 1 ss.; Furia, Lo “scudo penale” alla prova della responsabilità da inoculazione del vaccino anti Sars-Cov-2, in www.archiviopenale.it, ins. il 29 aprile 2021; Penco, “Norma-scudo” o “norma-placebo” ? Brevi osservazioni in tema di (ir)responsabilità penale da somministrazione del vaccino anti sars-cov-2, www.sistemapenale.it, ins. il 13 aprile 2021; Piras, La non punibilità per gli eventi dannosi da vaccino anti covid-19, ivi, ins. il 23 aprile 2021; Id., Lo scudo penale covid-19: prevista la punibilità solo per colpa grave per i fatti commessi dai professionisti sanitari durante l’emergenza epidemica, ivi, ins. il 1° giugno 2021; Caputo, Il puzzle della colpa medica. Emergenza pandemica e nuovi orizzonti della non punibilità per gli esercenti le professioni sanitarie, cit., 1171 ss.; Massaro, Responsabilità penale per morte o lesioni derivanti dalla somministrazione del vaccino anti sars-cov-2: gli “anticorpi” dei principi generali in materia di colpa penale, in Riv. it. med. leg., 2021, n. 3, 683 ss. 

[31] Così Penco, “Norma-scudo” o “norma-placebo” ? Brevi osservazioni in tema di (ir)responsabilità penale, cit., 1, 4 e 7.

[32] Così Piras, La non punibilità per gli eventi dannosi da vaccino anti covid-19, cit., 2-3.

[33] Così Brunelli, Editoriale. Del diritto penale percepito” cit., 1, 7-8 e 11.

[34] Cfr. Brunelli, Editoriale. Del diritto penale percepito, cit., 5; Massaro, Responsabilità penale per morte o lesioni derivanti dalla somministrazione del vaccino, cit, 685 e 699 e ss.; Caputo, Il puzzle della colpa medica. Emergenza pandemica e nuovi orizzonti della punibilità, cit., 1171 e ss.; Gius. Amato, Scudo penale per i vaccinatori che somministrano le dosi, cit., 48.

[35] Secondo Penco, “Norma-scudo” o “norma-placebo” ? Brevi osservazioni in tema di (ir)responsabilità penale, cit., 4, «l’efficacia esimente deriva dalla riconosciuta conformità della condotta dell’agente rispetto alle indicazioni provenienti dalle autorità competenti in ordine allo svolgimento dell’attività rischiosa consentita»; parlano di esimente anche  Scendoni e Cingolani, Eccezioni penali rispetto alle procedure vaccinali, cit., 835-866. Si tratta di scriminante per N. Rossi, Sanitari: è possibile uno “scudo penale” più efficace dell’attuale?, cit., 1.

[36] Cfr. Cupelli, Gestione dell’emergenza pandemica e rischio penale, cit., 3; Piras, La non punibilità per gli eventi dannosi da vaccino anti covid-19, 3; Natalini, Corte Suprema di cassazione. Ufficio del Massimario e del ruolo. Servizio penale, relazione su novità normativa. Artt. 3 (responsabilità penale da somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2) e 3-bis (Responsabilità penale per morte o lesioni personali in ambito sanitario durante lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19) del decreto-legge 1° aprile 2012, n. 44, convertito, con modificazioni, in legge 28 maggio 2021, n. 76 (relazione n. 35/2021), in https://www.cortedicassazione.it/cassazione-resources/resources/cms/documents/Rel.35-2021.pdf, 4-5 e 9 e ss.; Della Valentina, La responsabilità penale medica negli scenari post covid-19, cit., 22-23.

[37] Cfr. Roiati, La responsabilità penale in ambito sanitario durante l’emergenza epidemiologica, cit., 713.

[38] Furia (Lo “scudo penale” alla prova della inoculazione da vaccino, cit., 9-10) segnala infatti il rischio di giungere a considerare l’art. 3 del decreto-legge n. 44 del 2021 come un “ibrido” difficilmente definibile.

[39] Cfr. Cupelli, Gestione dell’emergenza pandemica e rischio penale, cit., 9; Brunelli, Editoriale. Del diritto penale percepito, cit., 7; Caputo, Il puzzle della colpa medica. Emergenza pandemica e nuovi orizzonti della non punibilità, cit., 1182-1184; Roiati, La responsabilità penale in ambito sanitario durante l’emergenza epidemiologica”, cit., 715-716; Natalini, Corte Suprema di cassazione. Ufficio del Massimario e del ruolo. Servizio penale, relazione su novità normativa, cit.  (relazione n. 35/2021), 18; Della Valentina, “La responsabilità medica negli scenari post covid-19”, cit., 29. Ha osservato Blaiotta come la nuova disciplina nel complesso «colloca nell’ambito della punibilità un tema che attiene, invece, al reato, al suo elemento soggettivo» (così alla p. 10 del contributo “Dove va la colpa”, cit.).

[40] Il riferimento è all’art. 5, comma 1, della legge 8 marzo 2017, n. 254, recante “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”, ossia a «prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale». si è – condivisibilmente – sottolineata la necessità, secondo l’intentio legislatoris, che l’agente sia iscritto ad un albo professionale sanitario: v. Natalini, Corte Suprema di cassazione. Ufficio del Massimario e del ruolo. Servizio penale, relazione su novità normativa, cit.  (relazione n. 35/2021), 20.

[41] Cfr. Piras, Lo scudo penale Covid-19: prevista la punibilità solo per colpa grave, cit., 4-5; Caputo, Il puzzle della colpa medica. Emergenza pandemica e nuovi orizzonti, cit., 1184; Roiati, La responsabilità penale in ambito sanitario, cit.,  716; Carraro, Il tanto atteso “scudo penale” per la classe medica, cit., 25.

[42] L’esemplificazione è tratta da: Piras, Lo scudo penale covid-19: prevista la punibilità solo per colpa grave, cit. 3; Massaro; Responsabilità penale per morte o lesioni derivanti dalla somministrazione del vaccino, cit. 689; Roiati, La responsabilità penale in ambito sanitario durante l’emergenza epidemiologica, cit., 717; Natalini, Corte Suprema di cassazione. Ufficio del Massimario e del ruolo. Servizio penale, relazione su novità normativa, cit.  (relazione n. 35/2021), 12-13 e 19;Carraro, Il tanto atteso “scudo penale” per la classe medica”, cit., 24.

[43] Così Piras, La non punibilità per gli eventi dannosi da vaccino anti covid-19, cit., 4.

[44] Cfr. Piras, La non punibilità per gli eventi dannosi da vaccino anti Covid-19, cit., 4.

[45] V. Gius. Amato, Scudo penale per i vaccinatori, cit., 47-49.

[46] V. N. Rossi, Sanitari: è possibile uno “scudo penale” più efficace dell’attuale?”, cit., 3-4.

[47] Lamenta, assai condivisibilmente, «il peso rivestito dal cortocircuito massmediatico che – non da ora – trasforma ogni iscrizione nel registro degli indagati […] da atto di garanzia a condanna anticipata» Cupelli, Gestione dell’emergenza pandemica e rischio penale, cit., 7.

[48] Cfr. Furia, Lo “scudo penale” alla prova della responsabilità da inoculazione del vaccino, cit., 15; Piras, La non punibilità per gli eventi dannosi da vaccino anti Covid-19, 3-4; Fimiani, Nuovo “scudo penale” (decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44)”, cit., 5. Perplessità sono espresse da Caputo, Il puzzle della colpa medica. Emergenza pandemica e nuovi orizzonti della non punibilità” cit., 1175-1176, nel paragrafo significativamente intitolato “Iscrivere o non iscrivere? That is the question”: l’A. sottolinea in ogni caso (alla p. 1175) che «l’opera di dissuasione da iscrizioni avventate esercitata nei confronti delle Procure sembra affidata a un “ipertesto comunicativo” composto da auspici, allusioni e ammonimenti, posto che la causa di non punibilità richiede di essere comunque accertata, e quindi, presuppone pur sempre l’avvio di un’indagine, volta a valutarne la concreta sussistenza».

[49] Così Furia, Lo “scudo penale” alla prova della responsabilità da inoculazione del vaccino”, cit., 15.

[50] Così Penco, “Norma scudo” o “norma-placebo” ? Brevi osservazioni in tema di (ir) responsabilità penale”, cit. 6; concorda Massaro, Responsabilità penale per morte o lesioni derivanti dalla somministrazione del vaccino anti sars-cov-2, cit. 690, ove si legge che «Il rapporto causale tra l’evento e la vaccinazione, si è osservato, sarebbe possibile solo in sede processuale: l’operatore non risulterebbe protetto dal processo, così come pure si auspicava, proprio perché nel processo andrebbe accertato un requisito di operatività del preteso “scudo”»; nello stesso senso Scendoni, Cingolani,  Eccezioni penali rispetto alle procedure vaccinali, cit., 836-837: «[…]l’accertamento del nesso di causalità tra evento infausto e vaccinazione […] non può che avvenire in sede processuale. Pertanto, l’esimente così costruita non può realizzare quella protezione dal processo che era stata invece auspicata, proprio perché è proprio nel processo che deve essere verificata la sussistenza di quel rapporto causale fra somministrazione del vaccino e lesioni o morte che si caratterizza come presupposto imprescindibile per l’operatività dello scudo».

[51] Cfr. Piras, La non punibilità per gli eventi dannosi da vaccino anti covid-19, cit. 2: «Non solo è strumento inutile, ma è anche dannoso: impone infatti al giudice di prosciogliere perché trattasi di persona non punibile, anziché di prosciogliere sul fatto. Indebolisce quindi le barriere difensive [dei sanitari], anzichè fortificarle»; il contributo di Piras è espressamente richiamato da Massaro, Responsabilità penale per morte o lesioni derivanti dalla somministrazione del vaccino anti sars-cov-2, cit., 701, nota n. 57. Nello stesso senso, Furia, Lo ”scudo penale” alla prova della responsabilità da inoculazione, cit., 9-10: «si rischia di ottenere il paradossale esito di assolvere il soggetto con una formula meno favorevole».

[52] Cfr. a proposito del “rischio consentito”, tra gli altri contributi, i fondamentali scritti di Blaiotta, Colpa e gestione del rischio in situazioni complesse, in https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/ , ins. il 20 gennaio 2012, Id., Dove va la colpa, cit., 1283, e di Brusco, La colpa penale e civile, Milano, 2017, 55 e ss., Id., Rischio e pericolo, rischio consentito e principio di precauzione. La c.d. “flessibilizzazione delle categorie del reato”, in Criminalia, 2012, 383 e ss.

[53] Cfr. Brunelli, Editoriale. Del diritto penale percepito, cit., p. 6; Cupelli, Gestione dell’emergenza pandemica e rischio penale, cit., 4 e 10; Id., La colpa medica ai tempi della pandemia, cit.; Massaro, Responsabilità penale per morte o lesioni derivanti dalla somministrazione del vaccino, cit., 702; Alessandro Roiati, “La responsabilità penale in ambito sanitario durante l’emergenza epidemiologica”, cit., p. 716-717; Carraro, Il tanto atteso “scudo penale” per la classe medica, cit., 17 e 23-24; Piras, Lo scudo penale covid-19: prevista la punibilità solo per colpa grave, cit., 3 e 5; Natalini, Corte Suprema di cassazione. Ufficio del Massimario e del ruolo. Servizio penale, relazione su novità normativa, cit.  (relazione n. 35/2021), 2 e 20-21; Penco, “Norma-scudo” o “norma-placebo” ? Brevi osservazioni in tema di (ir)responsabilità penale da somministrazione del vaccino, cit., 5.

[54] Recentemente le Sezioni Unite penali della Corte di cassazione hanno affermato il principio di diritto secondo il quale «In tema di successione di leggi penali, nel caso in cui l’evento del reato intervenga nella vigenza di una legge penale più sfavorevole rispetto a quella in vigore al momento in cui è stata posta in essere la condotta, deve trovare applicazione la legge vigente al momento della condotta» (Sez. U, n. 40986 del 19/07/2018, P., Rv. 273934-01, edita, tra l’altro: in “Cass. pen.”, 2019, n. 2.1, 76, con nota di Nocera, Tempus commisi delicti e reati ad evento differito; in Dir. pen. e proc., 2019, n. 1, 65, con nota di Gambardella, Tempus commissi delicti e principio di irretroattività sfavorevole: il caso dell’omicidio stradale; in“Giur. It., 2019, n. 3, 676, con nota di Bianchi, Il tempus commissi delicti nello specchio della Costituzione; in Guida al diritto. Il sole 24ore, 2019, n. 5, 72, con nota di Minnella, Tempus condotta garantisce il “calcolo” delle conseguenze; e pubblicata anche in https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/ , con nota di Zirulia, Le Sezioni Unite sul tempus commissi delicti nei reati c.d. ad evento differito (con un obiter dictum sui reati permanente e abituali), ins. il 4 ottobre 2018.

[55] La previsione dell’art. 590-sexies cod. pen. è stata ritenuta prevedere una causa di non punibilità dalle Sezioni Unite penali della Corte di cassazione: «In tema di responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, l’art. 590-sexies cod. pen., introdotto dall’art. 6 della legge 8 marzo 2017, n. 24, prevede una causa di non punibilità applicabile ai soli fatti inquadrabili nel paradigma dell’art. 589 o di quello dell’art. 590 cod. pen., e operante nei soli casi in cui l’esercente la professione sanitaria abbia individuato e adottato linee guida adeguate al caso concreto e versi in colpa lieve da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse; la suddetta causa di non punibilità non è applicabile, invece, né ai casi di colpa da imprudenza e da negligenza, né quando l’atto sanitario non sia per nulla governato da linee-guida o da buone pratiche, né quando queste siano individuate e dunque selezionate dall’esercente la professione sanitaria in maniera inadeguata con riferimento allo specifico caso, né, infine, in caso di colpa grave da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse. (Sez. U, n. 8770 del 21712/2017, dep. 2018, Mariotti, Rv. 272174-01).
Autorevole dottrina ritiene che l’innovativa disciplina sia speciale rispetto al comma 2 dell’art. 590-sexies cod. pen.: Cupelli, Gestione dell’emergenza pandemica e rischio penale, cit., 3. Ragionano in termini di specialità e di specialità bilaterale, rispettivamente, Carraro, Il tanto atteso “scudo penale” per la classe medica”, cit., 15-17, e Furia, Lo “scudo penale” alla prova della responsabilità da inoculazione del vaccino, cit., 12. Contra, tuttavia, Piras, La non punibilità per gli eventi dannosi da vaccino anti covid-19, cit., 3, ove si afferma la «incompatibilità tra le due fattispecie: la prima prevede una condotta non colposa, e la seconda prevede invece una condotta imperita»; e Della Valentina, La responsabilità penale medica negli scenari post covid-19, cit., 26-28, che  parla di «incomunicabilità genetica tra le due fattispecie» della previsione relativa ai vaccinatori (qualificata come causa di esclusione della colpevolezza) e della norma codicistica (causa di non punibilità).

[56] Cfr. Massaro, Responsabilità penale per morte o lesioni derivanti dalla somministrazione del vaccino anti sars-cov-2, cit., 693-695.

[57] Sul tema del rapporto tra art. 3-bis della legge n. 76 del 2021 ed art. 54 cod. pen., v. Caputo, Il puzzle della colpa medica. Emergenza pandemica e nuovi orizzonti della non punibilità, cit., 1186.

[58] Dedicano interessanti riflessioni al tema Della Valentina, La responsabilità penale medica negli scenari post covid-19, cit., 22-28, e Natalini, Corte Suprema di cassazione. Ufficio del Massimario e del ruolo. Servizio penale, relazione su novità normativa, cit.  (relazione n. 35/2021), 14 ss.

[59] Cfr. Furia, Lo “scudo penale” alla prova della responsabilità da inoculazione del vaccino, cit., 14.

[60] Così Carraro, Il tanto atteso “scudo penale” per la classe medica, cit., 7.

[61] Così Cupelli, Gestione dell’emergenza pandemica e rischio penale, cit., 3.

[62] Così Massaro, Responsabilità penale per morte o lesioni derivanti dalla somministrazione del vaccino anti sars-cov-2,  694.

[63] L’esempio è di Furia, “Lo ‘scudo penale’ alla prova della responsabilità da inoculazione del vaccino”, cit., 8, nota n. 27.

[64] Cfr. Furia, Lo “scudo penale” alla prova della responsabilità da inoculazione del vaccino, cit., 13.

[65] Naturalmente, il termine burocrate è impiegato nel testo in senso proprio etimologico di funzionario pubblico, dal francese bureau, esclusa ogni altra accezione.

[66] Così Massaro, Responsabilità penale per morte o lesioni derivanti dalla somministrazione del vaccino anti sars-cov-2,  694-695.

[67] Così Piras, La non punibilità per gli eventi dannosi da vaccino, cit., 2, nota n. 3.

[68] Il riferimento è alla sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Sez. 3-quater, del 7 dicembre 2021 – 15 gennaio 2022 (n. 419/2022 reg. prov. coll. e n. 6949/2021 reg. ric.), al decreto del Consiglio di Stato, Sez. 3, del 19 gennaio 2022 (n. 207/2022 reg. prov. cau. e n. 411/2022 reg. ric.) ed alla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. 3, del 3-9 febbraio 2022 (n. 946/2022 reg. provv. coll. e n. 411/2022 reg. ric.), tutti provvedimenti relativi al ricorso di alcuni medici per l’annullamento della circolare del Ministero della Salute recante “Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2” aggiornata al 26 aprile 2021, nella parte in cui, nei primi giorni di malattia da Sars-Cov-2, prevede unicamente “vigile attesa” e somministrazione di fans e paracetamolo e nella parte in cui pone indicazioni di non utilizzo di tutti i farmaci generalmente utilizzati dai medici di medicina generale per i pazienti affetti da covid.
Le richiamate decisioni, infatti, pur divergendo in altra, rilevante, parte, affermano, tuttavia, il principio della libertà di cura e di terapia:
in particolare, nella sentenza di primo grado si legge che « è onere imprescindibile di ogni sanitario di agire secondo scienza e coscienza, assumendosi la responsabilità circa l’esito della terapia prescritta quale conseguenza della professionalità e del titolo specialistico acquisito […] il contenuto della nota ministeriale, imponendo ai medici puntuali e vincolanti scelte terapeutiche, si pone in contrasto con l’attività professionale così come demandata al medico nei termini indicata dalla scienza e dalla deontologia professionale» (così alla p. 3), infine accogliendo il ricorso e annullando la richiamata circolare;
il decreto del Consiglio di Stato, pur sospendendo la esecutività della sentenza appellata sino all’udienza contestualmente fissata al 3 febbraio 2022, in motivazione afferma che «non emerge alcun vincolo circa l’esercizio del diritto-dovere del MMG di scegliere in scienza e coscienza la terapia migliore, laddove i dati contenuti nella circolare sono semmai parametri di riferimento», cioè semplici «“raccomandazioni” e non “prescrizioni”» (così alla p. unica);
infine, la sentenza del Consiglio di Stato che, in riforma della decisione di primo grado, dichiara inammissibile il ricorso, in più passaggi afferma la natura non vincolante della circolare, contenente mere indicazioni e raccomandazioni ma, appunto, non divieti né precetti vincolanti (cfr. punti nn. 6.3., 6.7., 7.3., 9, 10, 10.1., 11., 11.1., 12.3, 19 e passim della motivazione).
Gli interessanti provvedimenti sono consultabili nel sito istituzionale della Giustizia amministrativa (www.giustizia-amministrativa.it).

[69] Così Sez. U pen., n.  8770 del 21/12/2017, dep. 2018, Mariotti, Rv. 272176-01 (decisione richiamata espressamente da Cons. Stato, Sez. 3, nella recentissima sentenza del 3-9 febbraio 2022, citata alla nota che precede). Vi è chi ha sottolineato la diffidenza verso la magistratura che ha mosso il legislatore dell’emergenza pandemica (Furia, Lo “scudo penale” alla prova della responsabilità da inoculazione del vaccino”, cit., 2; Caputo, Il puzzle della colpa medica. Emergenza pandemica e nuovi orizzonti della non punibilità, cit., 1188-1189; Carraro, Il tanto atteso “scudo penale” per la classe medica, cit., 19 ss.  e 30) e persino la presa di distanza rispetto alle Sezioni Unite ric. Mariotti (Caputo, Il puzzle della colpa medica. Emergenza pandemica e nuovi orizzonti della non punibilità, cit., 1185).

[70] L’espressione è mutuata dall’efficace titolo del noto contributo della Prof.ssa Di Giovine, In difesa del decreto Balduzzi (ovvero: perché non è possibile ragionare di medicina come se fosse diritto e di diritto come se fosse matematica), in Arch. pen., 2014, n. 1, 3.

[71] Il comma 2 dell’art. 3-bis della legge n. 76 del 2021 recita: «Ai fini della valutazione del grado della colpa, il giudice tiene conto, tra i fattori che ne possono escludere la gravità, della limitatezza delle conoscenze scientifiche al momento del fatto sulle patologie da SARS-CoV-2 e sulle terapie appropriate, nonché della scarsità delle risorse umane e materiali concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare, oltre che del minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato impiegato per far fronte all’emergenza»».

[72] Cfr. Caputo, Il puzzle della colpa medica. Emergenza pandemica e nuovi orizzonti della non punibilità, cit., 1188.

[73] Cfr. Brunelli, Editoriale. Del diritto penale percepito, cit., 6; Cupelli, Gestione dell’emergenza pandemica e rischio penale, cit., 11.

[74] Così Caputo, Il puzzle della colpa medica. Emergenza pandemica e nuovi orizzonti della non punibilità”, cit., 1175.

[75] Così Carraro, Il tanto atteso “scudo penale” per la classe medica, cit., 11.

[76] Così Furia, Lo “scudo penale” alla prova della responsabilità da inoculazione del vaccino, cit., 4-5 e 12.

[77]Cfr. Carraro (Il tanto atteso “scudo penale” per la classe medica, cit., 6) secondo cui l’esenzione da responsabilità opera «a condizione, ovviamente, che il medico, prima di somministrare il vaccino, abbia effettuato una corretta anamnesi per verificare se il soggetto “in carne ed possa” dinanzi a sé rientrasse o meno nelle indicazioni soggettive dell’AIC e abbia da questi raccolto un valido consenso»; Piras (La non punibilità per gli eventi dannosi da vaccino anti covid 19, cit., 2), per il quale  «All’evidenza non sono coperti i rischi da somministrazione scorretta, ad es., non preceduta da un’accurata raccolta anamnestica, che avrebbe rivelato controindicazioni»). Cfr. altresì sul punto Caputo, Il puzzle della colpa medico. Emergenza pandemica e nuovi orizzonti della non punibilità, cit., 1175; Penco, “Norma-scudo” o “norma-placebo” ? Brevi osservazioni in tema di (ir)responsabilità penale, cit., p. 5; Furia, Lo “scudo penale” alla prova della responsabilità, cit., 4-5 e 11-12. Contra, ma solo assertivamente, L. Fimiani, Nuovo “scudo penale” (decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44)”, cit., 4.

[78] Cfr. Cupelli, Gestione dell’emergenza pandemica e rischio penale, cit., 3; Penco, “Norma-scudo” o “norma-placebo” ? Brevi osservazioni in tema di (ir)responsabilità penale”, cit., 5; Natalini, Corte Suprema di cassazione. Ufficio del Massimario e del ruolo. Servizio penale, relazione su novità normativa, cit.  (relazione n. 35/2021), 11-12; Furia, Lo “scudo penale” alla prova della responsabilità da inoculazione del vaccino”, cit., 3.

[79] Gli esempi sono tratti dal contributo di Furia, Lo “scudo penale” alla prova della responsabilità da inoculazione del vaccino, cit., 10.

[80] Così Furia, Lo “scudo penale” alla prova della responsabilità da inoculazione del vaccino, cit., 10; nello stesso senso, Carraro, Il tanto atteso “scudo penale” per la classe medica”, cit., 13-14.

[81] Gli esempi sono tratti da Massaro, Responsabilità penale per morte o lesioni derivanti dalla somministrazione del vaccino anti sars-cov-2, cit., 692.

[82] L’esempio è tratto da Carraro, Il tanto atteso “scudo penale” per la classe medica”, cit., 14-15.

[83] L’esempio è di Piras, La non punibilità per gli eventi dannosa da vaccino anti covid-19, cit., 2.

[84] Così Massaro, Responsabilità penale per morte o lesioni derivanti dalla somministrazione del vaccino anti sars-cov-2, cit., 692.

[85] Così Cass., Sez. 4 pen., n. 35585 del 12/05/2017, ric. Schettino, P.G., P.C., Rv. 270780-01; in termini, Sez. 4 pen., n. 6490 del 26/11/2020, dep. 2021, P.G. in proc. Olmetti, Rv. 280927-03.
Potrebbe farsi proficuo riferimento, come suggerito da Furia (Lo “scudo penale” alla prova della responsabilità da inoculazione del vaccino”, cit., 6), alla elaborazione della giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità di equipe, secondo le seguenti direttrici:
da un lato, «In tema di colpa professionale, in caso di intervento chirurgico in “equipe“, il principio per cui ogni sanitario è tenuto a vigilare sulla correttezza dell’attività altrui, se del caso ponendo rimedio ad errori che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenza scientifiche del professionista medio, non opera in relazione alle fasi dell’intervento in cui i ruoli e i compiti di ciascun operatore sono nettamente distinti, dovendo trovare applicazione il diverso principio dell’affidamento per cui può rispondere dell’errore o dell’omissione solo colui che abbia in quel momento la direzione dell’intervento o che abbia commesso un errore riferibile alla sua specifica competenza medica, non potendosi trasformare l’onere di vigilanza in un obbligo generalizzato di costante raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di invasione negli spazi di competenza altrui» (Sez. 4 pen., n. 27314 del 20/04/2017, Puglisi, Rv. 270189-01) e «In tema di responsabilità medica, il capo dell’equipe operatoria è titolare di una posizione di garanzia nei confronti del paziente in ragione della quale è tenuto a dirigere e a coordinare l’attività svolta dagli altri medici, sia pure specialisti in altre discipline, controllandone la correttezza e ponendo rimedio, ove necessario, ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali o comunque rientranti nella sua sfera di conoscenza e, come tali, siano emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio (In applicazione del principio la S.C. ha confermato la sentenza di condanna nei confronti del chirurgo otorino capo equipe, il quale, in presenza di specifica questione anestesiologica di carattere interdisciplinare, da lui pure individuata, non aveva impedito all’anestesista di procedere con più tentativi all’anestesia con curaro, cui conseguiva il decesso del paziente)» (Sez. 4 pen., n. 33329 del 05/05/2015, Sorrentino e altri, Rv. 264366-01);
dall’altro, «In tema di colpa medica, in caso di lavoro in “equipe” e, più in generale, di cooperazione multidisciplinare nell’attività medico-chirurgica, l’accertamento del nesso causale rispetto all’evento verificatosi deve essere compiuto con riguardo alla condotta ed al ruolo di ciascuno, non potendosi configurare aprioristicamente una responsabilità di gruppo» (Sez. 4 pen., n. 30626 del 12/02/2019, Alberti, Rv. 276792-01; in termini, più recentemente, Sez. 4 pen., n. 49774 del 21/11/2019, R., Rv. 277422-01; nello stesso senso v. già in precedenza Sez. 4 pen., n. 7346 del 08/07/2014, dep. 2015, Sozzi e altri, Rv. 262244-01, edita in “Riv. it med. leg.”, 2015, n. 2, p. 636, con nota di Maldonato, Lesioni personali colpose, attività chirurgica d’équipe, colpa).

[86] Cfr. Massaro, Responsabilità penale per morte o lesioni derivanti dalla somministrazione del vaccino anti sars-cov-2, cit., 698.

[87] Così Bacci, Vaccino Covid-19 e reazioni avverse. Quali responsabilità ?, in Riv. it. med. leg., 2021, n. 3, 843.

[88] Non risultano ancora, in ragione del breve tempo trascorso dall’entrata in vigore del decreto-legge n. 44 del 2021 e dei tempi dei procedimenti penali, casi giudiziari, anche in fase di indagini preliminari, di cui siano editi provvedimenti.

[89] Il riferimento è alle note nn. 31, 32 e 33.

[90] Così Brunelli, Editoriale. Del diritto penale percepito, cit., 8.

[91] Così Massaro, “Responsabilità penale per morte o lesioni derivanti dalla somministrazione del vaccino anti sars-cov-2”, cit., 702-703

[92] Così Furia, Lo “scudo penale” alla prova della responsabilità da inoculazione del vaccino”, cit., 11.

[93] Così Massaro, Responsabilità penale per morte o lesioni derivanti dalla somministrazione del vaccino anti sars-cov-2, cit., 688 e 702.

[94] Tra i numerosi, Caputo, Il puzzle della colpa medica. Emergenza pandemica e nuovi orizzonti della non punibilità, cit., 1173 e 1184; Massaro, Responsabilità penale per morte o lesioni derivanti dalla somministrazione del vaccino anti sars-cov-2, cit., 701; Gius. Amato, Scudo penale per i vaccinatori, cit., 50; Natalini, Corte Suprema di cassazione. Ufficio del Massimario e del ruolo. Servizio penale, relazione su novità normativa, cit.  (relazione n. 35/2021), 9.

[95] Cfr. Holzeisen, Considerazioni comuni in merito al Disegno di Legge n. 2488 “Conversione in legge del decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221, recante proroga dello stato di emergenza nazionale e ulteriori misure per il contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19” e al Disegno di Legge n. 2489 “Conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 229, recante misure urgenti per il contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19 e disposizioni in materia di sorveglianza sanitaria”, consultabile agevolmente digitando: https://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg18/attachments/documento_evento_procedura_commissione/files/000/422/335/Avv._DDr._Renate_Holzeisen.pdf  (ins. il 27 gennaio 2022).

[96] Cfr. per Comirnaty di Pfizer/BioNtech: https://ec.europa.eu/health/documents/community-register/2021/20211126154181/anx_154181_it.pdf ;
per Spikevax di Moderna: https://ec.europa.eu/health/documents/community-register/2021/20211208154383/anx_154383_it.pdf ;
per Vaxzevria di AstraZeneca: https://ec.europa.eu/health/documents/community-register/2021/20211123154128/anx_154128_it.pdf ;
per Janssen di Johnson & Johnson: https://ec.europa.eu/health/documents/community-register/2021/20211216154458/anx_154458_it.pdf ;
per Nuvaxovid di Novavax: https://ec.europa.eu/health/documents/community-register/2021/20211220154520/anx_154520_en.pdf .

[97] Cfr. per Comirnaty di Pfizer/BioNtech:https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1281388/DETERMINA_154-2020_COMINRATY.pdf ;
per Spikevax di Moderna: https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1290231/DETERMINA_1-2021_MODERNA.pdf ;
per Vaxzevria di AstraZeneca: https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1312148/DETERMINA_18-2021_ASTRAZENECA.pdf ;
per Janssen di Johnson & Johnson: https://www.aifa.gov.it/documents/20142/920281/DETERMINA_49-2021_JANSEEN.pdf ;
per Nuvaxovid di Novavax: https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1613514/DETERMINA_170-2021_NUVAXOVID.pdf .

[98] V., per quanto riguarda Comirnaty di Pfizer/BioNTech (p. 65 del foglio riassuntivo delle caratteristiche del prodotto – il più recente è aggiornato al 27 gennaio 2022): https://farmaci.agenziafarmaco.gov.it/aifa/servlet/PdfDownloadServlet?pdfFileName=footer_005389_049269_RCP.pdf&retry=0&sys=m0b1l3 ;
v. per quanto riguarda Spikevax di Moderna (p. 17 – il più recente è aggiornato al 29 dicembre 2021): https://farmaci.agenziafarmaco.gov.it/aifa/servlet/PdfDownloadServlet?pdfFileName=footer_005438_049283_RCP.pdf&retry=0&sys=m0b1l3;
v. per quanto riguarda Vaxzevria di AstraZeneca (p. 17 – il più recente è aggiornato al 26 gennaio 2022): https://farmaci.agenziafarmaco.gov.it/aifa/servlet/PdfDownloadServlet?pdfFileName=footer_000690_049314_RCP.pdf&retry=0&sys=m0b1l3
v. per quanto riguarda Janssen di Johnson & Johnson (p. 24 – il più recente è aggiornato al 26 gennaio 2022): https://farmaci.agenziafarmaco.gov.it/aifa/servlet/PdfDownloadServlet?pdfFileName=footer_001306_049395_RCP.pdf&retry=0&sys=m0b1l3 .

[99] Citazione testuale dal sito istituzionale A.I.F.A.: https://www.aifa.gov.it/-/farmaci-con-regime-di-fornitura-limitativo-prescrizione-utilizzazione-e-rimborsabilita .

[100] Così, testualmente : https://www.aifa.gov.it/regime-di-fornitura-dei-farmaci .

[101] Cfr. Villafrate, Per il vaccino Covid serve la prescrizione medica ?, in www.studiocataldi.it, ins. il 4 febbraio 2022. I documenti richiamati (compresa la nota A.I.F.A. n. 0147737 del 17 dicembre 2021) sono reperibili tramite la rete internet digitando:  https://www.cosaproma.it/risposta-nota-aifa .

[102] L’art. 92 del d. lgs. n. 219 del 2006 disciplina i “Medicinali utilizzabili esclusivamente in ambiente ospedaliero o in strutture ad esso assimilabili”, prescrivendo quanto segue:
«1. I medicinali utilizzabili esclusivamente in ambiente ospedaliero sono i medicinali che, per le caratteristiche farmacologiche, o per innovatività, per modalità di somministrazione o per altri motivi di tutela della salute pubblica, non possono essere utilizzati in condizioni  di  sufficiente  sicurezza  al  di  fuori  di   strutture ospedaliere.
2. Tenuto conto delle caratteristiche dei medicinali, l’AIFA può stabilire che l’uso dei medicinali previsti dal comma 1 è’ limitato a taluni centri ospedalieri o, invece, è ammesso anche nelle strutture di ricovero a carattere privato.
3. I medicinali disciplinati dal presente articolo devono recare sull’imballaggio   esterno   o, in   mancanza   di   questo, sul confezionamento primario le frasi: “Uso riservato agli ospedali. Vietata la vendita al pubblico”. Nelle ipotesi previste dal comma 2 la prima frase è modificata in rapporto all’impiego autorizzato del medicinale.
4. I medicinali disciplinati dal presente articolo sono forniti dai produttori e dai grossisti direttamente alle strutture autorizzate a impiegarli o agli enti da cui queste dipendono ovvero alle farmacie».
L’art. 93 del d. lgs. n. 219 del 2006 disciplina i “Medicinali   vendibili   al   pubblico   su prescrizione di centri ospedalieri o di specialisti”:
«1. I medicinali vendibili al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri   o   di specialisti sono i medicinali che, sebbene utilizzabili anche in trattamenti domiciliari, richiedono che la diagnosi sia effettuata in ambienti ospedalieri o in centri che dispongono di mezzi di diagnosi adeguati, o che la diagnosi stessa e, eventualmente, il controllo in corso di trattamento sono riservati allo specialista.
2.  I medicinali di cui al comma 1 devono recare sull’imballaggio esterno o, in mancanza di questo, sul confezionamento primario, dopo le frasi: “Da vendersi dietro presentazione di ricetta medica”, o “Da vendersi dietro presentazione di ricetta medica utilizzabile una sola volta”, la specificazione del tipo di struttura o di specialista autorizzato alla prescrizione».
L’art. 94 del d. lgs. n. 2019 del 2006 disciplina i “Medicinali utilizzabili esclusivamente dallo specialista
«1. I medicinali utilizzabili esclusivamente dallo specialista in ambulatorio   sono   i   medicinali che, per loro caratteristiche farmacologiche e modalità di impiego, sono destinati ad essere utilizzati   direttamente   dallo   specialista   durante la visita ambulatoriale
2.  Lo specialista può utilizzare un medicinale di cui al comma 1 presso il domicilio del paziente, soltanto se la somministrazione dello stesso non necessita di particolari attrezzature ambulatoriali.
3.  I medicinali disciplinati dal presente articolo devono recare sull’imballaggio    esterno   o, in   mancanza   di   questo,  sul confezionamento  primario   le  frasi:  “Uso  riservato  a…”,  con specificazione   dello   specialista   autorizzato   all’impiego  del medicinale, e “Vietata la vendita al pubblico”.
4.  I medicinali disciplinati dal presente articolo possono essere forniti dai produttori e dai grossisti direttamente agli specialisti autorizzati ad impiegarli».

[103] I vaccini Covid-19 sono stati autorizzati dalla Commissione Europea ai sensi del Regolamento (CE) n. 507/2006, in via condizionata e centralizzata con effetto per tutta l’Unione Europea, con decisioni di esecuzione (indicate in ordine cronologico) consultabili in :

per Comirnaty di Pfizer/BioNTech (in data 21 dicembre 2020): https://ec.europa.eu/health/documents/community-register/html/h1528.htm ;

https://ec.europa.eu/health/documents/community-register/2021/20211126154181/anx_15481_it.pdf ;
per Spikevax di Moderna (in data 6 gennaio 2021): https://ec.europa.eu/health/documents/community-register/2021/20210106150575/dec_150575_it.pdf ;
per Vaxzevria di AstraZeneca (imn data 29 gennaio 2021): https://ec.europa.eu/health/documents/community-register/2021/20210129150842/dec_150842_it.pdf ;
per Janssen di Johnson & Johnson (in data 11 marzo 2021): https://ec.europa.eu/health/documents/community-register/2021/20210311151284/dec_151284_it.pdf ;
per Nuvaxovid di Novavax (in data 20 dicembre 2021):https://ec.europa.eu/health/documents/community-register/2021/20211220154520/dec_154520_en.pdf .
Il regolamento CE n. 507/2006 della Commissione del 29 marzo 2006 relativo all’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata dei medicinali per uso umano che rientrano nel campo d’applicazione del regolamento CE n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio è consultabile in lingua italiana in : https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32006R0507&from=EN .

[104] Se ne è dato puntualmente atto alla nota n. 98, cui si rinvia.

[105] La nota ufficiale del 21 marzo 2021 della FNOMCeO, dal titolo “Campagna vaccinale anti Covid, Fnomceo: “Garantire sempre e comunque la sicurezza del cittadino: il medico sia presente in ogni sede vaccinale, comprese le farmacie e le parafarmacie”, è consultabile nel sito istituzionale dell’Ente digitando, tramite motore di ricerca, la seguente stringa :https://portale.fnomceo.it/campagna-vaccinale-anti-covid-fnomceo-garantire-sempre-e-comunque-la-sicurezza-del-cittadino-il-medico-sia-presente-in-ogni-sede-vaccinale-comprese-le-farmacie-e-le-parafarmacie/ .

[106] Per la consultazione dell’art. 13 del Codice di deontologia medica (aggiornato al 6 febbraio 2020) v.: https://portale.fnomceo.it/wp-content/uploads/2020/04/CODICE-DEONTOLOGIA-MEDICA-2014-e-aggiornamenti.pdf .

[107] Il tema del linguaggio oscuro del legislatore, antitetico rispetto al modello auspicato da Montesquieu (”Lo spirito delle leggi”) di poche e chiare leggi, oggetto di più studi, non può essere in questa sede utilmente affrontato, stanti i confini del presente contributo: sia sufficiente il richiamo, in linea generale, all’icastico passaggio che vi dedica Cordero (Procedura penale, Milano, 2000, 4), secondo cui «E’ una lingua artificiale il diritto, talvolta misteriosa» e, ampiamente, agli atti del convegno del 15 settembre 2011 presso Palazzo Montecitorio in Roma sul tema La buona scrittura delle leggi, raccolti a cura di Zaccaria, Roma, 2012, ed agli studi dedicati al tema dai Professori Michele Ainis, La legge oscura Bari, 2010, e Vittorio Italia, Le leggi: poche, brevi e chiare, Milano, 2020, oltre che, con specifico riferimento al tema dei provvedimenti approvati a causa dell’emergenza sanitaria, alle riflessioni del Prof. Sabino Cassese, La lingua oscura delle leggi (e i danni chiari a tutta la politica), in Il Corriere della sera, 8 gennaio 2022, 1 e 24.  

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