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Raccolta di denaro presso privati risparmiatori con contratti di associazione in partecipazione e reato ex art 166 T.U.F.

 

Corte di Cassazione, Sez. V, sentenza 24 aprile 2019 (dep. 30 settembre 2019), n. 40056, Vessichelli Presidente – Calaselice Relatore – Picardi P.M. (conf.)

La vicenda sottoposta alla Corte di Cassazione trae origine dalle condotte di un amministratore di una società britannica e di altri soggetti, tutti ricoprenti cariche sociali, che raccoglievano denaro da risparmiatori privati offrendo loro contratti di associazione in partecipazione nella società, senza autorizzazione amministrativa e senza che l’ente fosse iscritto all’apposito albo.

Nessun dubbio secondo la Cassazione circa la sussumibilità della condotta degli imputati nel reato di cui all’art. 166 T.U.F. poiché la raccolta di denaro presso privati risparmiatori, attraverso la stipula di contratti di associazione in partecipazione, in quanto rappresentativi di quote di organismo di investimento collettivo, sono qualificabili quali “strumenti finanziari”.

Infatti, precisa la Corte che la nozione di strumento finanziario è stata introdotta dal d.lgs. 23 luglio 1996, n. 415 in attuazione della direttiva comunitaria 93/22/CE del 10 maggio 1993 ed è contenuta all’art. 1, comma 2, del d.lgs. citato, che riporta un elenco tra i quali si annoverano anche i titoli di massa.

Tra i titoli di massa si ricomprendono i titoli rappresentativi del capitale di rischio tra i quali, secondo la Corte, rientrano altresì i certificati rappresentativi del rapporto di associazione in partecipazione. Questi, in quanto rappresentativi di quote di un organismo di investimento collettivo, sono quindi strumenti finanziari secondo la nozione dell’art. 1, comma 2, T.U.F., derivata dalla Sezione C dell’allegato 1 al citato Testo Unico.

Inoltre, la Corte di Cassazione precisa che ai fini della configurazione del reato è irrilevante che vi sia stato o meno un effettivo danno agli investitori.

Il reato è infatti un illecito di pericolo astratto (ex multis Cass., pen. Sez. V, 16.01.2015, n. 25160, in C.E.D. Cass, n. 265299), che tutela il regolare ed ordinato funzionamento del mercato mobiliare, il cui turbamento va scongiurato proprio allo scopo di evitare il verificarsi di un danno nei confronti dei soggetti che agiscono nel mercato stesso.

Le perdite o il guadagno da parte degli investitori sono quindi elementi fattuali irrilevanti per il perfezionamento della fattispecie ex art 166 T.U.F.

Si precisa, infatti, che nel caso in cui la condotta provochi un danno viene a configurarsi oltre al reato di abusivismo anche quello di truffa (una per tutte vedasi Cass., pen. Sez. II, 09.09.2010, n. 42085, in ivi, n. 258510).

Cass., Sez. V, 24 aprile 2019 (dep. 30 settembre 2019), n. 40056

 

 

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