The author examines the bill AC 552 presented by MP Giachetti on the subject of early releases. In particular, he addresses the critical issues of the proposal, both theoretical and practical, in order to contribute to the elimination or correction of its systematic defects.
Sommario: 1. Introduzione. – 2. Modifiche strutturali: l’entità dello sconto. – 2.1. La competenza funzionale – 2.2. La funzione del premio – 2.3. Il procedimento – 3. Modifiche straordinarie: l’entità dello sconto speciale – 3.1. Il dilemma degli “ostativi” – 3.2. La competenza funzionale e il procedimento.
1. Introduzione
È in discussione dinanzi alla Commissione giustizia della Camera dei deputati il disegno di legge AC 552, in materia di liberazione anticipata, di iniziativa dell’on. Giachetti.
Si intende agire contro il sovraffollamento delle carceri con il combinato disposto di misure straordinarie e di misure strutturali: da una parte si vorrebbe iniettare nel sistema penitenziario una nuova dose di “liberazione anticipata speciale”, sul modello di quella introdotta nel 2013[1]; dall’altra parte si vorrebbe “riformare” la liberazione anticipata ordinaria, modificando l’entità del premio nonché le regole di procedura (in particolare sulla competenza funzionale), in un’ottica di semplificazione strumentale anche alla più rapida applicazione della misura speciale.
Il disegno di legge ha dato vita, tuttavia, a serie perplessità, da più parti manifestate anche in sede di audizioni informali dinanzi alla Commissione giustizia[2], ed appare perciò destinato ad essere profondamente modificato durante l’iter parlamentare. È comunque utile una analisi critica del disegno di legge, al fine di favorire il dibattito su una proposta che resta l’ineludibile punto di partenza, nonché il metro di paragone, dei possibili correttivi.
In questa direzione, conviene procedere esaminando dapprima gli interventi di carattere strutturale e poi le modifiche di carattere straordinario.
2. Modifiche strutturali: l’entità dello sconto
Il vigente art. 54, comma 1, ord. penit. prevede una detrazione di pena pari a quarantacinque giorni per ogni semestre in cui il detenuto abbia dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione. Dal punto di vista storico, si tratta di un nuovo innalzamento della misura del premio: all’entrata in vigore della legge penitenziaria, era di venti giorni; la “Legge Gozzini”[3] la ha innalzata a quarantacinque; il d.d.l. Giachetti propone di elevarla a sessanta[4].
La ratio normativa – si legge nella Relazione illustrativa – è quella di «rafforzare il “patto” di convivenza civile nelle prigioni e di incentivare la buona e regolare condotta e l’adesione a tutte le opportunità risocializzanti che l’espiazione della pena offre», anche al fine di tutelare la sicurezza degli operatori penitenziari. La spiegazione non convince del tutto, perché lascia trapelare l’idea secondo la quale una riduzione di pena pari a tre mesi (invece che a quattro) per anno non sia sufficiente a incentivare il detenuto ad intraprendere percorsi rieducativi, quando il reale problema qui risiede, piuttosto, nella povertà dell’offerta trattamentale.
Nondimeno, l’incremento della misura premiale troverebbe una sua giustificazione, nella misura in cui esso può cooperare ad una – complessiva – “riduzione” della pena carceraria, la cui afflittività, per la parte connessa alla dimensione temporale, cresce assieme al progredire delle condizioni sociali, e quindi delle opportunità concesse alle persone in libertà[5].
2.1. La competenza funzionale
Il punto più delicato della proposta concerne il nuovo comma 2-bis, il quale andrebbe a definire il nuovo assetto della competenza funzionale. La vigente disciplina la attribuisce al magistrato di sorveglianza. L’AC 552, invece, la sdoppierebbe: di regola «provvede» il direttore dell’Istituto penitenziario, salvo che «il condannato sia incorso in una sanzione disciplinare che possa pregiudicare la partecipazione all’opera di rieducazione». In tal caso, verrebbe nuovamente chiamato in causa il magistrato di sorveglianza, al quale il direttore dovrebbe trasmettere gli atti.
Le fattispecie previste dalla proposta, pertanto, sono tre: a) il direttore, in assenza di sanzioni disciplinari, deve obbligatoriamente procedere alla detrazione; b) in presenza di sanzioni disciplinari[6], egli deve provvedere nello stesso senso ove ritenga che le stesse non «possa[no] pregiudicare la partecipazione all’opera di rieducazione»; c) diversamente, in presenza di rilievi disciplinari potenzialmente “pregiudizievoli”[7], deve trasmettere gli atti al magistrato.
La prima fattispecie, che non emerge in maniera esplicita dal testo normativo, si ricava in via interpretativa, anche senza considerare la volontà del “legislatore”, per come espressa nella Relazione illustrativa[8]. Laddove, infatti, si intenda interpretare la previsione nel senso che il direttore possa negare il beneficio in presenza di una condotta esente da rilievi disciplinari ma inidonea ad integrare il requisito della partecipazione all’opera di rieducazione, sfuggirebbe del tutto il senso di un sistema di competenze che chiama in causa il magistrato di sorveglianza nel solo caso, maggiormente problematico, in cui risulti un provvedimento disciplinare.
Questa interpretazione, peraltro, si impone anche in un’ottica costituzionalmente orientata. Invero, l’attribuzione al direttore del potere di negare la detrazione di pena amplificherebbe i sospetti di incostituzionalità rispetto alla riserva di giurisdizione sulla libertà personale; sospetti che comunque residuano per il caso in cui risulti una infrazione disciplinare. Invero, mentre nella fattispecie “vincolata” il direttore del carcere dovrebbe soltanto attuare il comando legislativo, e quindi procedere alla detrazione di pena prendendo atto dell’assenza di rilievi disciplinari[9], nella fattispecie “discrezionale” egli dovrebbe decidere se concedere il beneficio dopo averne valutato la meritevolezza, in un giudizio che dipende dalla gravità che ritenga di attribuire alla infrazione.
È innegabile la tensione della proposta in esame rispetto all’art. 13 Cost. L’incostituzionalità della eventuale novella, però, non è lapalissiana, ove si consideri che il parametro costituzionale impone l’atto motivato dell’autorità giudiziaria per ogni «restrizione della libertà personale», mentre la decisione relativa alla concessione della liberazione anticipata (a differenza di quella sulla revoca) è ascrivibile ai provvedimenti “ampliativi”. Potremmo obiettare, non senza fondamento, che il diniego della detrazione a chi ne abbia diritto si traduce nella compressione di quello che altrimenti sarebbe uno spazio di libertà. Sennonché, si potrebbe ribattere, il direttore non è titolare di un potere di diniego; anzi, egli è obbligato a trasmettere gli atti al magistrato nei casi suscettibili di tradursi in una restrizione della libertà[10].
Qualche sospetto di incostituzionalità potrebbe essere avanzato anche rispetto al principio del giudice naturale, dal momento che l’autorità competente per la decisione non è individuabile sulla base di criteri oggettivi, ma dipende dal giudizio – insindacabile – del direttore del carcere.
Vi è poi l’ulteriore ostacolo rappresentato dal famoso precedente costituzionale del ’74 che, censurando la facoltà del Ministro della giustizia di concedere la liberazione condizionale, ha aperto la strada alla piena giurisdizionalizzazione dell’espiazione carceraria[11]. In tale arresto, la Consulta osservava, tra l’altro, che la «rinuncia» da parte dello Stato alla pretesa punitiva «non può certamente far capo ad un organo dell’esecutivo, ma ad un organo giudiziario, con tutte le garanzie sia per lo Stato che per il condannato stesso». Ecco che la discrezionalità attribuita al direttore, laddove venga esercitata nel senso della detrazione di pena, verrebbe a consistere in una parziale «rinuncia» alla pretesa punitiva per mano di un’autorità amministrativa.
Al di là dei seri dubbi di incostituzionalità, è sicuramente inopportuna la scelta di rimettere la decisione de libertate all’apprezzamento della stessa autorità deputata a garantire l’ordine e la sicurezza all’interno del carcere, in primo luogo perché rischia di influenzarne gli equilibri interni, in secondo luogo perché crea delicati problemi di ordine interpretativo e operativo.
Non si comprende, ad esempio, se il direttore, chiamato a valutare l’istanza riferita a due semestri, uno segnato da regolare condotta e l’altro connotato da una infrazione grave, debba provvedere per il primo e trasmettere gli atti per il secondo oppure, come pare ragionevole, vista la natura non rigida del principio di semestralizzazione, debba declinare del tutto la competenza (insomma, una bizzarra competenza funzionale che può dipendere anche dalla periodicità nella presentazione delle istanze o dalla celerità dell’ufficio nella loro evasione).
E qual è l’autorità competente ad evadere l’istanza del soggetto trasferito medio tempore presso altro Istituto? Vale il principio della perpetuatio iurisdictionis, in analogia a quanto previsto per il magistrato dall’art. 677, comma 1, c.p.p.?
Quid iuris, infine, nel caso di istanza del soggetto in affidamento in prova? L’art. 47, comma 12-bis, ord. penit. rinvia all’art. 69, comma 8, ord. penit., che, con il d.d.l. Giachetti, va a prevedere che il magistrato «provvede con ordinanza sulla riduzione di pena per la liberazione anticipata su richiesta del direttore dell’istituto, ai sensi dell’articolo 54, comma 2-bis». Si tratta di un rinvio al meccanismo della doppia competenza (e allora bisognerebbe interrogarsi, tra l’altro, sulla competenza territoriale del direttore) o solo un difetto di coordinamento?
Sono evidentemente tanti i motivi per rimeditare l’idea dell’attribuzione della competenza funzionale al direttore del carcere.
2.2. La funzione del premio
Per altro verso, la modifica delle regole di attribuzione della competenza funzionale contiene in sé la messa in discussione della funzione della liberazione anticipata, posto che la stessa sembra qui declinata come premio alla regolare condotta detentiva, piuttosto che alla partecipazione all’opera di rieducazione. Resta quello, sulla carta, il presupposto della liberazione anticipata (il comma 1 che lo prevede non viene modificato sul punto), ma finisce per appiattirsi sull’assenza di sanzioni disciplinari, nella misura in cui il direttore, in tal caso, deve accordare il beneficio. La Relazione illustrativa, del resto, spiega che, considerata la situazione di sovraffollamento e le sue conseguenze, nonché la (nota) difficoltà degli uffici di sorveglianza di pronunciarsi sulle istanze, che il più delle volte vengono accolte, bisognerebbe «rendere automatica la concessione del beneficio, ricorrendo al magistrato di sorveglianza solo nel caso in cui la direzione dell’istituto di pena segnali, con relazione motivata, la condotta negativa del detenuto».
La proposta assume così il sapore di rinuncia alla funzione promozionale della liberazione anticipata: senza con ciò voler negare che essa risulti strumentale alle esigenze di ordine degli istituti penitenziari, non è quello il suo scopo principale (al quale, invece, guarda la materia disciplinare): l’istituto mira piuttosto ad incentivare l’adesione (incoercibile) all’offerta rieducativa e non già il mero rispetto delle regole dell’Istituto[12].
La stessa equazione “regolare condotta detentiva = partecipazione all’opera di rieducazione” è errata anche se esaminata con il metro delle disfunzioni di sistema, perché è possibile che il detenuto tenga una condotta esemplare sul piano disciplinare e che le opportunità trattamentali che gli vengano offerte siano poche, ma che, comunque, egli intenda rifiutare pure quelle.
2.3. Il procedimento
Altra grande criticità del disegno normativo è la totale assenza di disposizioni che, in caso di decisione del direttore, descrivano il procedimento applicativo e indichino i casi e i mezzi di impugnazione. La grave lacuna, in mancanza di correttivi legislativi, imporrebbe all’interprete di misurarsi con il difficile tentativo di “sanare” il vizio.
In prima battuta, ci si dovrebbe chiedere se non sia possibile ricavare in via interpretativa una procedura impugnatoria sulla falsa riga di quella prevista in materia dal vigente art. 69-bis ord. penit., a mente del quale la decisione assunta de plano del magistrato di sorveglianza è reclamabile dinanzi al tribunale di sorveglianza, ove si procede nel contraddittorio tra le parti. Si tratterebbe di compiere un’operazione di applicazione analogica, “introducendo” un nuovo «caso» in cui il provvedimento sulla liberazione anticipata è suscettibile di reclamo al tribunale di sorveglianza e “riadattando” alla figura amministrativa la procedura strutturata per l’autorità giudiziaria. Sennonché questo tentativo esegetico, così creativo, difficilmente potrebbe resistere all’urto del principio di tassatività che governa la materia delle impugnazioni.
Scartata questa possibilità, ci si dovrebbe confrontare con l’ipotesi di ritenere applicabile il reclamo giurisdizionale in materia di diritti (artt. 35-bis e 69, comma 6, lett. b, ord. penit.). Anche questa soluzione ermeneutica è difficilmente praticabile e comunque insoddisfacente. Le ragioni che giustificano tale conclusione sono diverse: i) il reclamo giurisdizionale è esperibile soltanto dai soggetti ristretti, non anche dal p.m.; ii) è azionabile a fronte della «inosservanza da parte dell’amministrazione di disposizioni previste [dall’ordinamento penitenziario] e dal relativo regolamento, dalla quale derivi al detenuto o all’internato un attuale e grave pregiudizio all’esercizio dei diritti», e quindi concerne “il trattamento penitenziario” e, più in generale, la vita detentiva; iii) con l’accoglimento del reclamo in materia di diritti, il giudice può «ordina[re] all’amministrazione di porre rimedio», non già di annullare il provvedimento, come risulterebbe necessario rispetto al provvedimento del direttore sulla liberazione anticipata.
Altrettanti problemi di ordine interpretativo e attuativo si presenterebbero all’interrogativo circa la esperibilità del ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost. In primo luogo, se di certo il provvedimento in esame verterebbe sulla «libertà personale», è altrettanto vero che a pronunciarlo sarebbe una figura istituzionale (il direttore del carcere) non rientrante tra «gli organi giurisdizionali». In secondo luogo, la concreta attuabilità della procedura richiederebbe una difficile – quando possibile – opera di riadattamento delle regole codicistiche in tema di impugnazioni (riferite ai provvedimenti dell’autorità giudiziaria).
In definitiva, laddove non si volesse compiere un passo indietro rispetto alla redistribuzione di competenza, si dovrebbe procedere ad emendare la proposta per colmare la lacuna segnalata, “sanabile” dall’interprete soltanto intraprendendo strade esegetiche ad ostacoli o, a rigore, senza via d’uscita.
3. Modifiche straordinarie: l’entità dello sconto speciale
Veniamo alla parte “straordinaria” del disegno di legge.
La proposta è quella di introdurre una «liberazione anticipata speciale, sulla falsariga di quella prevista nel 2013 per allentare il sovraffollamento post sentenza Torreggiani»[13] (di quel modello vengono recuperati, purtroppo, anche i difetti di coordinamento interno che la dottrina aveva a suo tempo segnalato)[14].
La premialità del beneficio viene dunque portata da sessanta a settantacinque giorni per i semestri ricompresi nei «due anni successivi all’entrata in vigore» della legge.
La Relazione illustrativa attribuisce alla detrazione integrativa la valenza di una misura compensativa del surplus di afflittività della pena conseguente alle disfunzioni derivanti dal sovraffollamento e dall’emergenza sanitaria da Covid-19. Sennonché il presupposto al quale è ancorata la detrazione speciale è costituito dalla partecipazione all’opera di rieducazione: se la misura avesse la natura di indennizzo, dovrebbe essere riconosciuto a tutti – e soltanto a – coloro che abbiano subito il pregiudizio da compensare, a prescindere dal loro comportamento[15].
L’ulteriore sconto, dunque, altro non è che una misura straordinaria di decongestionamento delle carceri. Di qui, il dubbio che abbia un carattere indulgenziale. Si è osservato, tuttavia, che la premialità del beneficio, se “presa sul serio”, non giustifica questo accostamento: se è innegabile che l’istituto abbia un intento deflativo, esso persegue, a differenza degli interventi clemenziali, «una deflazione selettiva e, in qualche modo, “ragionevole”» [16].
La detrazione pari a settantacinque giorni andrebbe riconosciuta anche ai «condannati che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, hanno già usufruito della liberazione anticipata» e si applicherebbe anche al semestre «in corso di espiazione» a quella data. Questo significa, in altre parole, che, in relazione ai semestri precedenti all’entrata in vigore della legge, ad ultimo quello che comprende la data del 1° gennaio 2016, tutti coloro che abbiano già ottenuto la detrazione di quarantacinque giorni potrebbero beneficiare di un incremento semestrale nella misura di trenta giorni[17].
La previsione, tuttavia, non chiarisce se l’applicazione retroattiva della liberazione anticipata speciale sia riferibile anche a coloro che, per i semestri pregressi, non abbiano ancora ottenuto l’esame dell’istanza di liberazione anticipata. Evidentemente il testo va corretto, per evitare di dover tentare una ristrutturazione esegetica del dato normativo[18], inevitabile alternativa di una fondata censura di incostituzionalità per disparità di trattamento tra situazioni certamente eguali.
Il premio “speciale”, riconosciuto in via originaria o integrativa, non troverebbe applicazione automatica, ma verrebbe concesso soltanto se «nel corso dell’esecuzione della misura successiva alla concessione del beneficio» i condannati «abbiano continuato a dare prova di partecipazione all’opera di rieducazione»[19]. Non è chiaro, però, se questa partecipazione “continuativa” all’opera trattamentale debba essere verificata solo rispetto alle detrazioni già concesse, e quindi ai fini della integrazione, o, come appare ragionevole (ma la legge nulla dice sul punto), anche per le detrazioni disposte ex novo[20].
3.1. Il dilemma degli “ostativi”
Il profilo politicamente più caldo della proposta è costituito dalla applicabilità del beneficio speciale ai condannati per i reati cui all’art. 4-bis ord. penit. Si tratta di una scelta antitetica a quella condotta rispetto alla precedente esperienza di liberazione anticipata speciale[21].
Non stupirebbe se anche stavolta, nel corso dell’iter parlamentare, si decidesse di introdurre una clausola di eccettuazione sul modello di quella già sperimentata e che la giurisprudenza ha ritenuto non discriminatoria valorizzando la «connotazione di maggiore pericolosità» dei reati di cui all’art. 4-bis ord. penit.[22] Resterebbero tuttavia attuali le serie riserve avanzate dalla dottrina, la quale, per l’omonimo istituto introdotto nel 2013, aveva evidenziato come il legislatore, «a parità di positiva partecipazione all’opera rieducativa», avesse premiato «in minor misura alcuni condannati in ragione del titolo del reato»[23], e che «l’eterogenea congerie dell’art. 4-bis ord. penit.» annovera alcuni reati «di assai modesta rilevanza e non ne annovera altri, per ciò stesso non preclusivi, di ben maggiore gravità»[24].
La clausola di eccettuazione, comunque, finirebbe per ridimensionare drasticamente l’utilità dell’intervento normativo, risultando a quel punto irrealizzabile l’auspicata deflazione urgente del sistema penitenziario; scopo al quale risale anche l’accelerazione delle procedure. Invero, per un verso l’eccettuazione riguarderebbe quella fetta di popolazione penitenziaria che incontra preclusioni all’accesso alle misure alternative, e quindi la quasi totalità dei detenuti prossimi alla scarcerazione per fine pena; per altro verso imporrebbe di procedere alle complesse operazioni di “scioglimento dei cumuli”[25], posto che la verifica sull’operatività della condizione ostativa richiede di individuare «il titolo di reato effettivamente in espiazione nel periodo in relazione a cui è chiesto il beneficio»[26].
La maggiore detrazione, vuoi quella ordinaria maggiorata dal d.d.l. vuoi quella speciale, non potrebbe di certo negarsi ai condannati per reati “ostativi” in base all’argomento secondo il quale i ristretti nei circuiti di alta sicurezza non sono di fatto interessati dai percorsi rieducativi, mentre i ristretti nei circuiti 41-bis non lo sono di diritto[27]. Si tratta di una considerazione, la prima, che coglie una disfunzione di sistema, la quale, però, non può andare a svantaggio di chi risulterebbe già danneggiato da una pena meramente contenitiva che non trova un ancoraggio costituzionale. La seconda, invece, si fonda sull’errato presupposto che l’applicazione del regime carcerario differenziato autorizzi la sospensione, oltre che delle regole “ordinarie” di trattamento, del trattamento tout court e dunque della funzione rieducativa della pena. Se così fosse, non soltanto dovrebbe essere coerentemente negata la concedibilità della liberazione anticipata per l’impossibilità di integrarne il requisito di merito (in effetti, è stato sostenuto anche questo[28]); bisognerebbe anche ritenere che l’art. 41-bis ord. penit. sia del tutto incompatibile con l’art. 27, comma 3, Cost.
3.2. La competenza funzionale e il procedimento
La proposta non prevede una speciale competenza o un procedimento ad hoc per la decisione sulla liberazione anticipata speciale. Pertanto, resterebbe applicabile il meccanismo della doppia competenza di cui all’art. 54, comma 2-bis.
Ecco che si ripropone, in forma aggravata, il problema della riserva di giurisdizione. Si potrebbe ritenere, infatti, che il direttore del carcere, in assenza di rilievi disciplinari, ma in mancanza di quella partecipazione continuativa che è presupposto del maggior premio, debba riconoscere il beneficio ordinario (“automatico”), ma possa negare l’abbuono speciale. Ma allora il direttore risulterebbe titolare di un potere discrezionale suscettibile di tradursi nella restrizione della libertà personale.
Va peraltro notato che il beneficio speciale risulta riferibile anche ai semestri espiati in misura alternativa, considerata l’assenza di una clausola di eccettuazione, invece prevista dall’art. 4, comma 5, d.l. n. 146/2013. L’assenza di preclusioni non sembra irragionevole, posto che l’abbuono ha un valore premiale, non già una matrice compensativa, ma complicherebbe di molto il lavoro dei direttori degli Istituti penitenziari, che poco o nulla hanno a che vedere con l’esecuzione penale esterna[29].
Insomma, la scelta di attribuire la competenza funzionale ai direttori, anche qui, pone seri problemi di ordine costituzionale e altrettante difficoltà di ordine operativo, tanto più se si porrà la necessità di procedere alle operazioni di “scioglimento dei cumuli”. Nondimeno il passaggio per gli Uffici di sorveglianza non rassicura affatto rispetto all’obiettivo di agire in fretta contro il sovraffollamento carcerario mediante un ricorso agile alla liberazione anticipata speciale.
Si fa dunque strada la possibilità di attribuire un “frammento” di competenza funzionale al pubblico ministero. Si tratterebbe di conferirgli un potere di mera applicazione dell’abbuono integrativo (“automatico”) rispetto alle liberazioni anticipate già concesse. La proposta, che era stata prospettata dalla c.d. “Commissione Ruotolo”[30] nella sua relazione conclusiva, è stata valorizzata dai primi commentatori del disegno di legge[31] ed è stata posta all’attenzione della Commissione giustizia in sede di audizioni informali[32].
La soluzione risponderebbe alle esigenze di semplificazione, perché consentirebbe di ridurre i passaggi di una procedura in cui il p.m. risulterebbe comunque coinvolto (ma in ultima battuta), spettando a questi procedere all’aggiornamento del titolo esecutivo e all’adozione dell’ordine di scarcerazione una volta ricevuta la comunicazione – sulla concessione del beneficio – ex art. 54, comma 2, ord. penit.
Si direbbe, inoltre, che il meccanismo sia compatibile con la Carta costituzionale perché al p.m. si accorderebbe soltanto il potere di procedere ad una detrazione di pena “ex lege” (un potere prettamente ampliativo, privo di profili di discrezionalità)[33].
Per altro verso, la riduzione addizionale non pare ascrivibile tra le misure clemenziali, posto che, intervenendo a valle di un giudizio di meritevolezza condotto, in via ordinaria, dal giudice di sorveglianza, manterrebbe una natura premiale e selettiva[34].
Certo, resta un’opzione da valutare quella di lasciare inalterata la competenza funzionale degli uffici di sorveglianza. Gli stessi, tuttavia andrebbero potenziati in tempo utile per l’entrata in vigore della legge[35]. Di qui la possibilità, anche questa posta sul tavolo della Commissione giustizia della Camera, di destinare a tali uffici una quota di Addetti all’Ufficio per il Processo[36].
[1] Si tratta dell’istituto previsto dall’art. 4 d.l. 23 dicembre 2013, n. 146, conv. con modif. dalla l. 21 febbraio 2014, n. 10. Sul tema v. Bronzo, Problemi della «liberazione anticipata speciale», in Arch. pen., pp. 619-645; Fiorentin, Decreto svuotacarceri (d.l. 23 dicembre 2013, n. 146), in Il Penalista–Officina del diritto, Giuffrè, 2014, pp. 64-71.
[2] Le audizioni informali sono disponibili al link https://www.camera.it/leg19/126?leg=19&idDocumento=552.
[3] L. 10 ottobre 1986, n. 663.
[4] In realtà, non è la prima volta che si propone di portare la misura della liberazione anticipata a sessanta giorni. Le due proposte più note (una si inseriva nell’iter che portava alla modifica del 2002; l’altra veniva ideata dalla c.d. “Commissione Giostra”, istituita con d.m. 19 luglio 2017) lasciavano immutata la misura “ordinaria” del beneficio a quarantacinque giorni e maggioravano il premio, in un caso di quindici giorni, nell’altro sino a quindici giorni, in presenza di un requisito di merito aggiuntivo, consistente rispettivamente in una «speciale partecipazione all’opera di rieducazione» e nella «proficua partecipazione ai progetti di pubblica utilità» (sulla prima proposta v. Della Casa, La l. 19 dicembre 2002, n. 277 in tema di liberazione anticipata: i tributi alle esigenze di economia processuale e il nonsense dell’affidamento in prova “riducibile”, in Cass. pen., 2003, p. 374 e ss.; sulla seconda v. Commissione Giostra, Il Progetto di riforma penitenziaria, Nuova editrice universitaria, 2019, p. 232 e ss.).
[5] Cfr. Bronzo, Carceri, in Mondo operaio, n. 3/2024, p. 49.
[6] Nell’interpretare la previsione bisognerà – eventualmente – confrontarsi con la consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo la quale, nel giudizio sulla liberazione anticipata, «le infrazioni commesse non rilevano per le loro conseguenze sanzionatorie, ma esclusivamente come dato fattuale, indicativo della mancata adesione al trattamento rieducativo»; sicché, ad esempio, il rigetto dell’istanza di liberazione anticipata, fondato su una sanzione disciplinare, si giustifica anche quando la stessa sia stata «annullata per vizi formali» (Sez. 1, n. 32203 del 26 giugno 2015 in C.E.D. Cass. n. 264293).
[7] Il giudizio di gravità dell’infrazione non dovrebbe poter prescindere dal percorso trattamentale compiuto dall’istante (in questo senso, Sez. I, 27 maggio 2019, n. 30717, ivi, n. 277497).
[8] Vedi infra, sub §2.2.
[9] Cfr. Bronzo, Carceri, cit., p. 49, il quale ha sottolineato che «o si rende automatico lo sconto» (con tutti i problemi che ciò comporta) oppure «la riserva di giurisdizione non tollera deroghe».
[10] Violazione della riserva o no, da più parti si teme che un’interpretazione riduttiva dell’art. 13 Cost. possa essere foriera di produrre una voragine costituzionale, difficile da richiudere (cfr. l’opinione espressa dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale in sede di audizioni informali dinanzi alla Commissione giustizia).
[11] Corte cost., 4 luglio 1974, n. 204, in Giur. cost., 1974, p. 3523, con nota di Vassalli, La liberazione condizionale dall’amministrazione alla giurisdizione.
[12] Vedi Bronzo, Problemi, cit., p. 625.
[13] Bronzo, Carceri, cit., p. 48.
[14] Si vedano Bronzo, Problemi, cit., pp. 619-645; Fiorentin, op. cit., pp. 64-71.
[15] In questo senso, rispetto alla precedente esperienza premiale di natura speciale, Bronzo, Problemi, cit., p. 626; in senso analogo, Giostra, Questione carceraria, insicurezza sociale e populismo penale, in Quest. giust (online), 27 giugno 2024.
[16] Bronzo, Problemi, cit., p. 626.
[17] La soglia temporale del 1° gennaio 2016 sembra individuata al fine di far decorrere l’operatività della nuova liberazione anticipata speciale con l’esaurimento – al 23 dicembre 2015 – della portata applicativa dell’istituto straordinario introdotto con il d.l. n. 146/2013 (in ordine ai profili di diritto intertemporale di quella disciplina v. Fiorentin, op. cit., p. 68; Sez. I, 26 ottobre 2017, n. 58080 in C.E.D. Cass. n. 271617, in motivazione).
[18] Giostra, Liberazione anticipata: una proposta meritoria e necessaria, che richiede una doverosa messa a punto, in Sist. pen. (online), 18 aprile 2024, ritiene che non sia consentito praticare una «lettura estensiva» del dato normativo, vista la natura «eccezionale» della previsione. Rispetto alla analoga misura straordinaria del 2013, Bronzo, Problemi, cit., 630, proponeva una lettura correttiva che riconduceva i “casi esclusi” nella previsione generale di cui al comma 1, non mancando comunque di segnalare gli ostacoli posti da quel percorso ermeneutico. La giurisprudenza, dal canto suo, riteneva la parificazione tra le due situazioni obbligata, proprio per evitare la suddetta disparità di trattamento (Sez. I, 13 settembre 2017, n. 356 in C.E.D. Cass. n. 271997, in motivazione).
[19] Pertanto, come era stato scritto per la disciplina del 2013, si propone di (re)introdurre una «regola derogatoria rispetto al criterio valutativo “atomistico”», posto che «la maggiore detrazione, per i periodi già valutati ai fini del beneficio “ordinario”, viene condizionata alla verifica di una continuativa partecipazione all’opera rieducativa, dal semestre di riferimento al momento dell’istanza» (Bronzo, Problemi, cit., 628).
[20] Ivi, p. 630.
[21] L’art. 4 d.l. n. 146/2013, nel testo originario, non riconnetteva preclusioni assolute alla espiazione di reati rientranti tra quelli di cui all’art. 4-bis ord. penit., anche se prevedeva una regola valutativa più severa di quella relativa al caso dei reati non ostativi: invero, per ottenere l’abbuono di pena nella misura di settantacinque giorni, il ristretto avrebbe dovuto dar «prova, nel periodo di detenzione, di un concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità». Tuttavia, in sede di conversione in legge, veniva introdotta l’eccezione. Vedi le riflessioni di Giostra, Questione carceraria, cit.
[22] Sez. I, 19 dicembre 2014, n. 3130, in C.E.D. Cass. n. 262062, con nota di Ruaro,L’indebita estensione della clausola che preclude la liberazione anticipata speciale ai condannati “socialmente pericolosi”, in Riv. it. dir. proc. pen., 2015, p. 1598 e ss.
[23] Giostra, Questione carceraria, cit.; sul punto, anche Fiorentin, op. cit., p. 74
[24] Giostra, Questione carceraria, cit.
[25] Bronzo, Carceri, cit., p. 49.
[26] Così si è espressa la Corte di cassazione rispetto all’art. 4, comma 1, d.l. n. 146/2013, in Sez. I, 19 dicembre 2014, n. 3130, cit. La Corte ha chiarito, a giustificazione della suindicata conclusione, che la disciplina di cui all’art. 4 bis ord. penit. «non ha creato uno “status” di “detenuto pericoloso” che permea di sé l’intero rapporto esecutivo a prescindere dal titolo specifico di condanna, concretamente in esecuzione»
[27] Sul punto, cfr. l’opinione espressa dal Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo in sede di audizioni informali dinanzi alla Commissione giustizia.
[28] Ibidem.
[29] Rispetto alla eccettuazione prevista per la precedente esperienza di liberazione anticipata speciale, cfr. Fiorentin, op. cit., p. 67, che rilevava l’irragionevolezza di un sistema che riservava un «trattamento deteriore» proprio ai «condannati più meritevoli» e che osservava come l’esigenza deflativa «coinvolge il sistema dell’esecuzione penale nel suo complesso».
[30] Si tratta della Commissione ministeriale istituita con d.m. 13 settembre 2021. Si veda la Relazione finale (17 dicembre 2021), in Sist. pen. online, 11 gennaio 2022, p. 6.
[31] Bronzo, Carceri, cit., p. 49.
[32] Giostra, Liberazione anticipata, cit., si esprime in senso favorevole rispetto alla soluzione indicata, ma mostra aperture rispetto alla possibilità di accordare il potere di detrazione automatica al direttore del carcere.
[33] La possibilità di errori di valutazione o di calcolo (in particolare, in caso di “cumuli” da “sciogliere”) suggerisce, ad ogni modo, di chiarire espressamente quale sia il rimedio per ottenere la correzione.
[34] Fiorentin, op. cit., p. 66, invece, rispetto all’omonima misura introdotta nel 2013, escludeva la formale riconducibilità della misura a quelle clemenziali in ragione dell’assenza di un intervento «officioso», presupponendo un’istanza di parte, e «vincolato», non essendo l’abbuono automatico ma rimesso alla valutazione discrezionale del magistrato.
[35] Giostra, Liberazione anticipata, cit., ha osservato che «non ci troveremmo a questo punto se agli uffici di sorveglianza fossero state destinate risorse del PNRR, come è avvenuto per gli altri uffici giudiziari»
[36] Tale possibilità è stata prospettata dal Garante nazionale e dall’Unione delle Camere Penali Italiane.
Riflessioni a margine di una proposta di legge sulla liberazione anticipata
The author examines the bill AC 552 presented by MP Giachetti on the subject of early releases. In particular, he addresses the critical issues of the proposal, both theoretical and practical, in order to contribute to the elimination or correction of its systematic defects.
Sommario: 1. Introduzione. – 2. Modifiche strutturali: l’entità dello sconto. – 2.1. La competenza funzionale – 2.2. La funzione del premio – 2.3. Il procedimento – 3. Modifiche straordinarie: l’entità dello sconto speciale – 3.1. Il dilemma degli “ostativi” – 3.2. La competenza funzionale e il procedimento.
1. Introduzione
È in discussione dinanzi alla Commissione giustizia della Camera dei deputati il disegno di legge AC 552, in materia di liberazione anticipata, di iniziativa dell’on. Giachetti.
Si intende agire contro il sovraffollamento delle carceri con il combinato disposto di misure straordinarie e di misure strutturali: da una parte si vorrebbe iniettare nel sistema penitenziario una nuova dose di “liberazione anticipata speciale”, sul modello di quella introdotta nel 2013[1]; dall’altra parte si vorrebbe “riformare” la liberazione anticipata ordinaria, modificando l’entità del premio nonché le regole di procedura (in particolare sulla competenza funzionale), in un’ottica di semplificazione strumentale anche alla più rapida applicazione della misura speciale.
Il disegno di legge ha dato vita, tuttavia, a serie perplessità, da più parti manifestate anche in sede di audizioni informali dinanzi alla Commissione giustizia[2], ed appare perciò destinato ad essere profondamente modificato durante l’iter parlamentare. È comunque utile una analisi critica del disegno di legge, al fine di favorire il dibattito su una proposta che resta l’ineludibile punto di partenza, nonché il metro di paragone, dei possibili correttivi.
In questa direzione, conviene procedere esaminando dapprima gli interventi di carattere strutturale e poi le modifiche di carattere straordinario.
2. Modifiche strutturali: l’entità dello sconto
Il vigente art. 54, comma 1, ord. penit. prevede una detrazione di pena pari a quarantacinque giorni per ogni semestre in cui il detenuto abbia dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione. Dal punto di vista storico, si tratta di un nuovo innalzamento della misura del premio: all’entrata in vigore della legge penitenziaria, era di venti giorni; la “Legge Gozzini”[3] la ha innalzata a quarantacinque; il d.d.l. Giachetti propone di elevarla a sessanta[4].
La ratio normativa – si legge nella Relazione illustrativa – è quella di «rafforzare il “patto” di convivenza civile nelle prigioni e di incentivare la buona e regolare condotta e l’adesione a tutte le opportunità risocializzanti che l’espiazione della pena offre», anche al fine di tutelare la sicurezza degli operatori penitenziari. La spiegazione non convince del tutto, perché lascia trapelare l’idea secondo la quale una riduzione di pena pari a tre mesi (invece che a quattro) per anno non sia sufficiente a incentivare il detenuto ad intraprendere percorsi rieducativi, quando il reale problema qui risiede, piuttosto, nella povertà dell’offerta trattamentale.
Nondimeno, l’incremento della misura premiale troverebbe una sua giustificazione, nella misura in cui esso può cooperare ad una – complessiva – “riduzione” della pena carceraria, la cui afflittività, per la parte connessa alla dimensione temporale, cresce assieme al progredire delle condizioni sociali, e quindi delle opportunità concesse alle persone in libertà[5].
2.1. La competenza funzionale
Il punto più delicato della proposta concerne il nuovo comma 2-bis, il quale andrebbe a definire il nuovo assetto della competenza funzionale. La vigente disciplina la attribuisce al magistrato di sorveglianza. L’AC 552, invece, la sdoppierebbe: di regola «provvede» il direttore dell’Istituto penitenziario, salvo che «il condannato sia incorso in una sanzione disciplinare che possa pregiudicare la partecipazione all’opera di rieducazione». In tal caso, verrebbe nuovamente chiamato in causa il magistrato di sorveglianza, al quale il direttore dovrebbe trasmettere gli atti.
Le fattispecie previste dalla proposta, pertanto, sono tre: a) il direttore, in assenza di sanzioni disciplinari, deve obbligatoriamente procedere alla detrazione; b) in presenza di sanzioni disciplinari[6], egli deve provvedere nello stesso senso ove ritenga che le stesse non «possa[no] pregiudicare la partecipazione all’opera di rieducazione»; c) diversamente, in presenza di rilievi disciplinari potenzialmente “pregiudizievoli”[7], deve trasmettere gli atti al magistrato.
La prima fattispecie, che non emerge in maniera esplicita dal testo normativo, si ricava in via interpretativa, anche senza considerare la volontà del “legislatore”, per come espressa nella Relazione illustrativa[8]. Laddove, infatti, si intenda interpretare la previsione nel senso che il direttore possa negare il beneficio in presenza di una condotta esente da rilievi disciplinari ma inidonea ad integrare il requisito della partecipazione all’opera di rieducazione, sfuggirebbe del tutto il senso di un sistema di competenze che chiama in causa il magistrato di sorveglianza nel solo caso, maggiormente problematico, in cui risulti un provvedimento disciplinare.
Questa interpretazione, peraltro, si impone anche in un’ottica costituzionalmente orientata. Invero, l’attribuzione al direttore del potere di negare la detrazione di pena amplificherebbe i sospetti di incostituzionalità rispetto alla riserva di giurisdizione sulla libertà personale; sospetti che comunque residuano per il caso in cui risulti una infrazione disciplinare. Invero, mentre nella fattispecie “vincolata” il direttore del carcere dovrebbe soltanto attuare il comando legislativo, e quindi procedere alla detrazione di pena prendendo atto dell’assenza di rilievi disciplinari[9], nella fattispecie “discrezionale” egli dovrebbe decidere se concedere il beneficio dopo averne valutato la meritevolezza, in un giudizio che dipende dalla gravità che ritenga di attribuire alla infrazione.
È innegabile la tensione della proposta in esame rispetto all’art. 13 Cost. L’incostituzionalità della eventuale novella, però, non è lapalissiana, ove si consideri che il parametro costituzionale impone l’atto motivato dell’autorità giudiziaria per ogni «restrizione della libertà personale», mentre la decisione relativa alla concessione della liberazione anticipata (a differenza di quella sulla revoca) è ascrivibile ai provvedimenti “ampliativi”. Potremmo obiettare, non senza fondamento, che il diniego della detrazione a chi ne abbia diritto si traduce nella compressione di quello che altrimenti sarebbe uno spazio di libertà. Sennonché, si potrebbe ribattere, il direttore non è titolare di un potere di diniego; anzi, egli è obbligato a trasmettere gli atti al magistrato nei casi suscettibili di tradursi in una restrizione della libertà[10].
Qualche sospetto di incostituzionalità potrebbe essere avanzato anche rispetto al principio del giudice naturale, dal momento che l’autorità competente per la decisione non è individuabile sulla base di criteri oggettivi, ma dipende dal giudizio – insindacabile – del direttore del carcere.
Vi è poi l’ulteriore ostacolo rappresentato dal famoso precedente costituzionale del ’74 che, censurando la facoltà del Ministro della giustizia di concedere la liberazione condizionale, ha aperto la strada alla piena giurisdizionalizzazione dell’espiazione carceraria[11]. In tale arresto, la Consulta osservava, tra l’altro, che la «rinuncia» da parte dello Stato alla pretesa punitiva «non può certamente far capo ad un organo dell’esecutivo, ma ad un organo giudiziario, con tutte le garanzie sia per lo Stato che per il condannato stesso». Ecco che la discrezionalità attribuita al direttore, laddove venga esercitata nel senso della detrazione di pena, verrebbe a consistere in una parziale «rinuncia» alla pretesa punitiva per mano di un’autorità amministrativa.
Al di là dei seri dubbi di incostituzionalità, è sicuramente inopportuna la scelta di rimettere la decisione de libertate all’apprezzamento della stessa autorità deputata a garantire l’ordine e la sicurezza all’interno del carcere, in primo luogo perché rischia di influenzarne gli equilibri interni, in secondo luogo perché crea delicati problemi di ordine interpretativo e operativo.
Non si comprende, ad esempio, se il direttore, chiamato a valutare l’istanza riferita a due semestri, uno segnato da regolare condotta e l’altro connotato da una infrazione grave, debba provvedere per il primo e trasmettere gli atti per il secondo oppure, come pare ragionevole, vista la natura non rigida del principio di semestralizzazione, debba declinare del tutto la competenza (insomma, una bizzarra competenza funzionale che può dipendere anche dalla periodicità nella presentazione delle istanze o dalla celerità dell’ufficio nella loro evasione).
E qual è l’autorità competente ad evadere l’istanza del soggetto trasferito medio tempore presso altro Istituto? Vale il principio della perpetuatio iurisdictionis, in analogia a quanto previsto per il magistrato dall’art. 677, comma 1, c.p.p.?
Quid iuris, infine, nel caso di istanza del soggetto in affidamento in prova? L’art. 47, comma 12-bis, ord. penit. rinvia all’art. 69, comma 8, ord. penit., che, con il d.d.l. Giachetti, va a prevedere che il magistrato «provvede con ordinanza sulla riduzione di pena per la liberazione anticipata su richiesta del direttore dell’istituto, ai sensi dell’articolo 54, comma 2-bis». Si tratta di un rinvio al meccanismo della doppia competenza (e allora bisognerebbe interrogarsi, tra l’altro, sulla competenza territoriale del direttore) o solo un difetto di coordinamento?
Sono evidentemente tanti i motivi per rimeditare l’idea dell’attribuzione della competenza funzionale al direttore del carcere.
2.2. La funzione del premio
Per altro verso, la modifica delle regole di attribuzione della competenza funzionale contiene in sé la messa in discussione della funzione della liberazione anticipata, posto che la stessa sembra qui declinata come premio alla regolare condotta detentiva, piuttosto che alla partecipazione all’opera di rieducazione. Resta quello, sulla carta, il presupposto della liberazione anticipata (il comma 1 che lo prevede non viene modificato sul punto), ma finisce per appiattirsi sull’assenza di sanzioni disciplinari, nella misura in cui il direttore, in tal caso, deve accordare il beneficio. La Relazione illustrativa, del resto, spiega che, considerata la situazione di sovraffollamento e le sue conseguenze, nonché la (nota) difficoltà degli uffici di sorveglianza di pronunciarsi sulle istanze, che il più delle volte vengono accolte, bisognerebbe «rendere automatica la concessione del beneficio, ricorrendo al magistrato di sorveglianza solo nel caso in cui la direzione dell’istituto di pena segnali, con relazione motivata, la condotta negativa del detenuto».
La proposta assume così il sapore di rinuncia alla funzione promozionale della liberazione anticipata: senza con ciò voler negare che essa risulti strumentale alle esigenze di ordine degli istituti penitenziari, non è quello il suo scopo principale (al quale, invece, guarda la materia disciplinare): l’istituto mira piuttosto ad incentivare l’adesione (incoercibile) all’offerta rieducativa e non già il mero rispetto delle regole dell’Istituto[12].
La stessa equazione “regolare condotta detentiva = partecipazione all’opera di rieducazione” è errata anche se esaminata con il metro delle disfunzioni di sistema, perché è possibile che il detenuto tenga una condotta esemplare sul piano disciplinare e che le opportunità trattamentali che gli vengano offerte siano poche, ma che, comunque, egli intenda rifiutare pure quelle.
2.3. Il procedimento
Altra grande criticità del disegno normativo è la totale assenza di disposizioni che, in caso di decisione del direttore, descrivano il procedimento applicativo e indichino i casi e i mezzi di impugnazione. La grave lacuna, in mancanza di correttivi legislativi, imporrebbe all’interprete di misurarsi con il difficile tentativo di “sanare” il vizio.
In prima battuta, ci si dovrebbe chiedere se non sia possibile ricavare in via interpretativa una procedura impugnatoria sulla falsa riga di quella prevista in materia dal vigente art. 69-bis ord. penit., a mente del quale la decisione assunta de plano del magistrato di sorveglianza è reclamabile dinanzi al tribunale di sorveglianza, ove si procede nel contraddittorio tra le parti. Si tratterebbe di compiere un’operazione di applicazione analogica, “introducendo” un nuovo «caso» in cui il provvedimento sulla liberazione anticipata è suscettibile di reclamo al tribunale di sorveglianza e “riadattando” alla figura amministrativa la procedura strutturata per l’autorità giudiziaria. Sennonché questo tentativo esegetico, così creativo, difficilmente potrebbe resistere all’urto del principio di tassatività che governa la materia delle impugnazioni.
Scartata questa possibilità, ci si dovrebbe confrontare con l’ipotesi di ritenere applicabile il reclamo giurisdizionale in materia di diritti (artt. 35-bis e 69, comma 6, lett. b, ord. penit.). Anche questa soluzione ermeneutica è difficilmente praticabile e comunque insoddisfacente. Le ragioni che giustificano tale conclusione sono diverse: i) il reclamo giurisdizionale è esperibile soltanto dai soggetti ristretti, non anche dal p.m.; ii) è azionabile a fronte della «inosservanza da parte dell’amministrazione di disposizioni previste [dall’ordinamento penitenziario] e dal relativo regolamento, dalla quale derivi al detenuto o all’internato un attuale e grave pregiudizio all’esercizio dei diritti», e quindi concerne “il trattamento penitenziario” e, più in generale, la vita detentiva; iii) con l’accoglimento del reclamo in materia di diritti, il giudice può «ordina[re] all’amministrazione di porre rimedio», non già di annullare il provvedimento, come risulterebbe necessario rispetto al provvedimento del direttore sulla liberazione anticipata.
Altrettanti problemi di ordine interpretativo e attuativo si presenterebbero all’interrogativo circa la esperibilità del ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost. In primo luogo, se di certo il provvedimento in esame verterebbe sulla «libertà personale», è altrettanto vero che a pronunciarlo sarebbe una figura istituzionale (il direttore del carcere) non rientrante tra «gli organi giurisdizionali». In secondo luogo, la concreta attuabilità della procedura richiederebbe una difficile – quando possibile – opera di riadattamento delle regole codicistiche in tema di impugnazioni (riferite ai provvedimenti dell’autorità giudiziaria).
In definitiva, laddove non si volesse compiere un passo indietro rispetto alla redistribuzione di competenza, si dovrebbe procedere ad emendare la proposta per colmare la lacuna segnalata, “sanabile” dall’interprete soltanto intraprendendo strade esegetiche ad ostacoli o, a rigore, senza via d’uscita.
3. Modifiche straordinarie: l’entità dello sconto speciale
Veniamo alla parte “straordinaria” del disegno di legge.
La proposta è quella di introdurre una «liberazione anticipata speciale, sulla falsariga di quella prevista nel 2013 per allentare il sovraffollamento post sentenza Torreggiani»[13] (di quel modello vengono recuperati, purtroppo, anche i difetti di coordinamento interno che la dottrina aveva a suo tempo segnalato)[14].
La premialità del beneficio viene dunque portata da sessanta a settantacinque giorni per i semestri ricompresi nei «due anni successivi all’entrata in vigore» della legge.
La Relazione illustrativa attribuisce alla detrazione integrativa la valenza di una misura compensativa del surplus di afflittività della pena conseguente alle disfunzioni derivanti dal sovraffollamento e dall’emergenza sanitaria da Covid-19. Sennonché il presupposto al quale è ancorata la detrazione speciale è costituito dalla partecipazione all’opera di rieducazione: se la misura avesse la natura di indennizzo, dovrebbe essere riconosciuto a tutti – e soltanto a – coloro che abbiano subito il pregiudizio da compensare, a prescindere dal loro comportamento[15].
L’ulteriore sconto, dunque, altro non è che una misura straordinaria di decongestionamento delle carceri. Di qui, il dubbio che abbia un carattere indulgenziale. Si è osservato, tuttavia, che la premialità del beneficio, se “presa sul serio”, non giustifica questo accostamento: se è innegabile che l’istituto abbia un intento deflativo, esso persegue, a differenza degli interventi clemenziali, «una deflazione selettiva e, in qualche modo, “ragionevole”» [16].
La detrazione pari a settantacinque giorni andrebbe riconosciuta anche ai «condannati che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, hanno già usufruito della liberazione anticipata» e si applicherebbe anche al semestre «in corso di espiazione» a quella data. Questo significa, in altre parole, che, in relazione ai semestri precedenti all’entrata in vigore della legge, ad ultimo quello che comprende la data del 1° gennaio 2016, tutti coloro che abbiano già ottenuto la detrazione di quarantacinque giorni potrebbero beneficiare di un incremento semestrale nella misura di trenta giorni[17].
La previsione, tuttavia, non chiarisce se l’applicazione retroattiva della liberazione anticipata speciale sia riferibile anche a coloro che, per i semestri pregressi, non abbiano ancora ottenuto l’esame dell’istanza di liberazione anticipata. Evidentemente il testo va corretto, per evitare di dover tentare una ristrutturazione esegetica del dato normativo[18], inevitabile alternativa di una fondata censura di incostituzionalità per disparità di trattamento tra situazioni certamente eguali.
Il premio “speciale”, riconosciuto in via originaria o integrativa, non troverebbe applicazione automatica, ma verrebbe concesso soltanto se «nel corso dell’esecuzione della misura successiva alla concessione del beneficio» i condannati «abbiano continuato a dare prova di partecipazione all’opera di rieducazione»[19]. Non è chiaro, però, se questa partecipazione “continuativa” all’opera trattamentale debba essere verificata solo rispetto alle detrazioni già concesse, e quindi ai fini della integrazione, o, come appare ragionevole (ma la legge nulla dice sul punto), anche per le detrazioni disposte ex novo[20].
3.1. Il dilemma degli “ostativi”
Il profilo politicamente più caldo della proposta è costituito dalla applicabilità del beneficio speciale ai condannati per i reati cui all’art. 4-bis ord. penit. Si tratta di una scelta antitetica a quella condotta rispetto alla precedente esperienza di liberazione anticipata speciale[21].
Non stupirebbe se anche stavolta, nel corso dell’iter parlamentare, si decidesse di introdurre una clausola di eccettuazione sul modello di quella già sperimentata e che la giurisprudenza ha ritenuto non discriminatoria valorizzando la «connotazione di maggiore pericolosità» dei reati di cui all’art. 4-bis ord. penit.[22] Resterebbero tuttavia attuali le serie riserve avanzate dalla dottrina, la quale, per l’omonimo istituto introdotto nel 2013, aveva evidenziato come il legislatore, «a parità di positiva partecipazione all’opera rieducativa», avesse premiato «in minor misura alcuni condannati in ragione del titolo del reato»[23], e che «l’eterogenea congerie dell’art. 4-bis ord. penit.» annovera alcuni reati «di assai modesta rilevanza e non ne annovera altri, per ciò stesso non preclusivi, di ben maggiore gravità»[24].
La clausola di eccettuazione, comunque, finirebbe per ridimensionare drasticamente l’utilità dell’intervento normativo, risultando a quel punto irrealizzabile l’auspicata deflazione urgente del sistema penitenziario; scopo al quale risale anche l’accelerazione delle procedure. Invero, per un verso l’eccettuazione riguarderebbe quella fetta di popolazione penitenziaria che incontra preclusioni all’accesso alle misure alternative, e quindi la quasi totalità dei detenuti prossimi alla scarcerazione per fine pena; per altro verso imporrebbe di procedere alle complesse operazioni di “scioglimento dei cumuli”[25], posto che la verifica sull’operatività della condizione ostativa richiede di individuare «il titolo di reato effettivamente in espiazione nel periodo in relazione a cui è chiesto il beneficio»[26].
La maggiore detrazione, vuoi quella ordinaria maggiorata dal d.d.l. vuoi quella speciale, non potrebbe di certo negarsi ai condannati per reati “ostativi” in base all’argomento secondo il quale i ristretti nei circuiti di alta sicurezza non sono di fatto interessati dai percorsi rieducativi, mentre i ristretti nei circuiti 41-bis non lo sono di diritto[27]. Si tratta di una considerazione, la prima, che coglie una disfunzione di sistema, la quale, però, non può andare a svantaggio di chi risulterebbe già danneggiato da una pena meramente contenitiva che non trova un ancoraggio costituzionale. La seconda, invece, si fonda sull’errato presupposto che l’applicazione del regime carcerario differenziato autorizzi la sospensione, oltre che delle regole “ordinarie” di trattamento, del trattamento tout court e dunque della funzione rieducativa della pena. Se così fosse, non soltanto dovrebbe essere coerentemente negata la concedibilità della liberazione anticipata per l’impossibilità di integrarne il requisito di merito (in effetti, è stato sostenuto anche questo[28]); bisognerebbe anche ritenere che l’art. 41-bis ord. penit. sia del tutto incompatibile con l’art. 27, comma 3, Cost.
3.2. La competenza funzionale e il procedimento
La proposta non prevede una speciale competenza o un procedimento ad hoc per la decisione sulla liberazione anticipata speciale. Pertanto, resterebbe applicabile il meccanismo della doppia competenza di cui all’art. 54, comma 2-bis.
Ecco che si ripropone, in forma aggravata, il problema della riserva di giurisdizione. Si potrebbe ritenere, infatti, che il direttore del carcere, in assenza di rilievi disciplinari, ma in mancanza di quella partecipazione continuativa che è presupposto del maggior premio, debba riconoscere il beneficio ordinario (“automatico”), ma possa negare l’abbuono speciale. Ma allora il direttore risulterebbe titolare di un potere discrezionale suscettibile di tradursi nella restrizione della libertà personale.
Va peraltro notato che il beneficio speciale risulta riferibile anche ai semestri espiati in misura alternativa, considerata l’assenza di una clausola di eccettuazione, invece prevista dall’art. 4, comma 5, d.l. n. 146/2013. L’assenza di preclusioni non sembra irragionevole, posto che l’abbuono ha un valore premiale, non già una matrice compensativa, ma complicherebbe di molto il lavoro dei direttori degli Istituti penitenziari, che poco o nulla hanno a che vedere con l’esecuzione penale esterna[29].
Insomma, la scelta di attribuire la competenza funzionale ai direttori, anche qui, pone seri problemi di ordine costituzionale e altrettante difficoltà di ordine operativo, tanto più se si porrà la necessità di procedere alle operazioni di “scioglimento dei cumuli”. Nondimeno il passaggio per gli Uffici di sorveglianza non rassicura affatto rispetto all’obiettivo di agire in fretta contro il sovraffollamento carcerario mediante un ricorso agile alla liberazione anticipata speciale.
Si fa dunque strada la possibilità di attribuire un “frammento” di competenza funzionale al pubblico ministero. Si tratterebbe di conferirgli un potere di mera applicazione dell’abbuono integrativo (“automatico”) rispetto alle liberazioni anticipate già concesse. La proposta, che era stata prospettata dalla c.d. “Commissione Ruotolo”[30] nella sua relazione conclusiva, è stata valorizzata dai primi commentatori del disegno di legge[31] ed è stata posta all’attenzione della Commissione giustizia in sede di audizioni informali[32].
La soluzione risponderebbe alle esigenze di semplificazione, perché consentirebbe di ridurre i passaggi di una procedura in cui il p.m. risulterebbe comunque coinvolto (ma in ultima battuta), spettando a questi procedere all’aggiornamento del titolo esecutivo e all’adozione dell’ordine di scarcerazione una volta ricevuta la comunicazione – sulla concessione del beneficio – ex art. 54, comma 2, ord. penit.
Si direbbe, inoltre, che il meccanismo sia compatibile con la Carta costituzionale perché al p.m. si accorderebbe soltanto il potere di procedere ad una detrazione di pena “ex lege” (un potere prettamente ampliativo, privo di profili di discrezionalità)[33].
Per altro verso, la riduzione addizionale non pare ascrivibile tra le misure clemenziali, posto che, intervenendo a valle di un giudizio di meritevolezza condotto, in via ordinaria, dal giudice di sorveglianza, manterrebbe una natura premiale e selettiva[34].
Certo, resta un’opzione da valutare quella di lasciare inalterata la competenza funzionale degli uffici di sorveglianza. Gli stessi, tuttavia andrebbero potenziati in tempo utile per l’entrata in vigore della legge[35]. Di qui la possibilità, anche questa posta sul tavolo della Commissione giustizia della Camera, di destinare a tali uffici una quota di Addetti all’Ufficio per il Processo[36].
[1] Si tratta dell’istituto previsto dall’art. 4 d.l. 23 dicembre 2013, n. 146, conv. con modif. dalla l. 21 febbraio 2014, n. 10. Sul tema v. Bronzo, Problemi della «liberazione anticipata speciale», in Arch. pen., pp. 619-645; Fiorentin, Decreto svuotacarceri (d.l. 23 dicembre 2013, n. 146), in Il Penalista–Officina del diritto, Giuffrè, 2014, pp. 64-71.
[2] Le audizioni informali sono disponibili al link https://www.camera.it/leg19/126?leg=19&idDocumento=552.
[3] L. 10 ottobre 1986, n. 663.
[4] In realtà, non è la prima volta che si propone di portare la misura della liberazione anticipata a sessanta giorni. Le due proposte più note (una si inseriva nell’iter che portava alla modifica del 2002; l’altra veniva ideata dalla c.d. “Commissione Giostra”, istituita con d.m. 19 luglio 2017) lasciavano immutata la misura “ordinaria” del beneficio a quarantacinque giorni e maggioravano il premio, in un caso di quindici giorni, nell’altro sino a quindici giorni, in presenza di un requisito di merito aggiuntivo, consistente rispettivamente in una «speciale partecipazione all’opera di rieducazione» e nella «proficua partecipazione ai progetti di pubblica utilità» (sulla prima proposta v. Della Casa, La l. 19 dicembre 2002, n. 277 in tema di liberazione anticipata: i tributi alle esigenze di economia processuale e il nonsense dell’affidamento in prova “riducibile”, in Cass. pen., 2003, p. 374 e ss.; sulla seconda v. Commissione Giostra, Il Progetto di riforma penitenziaria, Nuova editrice universitaria, 2019, p. 232 e ss.).
[5] Cfr. Bronzo, Carceri, in Mondo operaio, n. 3/2024, p. 49.
[6] Nell’interpretare la previsione bisognerà – eventualmente – confrontarsi con la consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo la quale, nel giudizio sulla liberazione anticipata, «le infrazioni commesse non rilevano per le loro conseguenze sanzionatorie, ma esclusivamente come dato fattuale, indicativo della mancata adesione al trattamento rieducativo»; sicché, ad esempio, il rigetto dell’istanza di liberazione anticipata, fondato su una sanzione disciplinare, si giustifica anche quando la stessa sia stata «annullata per vizi formali» (Sez. 1, n. 32203 del 26 giugno 2015 in C.E.D. Cass. n. 264293).
[7] Il giudizio di gravità dell’infrazione non dovrebbe poter prescindere dal percorso trattamentale compiuto dall’istante (in questo senso, Sez. I, 27 maggio 2019, n. 30717, ivi, n. 277497).
[8] Vedi infra, sub §2.2.
[9] Cfr. Bronzo, Carceri, cit., p. 49, il quale ha sottolineato che «o si rende automatico lo sconto» (con tutti i problemi che ciò comporta) oppure «la riserva di giurisdizione non tollera deroghe».
[10] Violazione della riserva o no, da più parti si teme che un’interpretazione riduttiva dell’art. 13 Cost. possa essere foriera di produrre una voragine costituzionale, difficile da richiudere (cfr. l’opinione espressa dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale in sede di audizioni informali dinanzi alla Commissione giustizia).
[11] Corte cost., 4 luglio 1974, n. 204, in Giur. cost., 1974, p. 3523, con nota di Vassalli, La liberazione condizionale dall’amministrazione alla giurisdizione.
[12] Vedi Bronzo, Problemi, cit., p. 625.
[13] Bronzo, Carceri, cit., p. 48.
[14] Si vedano Bronzo, Problemi, cit., pp. 619-645; Fiorentin, op. cit., pp. 64-71.
[15] In questo senso, rispetto alla precedente esperienza premiale di natura speciale, Bronzo, Problemi, cit., p. 626; in senso analogo, Giostra, Questione carceraria, insicurezza sociale e populismo penale, in Quest. giust (online), 27 giugno 2024.
[16] Bronzo, Problemi, cit., p. 626.
[17] La soglia temporale del 1° gennaio 2016 sembra individuata al fine di far decorrere l’operatività della nuova liberazione anticipata speciale con l’esaurimento – al 23 dicembre 2015 – della portata applicativa dell’istituto straordinario introdotto con il d.l. n. 146/2013 (in ordine ai profili di diritto intertemporale di quella disciplina v. Fiorentin, op. cit., p. 68; Sez. I, 26 ottobre 2017, n. 58080 in C.E.D. Cass. n. 271617, in motivazione).
[18] Giostra, Liberazione anticipata: una proposta meritoria e necessaria, che richiede una doverosa messa a punto, in Sist. pen. (online), 18 aprile 2024, ritiene che non sia consentito praticare una «lettura estensiva» del dato normativo, vista la natura «eccezionale» della previsione. Rispetto alla analoga misura straordinaria del 2013, Bronzo, Problemi, cit., 630, proponeva una lettura correttiva che riconduceva i “casi esclusi” nella previsione generale di cui al comma 1, non mancando comunque di segnalare gli ostacoli posti da quel percorso ermeneutico. La giurisprudenza, dal canto suo, riteneva la parificazione tra le due situazioni obbligata, proprio per evitare la suddetta disparità di trattamento (Sez. I, 13 settembre 2017, n. 356 in C.E.D. Cass. n. 271997, in motivazione).
[19] Pertanto, come era stato scritto per la disciplina del 2013, si propone di (re)introdurre una «regola derogatoria rispetto al criterio valutativo “atomistico”», posto che «la maggiore detrazione, per i periodi già valutati ai fini del beneficio “ordinario”, viene condizionata alla verifica di una continuativa partecipazione all’opera rieducativa, dal semestre di riferimento al momento dell’istanza» (Bronzo, Problemi, cit., 628).
[20] Ivi, p. 630.
[21] L’art. 4 d.l. n. 146/2013, nel testo originario, non riconnetteva preclusioni assolute alla espiazione di reati rientranti tra quelli di cui all’art. 4-bis ord. penit., anche se prevedeva una regola valutativa più severa di quella relativa al caso dei reati non ostativi: invero, per ottenere l’abbuono di pena nella misura di settantacinque giorni, il ristretto avrebbe dovuto dar «prova, nel periodo di detenzione, di un concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità». Tuttavia, in sede di conversione in legge, veniva introdotta l’eccezione. Vedi le riflessioni di Giostra, Questione carceraria, cit.
[22] Sez. I, 19 dicembre 2014, n. 3130, in C.E.D. Cass. n. 262062, con nota di Ruaro,L’indebita estensione della clausola che preclude la liberazione anticipata speciale ai condannati “socialmente pericolosi”, in Riv. it. dir. proc. pen., 2015, p. 1598 e ss.
[23] Giostra, Questione carceraria, cit.; sul punto, anche Fiorentin, op. cit., p. 74
[24] Giostra, Questione carceraria, cit.
[25] Bronzo, Carceri, cit., p. 49.
[26] Così si è espressa la Corte di cassazione rispetto all’art. 4, comma 1, d.l. n. 146/2013, in Sez. I, 19 dicembre 2014, n. 3130, cit. La Corte ha chiarito, a giustificazione della suindicata conclusione, che la disciplina di cui all’art. 4 bis ord. penit. «non ha creato uno “status” di “detenuto pericoloso” che permea di sé l’intero rapporto esecutivo a prescindere dal titolo specifico di condanna, concretamente in esecuzione»
[27] Sul punto, cfr. l’opinione espressa dal Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo in sede di audizioni informali dinanzi alla Commissione giustizia.
[28] Ibidem.
[29] Rispetto alla eccettuazione prevista per la precedente esperienza di liberazione anticipata speciale, cfr. Fiorentin, op. cit., p. 67, che rilevava l’irragionevolezza di un sistema che riservava un «trattamento deteriore» proprio ai «condannati più meritevoli» e che osservava come l’esigenza deflativa «coinvolge il sistema dell’esecuzione penale nel suo complesso».
[30] Si tratta della Commissione ministeriale istituita con d.m. 13 settembre 2021. Si veda la Relazione finale (17 dicembre 2021), in Sist. pen. online, 11 gennaio 2022, p. 6.
[31] Bronzo, Carceri, cit., p. 49.
[32] Giostra, Liberazione anticipata, cit., si esprime in senso favorevole rispetto alla soluzione indicata, ma mostra aperture rispetto alla possibilità di accordare il potere di detrazione automatica al direttore del carcere.
[33] La possibilità di errori di valutazione o di calcolo (in particolare, in caso di “cumuli” da “sciogliere”) suggerisce, ad ogni modo, di chiarire espressamente quale sia il rimedio per ottenere la correzione.
[34] Fiorentin, op. cit., p. 66, invece, rispetto all’omonima misura introdotta nel 2013, escludeva la formale riconducibilità della misura a quelle clemenziali in ragione dell’assenza di un intervento «officioso», presupponendo un’istanza di parte, e «vincolato», non essendo l’abbuono automatico ma rimesso alla valutazione discrezionale del magistrato.
[35] Giostra, Liberazione anticipata, cit., ha osservato che «non ci troveremmo a questo punto se agli uffici di sorveglianza fossero state destinate risorse del PNRR, come è avvenuto per gli altri uffici giudiziari»
[36] Tale possibilità è stata prospettata dal Garante nazionale e dall’Unione delle Camere Penali Italiane.
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