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Revoca della liberazione anticipata in caso di applicazione di misura di sicurezza: inammissibile le questione

Segnaliamo la sentenza della Corte Costituzionale n. 17/2021 depositata l’11 febbraio 2021.

Nel caso di specie, con ordinanza del 22 ottobre 2019 (r.o. n. 26 del 2020) il Tribunale di sorveglianza di Bologna ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 54, comma 3, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nella parte in cui non prevede che la revoca della liberazione anticipata possa essere disposta, oltre che per la sopravvenuta condanna per un delitto non colposo commesso nel corso dell’esecuzione, successivamente alla concessione del beneficio, anche nei casi di sopravvenuta assoluzione e di contestuale applicazione di una misura di sicurezza per un fatto qualificato ex art. 115 del codice penale.

Il giudice a quo lamenta che il tenore della disposizione censurata non consente in simile fattispecie la revoca del beneficio, poiché si riferisce testualmente al sopravvenire di una sentenza di «condanna». L’art. 54, comma 3, ordin. penit. non sarebbe del resto suscettibile di alcuna applicazione analogica, poiché introdurrebbe una eccezione alla «regola generale, che sancisce con carattere di definitività l’attribuzione del beneficio al condannato che dia prova di partecipazione all’opera rieducativa».

Nondimeno, sempre a parere del rimettente, la disciplina della revoca del beneficio, nell’ipotesi di “quasi reato”, e particolarmente nel caso dell’applicazione di una misura di sicurezza, dovrebbe essere analoga a quella della condanna per un delitto non colposo, anche tentato, data l’identità dei fatti, sia sotto il profilo dell’intenzione criminale che della pericolosità criminale rispettivamente espresse dagli autori. L’impossibilità di procedere in tal senso determinerebbe la lesione dell’art. 3 Cost.

Risulterebbe violato anche il principio di necessaria finalizzazione rieducativa della pena (art. 27, terzo comma, Cost.). L’attuazione di tale principio dovrebbe infatti consentire alla magistratura di sorveglianza di valutare – anche riconsiderando l’applicazione del beneficio accordato – eventuali sopravvenienze, sintomatiche in misura significativa della mancata adesione del condannato al trattamento o al progetto di risocializzazione, ed espressive, al pari di un delitto tentato, dell’intenzione criminosa e della pericolosità sociale dell’autore.

Per queste ragioni, il rimettente dubita che l’art. 54, comma 3, ordin. penit. sia costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui non prevede che la revoca della liberazione anticipata possa essere disposta – oltre che per la sopravvenuta condanna per un delitto non colposo commesso nel corso dell’esecuzione successivamente alla concessione del beneficio – anche nei casi di sopravvenuta assoluzione e di contestuale applicazione di una misura di sicurezza per un fatto qualificato ex art. 115 cod. pen.

Sono, tuttavia, state dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 54, comma 3, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale di sorveglianza di Bologna, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

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