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Riforma Nordio e vacatio legis

Il giorno 10.8.2024 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale la legge 9.8.2024 n. 114 contenente il ddl Nordio recante modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all’ordinamento giudiziario e al codice dell’ordinamento militare, presentato al Senato n. 808 il 19.7.2023 e approvato dal Senato il 13.2.2024 e dalla Camera, in via definitiva, il 10.7.2024.

Come emerge da queste indicazioni il Presidente della Repubblica ha fatto uso di tutto il tempo a lui conferito dall’art. 73 comma 1 Cost. a mente del quale le leggi sono promulgate entro un mese dall’approvazione.

Pur nella correttezza del dettato costituzionale, il fatto – perché insolito – si presta ad alcune considerazioni.

La prima è quella deducibile dalla cronologia, considerato che la legge n. 114 segue alla pubblicazione in Gazzetta della legge n. 112 8.8.2024 di conversione del decreto legge n. 92 del 4.7.2024.

Il collegamento è dato dal fatto che nel decreto legge approvato dal governo (relativo al problema penitenziario) è contenuta una norma che disciplina il cosiddetto peculato per distrazione (art. 314-bis c.p.); ora questa norma, a quanto è dato sapere, è stata inserita al fine di “temperare” gli effetti dell’abrogazione del reato di abuso d’ufficio (art. 323 c.p.) contenuto nel ddl Nordio, definitivamente approvato il 10.07.2024.

In altri termini, per consentire la pubblicazione della legge Nordio, si è ritenuto necessario attendere l’approvazione (e pubblicazione) del decreto legge carceri la cui scadenza era fissata ai primi di settembre e che quindi è stato convertito anticipatamente proprio per la riferita ragione temporale (arg. ex art. 73 comma 1 Cost.).

Ora, il primo interrogativo che si prospetta riguarda il fatto che con il d.l. carceri l’art. 314 bis c.p. è già applicabile, mentre l’abrogazione dell’art. 323 c.p. deve attendere la pubblicazione in Gazzetta e i quindici giorni di vacatio legis.

In altri termini la nuova previsione compensativa è già operativa mentre quella che essa deve sanare, deve attendere.

Se la ricostruzione è esatta non solo per abrogare un reato se ne deve introdurre un altro, ma per un certo periodo i due reati sono destinati ad essere entrambi applicabili.

La prima domanda quindi: se era necessario attendere la conversione del dl carceri per sanare una ritenuta necessità di colmare un ritenuto vuoto normativo.

Al riguardo non è chiaro dove sia emersa questa indicazione, in limine, considerato che il ddl Nordio, come detto in premessa, ha occupato il Parlamento per oltre un anno senza che la questione – ridotta al solo contrasto tra favorevoli e contrari all’abrogazione – venisse prospettata.

Se per quanto attiene ai profili penalistici, il differimento dell’abrogazione del reato di abuso d’ufficio non muta (l’abrogazione deve essere comunque applicata anche alle situazioni che medio tempore dovessero aver acquisito la irrevocabilità, mentre il nuovo reato deve essere applicato, salvo la modifica dell’imputazione rispetto al reato di abuso d’ufficio, solo ai fatti successivi all’approvazione del ddl carceri), il discorso è diverso sotto il profilo processuale.

Se invero il termine di differimento connesso alla pubblicazione in Gazzetta è un “dato neutro”, lo stesso non può dirsi per la restante parte del provvedimento perché secondo la logica che ispira l’applicazione delle norme processuali, queste sono governate dal principio del tempus regit actum e non consentono recuperi retroattivi.

Si pensi, in via esemplificativa, al differimento del contradditorio anticipato, all’esclusione della legittimazione del p.m. ad appellare la sentenza di proscioglimento emessa all’esito del dibattimento davanti al giudice in composizione monocratica e, soprattutto, all’eventuale declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione per la violazione dell’art. 581 comma 1 ter c.p.p. con conseguente irrevocabilità della sentenza.

C’è tuttavia anche un terzo profilo che è emerso dal dibattito sulla vicenda e che evidenzia significativamente la forte contrapposizione ideologica e culturale che si riflette sulla materia, anche al di là di quanto già detto sull’inserimento del nuovo reato compensativo.

A fronte della riforma, prospettando scenari apocalittici da parte di varie istituzioni domestiche e sovranazionali, non è mancato chi ha parlato di pregiudizio per “l’etica pubblica” con riferimento all’abrogazione dell’art. 323 c.p.

Si è parlato altresì in modo del tutto improprio, ma significativamente evocativo, di amnistia invece di abrogatio criminis e a fronte delle modifiche meramente processuali del ddl carceri si è parlato di indulto.

Tutto può esser discusso, ma dai vertici scientifici e istituzionali ci si aspetterebbe pur nella legittimità delle critiche, qualcosa di meno “emotivo”.

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