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Recensione “The Right to Counsel and the Protection of Attorney-Client Privilege in Criminal Proceedings. A comparative View”

“The Right to Counsel and the Protection of Attorney-Client Privilege in Criminal Proceedings. A comparative View”, a cura di Lorena Bachmaier Winter, Stephen C. Thaman e Veronica Lynn, Springer, 2020. 

 

Nel contesto degli studi di diritto comparato, un posto di rilievo occupa l’opera collettanea “The Right to Counsel and the Protection of Attorney-Client Privilege in Criminal Proceedings. A Comparative View”, curata dai Professori Lorena BachmaierWinter, Stephen C. Thaman e Veronica Lynn, pubblicata nella prestigiosa collana Ius StudiorumGlobal Studies in Comparative Law, edita da Springer. 

Il volume è composto da dodici capitoli nei quali accademici ed esperti del settore, mediante il sistema del questionario, analizzano la disciplina nazionale relativa alla tutela della segretezza delle comunicazioni nel rapporto difensore/cliente, previa ricostruzione del sistema di accesso alla difesa tecnica nel procedimento penale. Diversi sono i sistemi processuali rappresentati: accanto a paesi “europei” come Germania, Grecia, Italia, Olanda, Portogallo, Spagna, Svizzera, Turchia e Regno Unito, si trovano Cina e Giappone, nonché gli Stati Uniti, espressione dei sistemi di common law

Questa ricostruzione costituisce la base per poi esplorare, in chiave comparatistica, le modalità con le quali viene tutelato il fondamentale diritto alla difesa e alla riservatezza nel procedimento penale e le conseguenze che derivano dalla violazione dei suddetti diritti: fanno da sfondo all’indagine i principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, nonché la direttiva 2013/48/UE, relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale, che ha consentito di raggiungere un certo livello di armonizzazione a livello europeo. 

Come chiarito nell’introduzione, la scelta di affrontare questo tema in una prospettiva dapprima nazionale e poi comparata è stata determinata dai nuovi rischi legati all’avvento della giustizia “2.0”. La rivoluzione digitale in atto ha, infatti, segnato un massiccio ricorso all’utilizzo di misure investigative “elettroniche” – spesso prive di una disciplina a livello nazionale o, laddove presente, contrassegnata da “vuoti” – che possono pregiudicare la natura confidenziale del rapporto difensore/cliente. Contestualmente, la “digitalizzazione” ha attribuito all’attività di indagine una dimensione sempre più “transnazionale”: ciò significa che le garanzie processuali predisposte dai singoli ordinamenti si rivelano insufficienti a tutelare la riservatezza, di fronte alla concreta possibilità che le informazioni e le conversazioni acquisite digitalmente in un determinato Stato possano essere utilizzate in una diversa giurisdizione. Del pari insufficiente si profila la previsione di regole di esclusione probatoria: al riguardo, infatti, la disciplina relativa all’utilizzazione delle prove acquisite all’estero varia considerevolmente nei singoli sistemi. Le divergenze e la sovrapposizione di regole, principi e prassi incrementano le complessità della giustizia transnazionale e contribuiscono a creare un regime di incertezza, con un impatto negativo sulla protezione dei diritti fondamentali, sull’efficienza della cooperazione giudiziaria internazionale e sul regime di ammissione delle prove.

Le complessità inerenti alla tutela della riservatezza si amplificano poi nell’ambito della disciplina relativa agli avvocati interni alle società: non è infatti del tutto chiara la portata della garanzia con riferimento ai reati commessi dalle persone giuridiche. Negli ordinamenti giuridici che hanno introdotto la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche è oggetto di dibattito se tali avvocati godano dello stesso livello di protezione degli avvocati “indipendenti” e se il privilegio si applichi nell’ambito delle c.d. investigazioni interne. 

Infine, nell’approccio al diritto alla riservatezza nel rapporto tra il difensore e il suo cliente, pare emergere una contraddizione a livello normativo: nonostante sia fortemente percepita la necessità di proteggere questo diritto, strettamente funzionale a un’effettiva difesa, alcune disposizioni contenute nella legislazione in materia di contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo internazionale sembrano andare nella direzione opposta. 

Queste poche righe rivelano la necessità, più volte sottolineata nell’opera, di tenere alto, non soltanto a livello nazionale, il grado di attenzione sul tema del diritto alla riservatezza nel rapporto tra difensore e cliente nelle dinamiche del procedimento penale: fondamentale, come suggerito nel volume, il ruolo che le associazioni degli avvocati sono chiamate a svolgere, in qualità di “sentinelle”, di fronte a improvvide iniziative normative. 

In sintesi, si tratta di uno studio che, anche grazie all’abilità dei curatori e alla loro esperienza nell’ambito della comparazione, offre una inedita chiave di lettura per affrontare le nuove sfide legate alla tutela dei diritti umani in ambito transnazionale e, in particolare, del diritto alla difesa nei procedimenti penali nell’era digitale.

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