Cassazione penale, sezioni unite, 28 marzo 2024 (ud. 14 dicembre 2023), n. 12759
Presidente Cassano, Estensore Corbo
La competenza del giudice di pace per le lesioni personali alla luce della riforma “Cartabia”.
Con la sentenza che qui si annota, la Corte di cassazione interviene a sezioni unite a comporre una disputa giurisprudenziale in ordine alla competenza per materia per le lesioni produttive di una malattia di durata superiore a venti giorni e non eccedente i quaranta giorni, dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2022 (c.d. riforma “Cartabia”).
Per una maggiore chiarezza espositiva, va brevemente segnalato che l’articolo 4, co. 1, lett. a), del decreto legislativo n. 274 del 2000, nel testo vigente sia prima della riforma “Cartabia” sia in epoca attuale, attribuisce al giudice di pace la competenza per il delitto ex art. 582 co. 2 c.p., limitatamente alle fattispecie procedibili a querela, e con esclusione espressa dei fatti commessi «contro uno dei soggetti elencati dall’articolo 577, secondo comma, ovvero contro il convivente». Va ricordato che la Corte costituzionale con la sentenza n. 236 del 2018 ha escluso dalla competenza per materia del giudice di pace, riportandola nell’alveo operativo del tribunale, anche la fattispecie di lesioni commesse contro i soggetti di cui all’art. 577 co. 1, n. 1, c.p.
Prima della novella del 2022 più volte citata, l’art. 582 co. 2, c.p., al quale rimanda l’art. 4 del decreto legislativo n. 274 cit., prevedeva la procedibilità a querela per il delitto di lesioni quando la malattia avesse durata non superiore a venti giorni e non fosse interessata da una delle circostanze aggravanti ex artt. 61 n. 11-octies, 583 e 585 c.p. (ad eccezione di quelle indicate nel n. 1 e nell’ultima parte dell’art. 577 c.p.). Pertanto, l’art. 4 del decreto legislativo n. 274 del 2000, nel prevedere la competenza del giudice di pace per le lesioni, faceva pacificamente riferimento alle fattispecie procedibili a querela di parte da ultimo segnalate, salve le deroghe espresse, per le quali, pur trattandosi di reato procedibile a querela, veniva prevista la competenza del tribunale.
Con la riforma del 2022, è mutato il secondo comma dell’art. 582 c.p., che ora annovera quale fattispecie di lesioni procedibile a querela soltanto quella aggravata ex art. 577 co. 1, n. 1, e co. 2 c.p.; tuttavia, occorre rilevare che queste ipotesi – in ossequio al tessuto letterale dell’art. 4 cit. e in adesione alla già menzionata pronunzia della Consulta – rientrano nella competenza per materia affidata al tribunale. Ne conseguirebbe l’azzeramento della competenza del giudice di pace rispetto al delitto di lesioni volontarie.
Il contrasto giurisprudenziale qui di rilievo è sorto in relazione alla fattispecie di lesioni con malattia di durata dai ventuno ai quaranta giorni. Nessun dubbio si pone nel caso della malattia superiore a quaranta giorni nonché nell’ipotesi di malattia di durata dai ventuno ai quaranta giorni caratterizzata da una o più aggravanti menzionate dal comma secondo dell’articolo 582, siccome in questi casi si ricade nell’ambito dei reati procedibili d’ufficio perciò rimessi alla competenza del tribunale. Diversamente, il caso problematico innanzi citato, pur essendo procedibile a querela, non risulta richiamato dall’art. 4 del decreto legislativo n. 274 del 2000, e dunque, almeno in prima battuta, non può rientrare nella competenza del giudice di pace.
Gli orientamenti delle sezioni semplici: l’argomento letterale e la natura del rinvio.
Il quesito giuridico è stato risolto in maniera contrastante dalle Sezioni semplici della Corte di legittimità.
Secondo un primo orientamento, formatosi all’indomani dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2022, la competenza a decidere su questa ipotesi delittuosa permane in capo al giudice di pace (in questo senso, Cass. pen., sez. V, 10 gennaio 2023, n. 12517; Cass. pen., sez. fer., 10 agosto 2023, n. 34896) . Si adduce la necessità di eseguire una interpretazione estensiva dell’art. 4, co. 1, lett. a) del decreto legislativo n. 274 del 2000, valorizzando la volontà del legislatore di progressivo ampliamento della competenza del giudice di pace: sia attraverso la legge delega n. 468 del 1999, che fissa la competenza del giudice di pace per il delitto di lesioni punibili a querela, sia attraverso l’art. 2, co. 1, del decreto legislativo n. 150 del 2022 che estende il regime di procedibilità a querela in materia di lesioni personali.
Si aggiunge che l’art. 4 co. 1, lett. a), del decreto legislativo n. 274 del 2000 opera un rinvio c.d. “mobile” all’art. 582 co. 2 c.p., che pertanto non perde efficacia una volta che le ipotesi procedibili a querela scolpite in quel comma siano trasferite in altra sede codicistica.
Con altro orientamento, è stato valorizzato in maniera rigorosa il dato letterale: il mancato coordinamento dell’art. 4, co. 1, lett. a), del decreto legislativo n. 274 del 2000 con l’art. 582 c.p. fa sì che si sia formato un «assetto normativo in forza del quale nessuna ipotesi di lesioni volontarie rientra, una volta in vigore il d.lgs. n. 150 del 2022, nella competenza del giudice di pace». Ciò in quanto il delitto di lesioni volontarie procedibile a querela è ora (principalmente) annoverato nel primo comma dell’art. 582 cit., mentre il secondo comma di questo articolo prevede, quale unica ipotesi di lesioni procedibili a querela, quella commessa in danno delle persone di cui all’art. 577 co. 1, n. 1, e co. 2, c.p., già sottratta alla competenza del giudice di pace (in termini Cass. pen., sez. V, 20 settembre 2023, n. 40719, CED 285172).
Si precisa che il dato letterale della norma costituisce il limite di ogni altro metodo ermeneutico e non può essere superato con una interpretazione costituzionalmente conforme, né recuperando la volontà del legislatore all’interno della relazione illustrativa, ciò perché «l’intenzione del legislatore non può identificarsi con quella dell’organo o dell’ufficio che ha predisposto il testo, ma deve essere ricercata nel senso obiettivo della disposizione» (così Cass. pen., sez. un. 31 marzo 2016, n. 22474, CED 266803).
La decisione delle Sezioni unite: la competenza è del giudice di pace.
Dopo aver riepilogato l’attuale impianto letterale dell’art. 4 del d.lgs. n. 274 del 2000 e le censure di rilievo costituzionale che lo hanno interessato nel 2018, le Sezioni unite affermano che il criterio principale cui il giudice, soggetto soltanto alla legge ex art. 101 Cost., deve riferirsi nell’espletamento dell’attività ermeneutica, è quello del rispetto del dato letterale, che non può essere superato richiamando i lavori preparatori o la relazione illustrativa; questo perché l’intenzione del legislatore – come già cennato – non si identifica con quella dell’organo o dell’ufficio che ha formato il testo di legge bensì va ricercata «nella volontà statuale, finalisticamente intesa».
Il dato letterale, precisano le Sezioni unite, può essere superato soltanto con una interpretazione analogica, richiedendosi però che una controversia non possa essere definita con una precisa disposizione, in ragione di un vuoto di disciplina, e purché l’uso del criterio analogico non sia vietato espressamente (ad es. in materia di leggi penali o eccezionali).
Le Sezioni unite non rinvengono nelle norme che fissano le competenze degli organi giurisdizionali alcun vuoto di disciplina, in particolar modo ove si ponga mente all’art. 6 c.p.p., che fissa la competenza del tribunale in via residuale con una disposizione di chiusura; non potendosi fare ricorso all’analogia, si pone la necessità di rispettare il dato testuale della legge.
Su quest’ultimo aspetto il supremo consesso riunito afferma la necessità per l’interprete di desumere il significato del dato testuale analizzando quest’ultimo all’interno del contesto normativo nel quale esso si colloca e alla luce della disciplina complessiva dell’istituto cui esso risulti ascrivibile. Richiamando argomentazioni sostenute nel recente passato dalle stesse Sezioni unite, si osserva che «nessuna norma può essere presa in considerazione isolatamente, ma va valutata come componente di un “insieme”, tendenzialmente unitario e le cui parti siano reciprocamente coerenti» (così, Cass. pen., sez. un., 31 marzo 2016, n. 22474, cit.).
A giudizio della suprema Corte nella sua più autorevole composizione, il più volte richiamato articolo 4, co. 1, lett. a), d.lgs. n. 274 del 2000, va letto in combinato disposto con il pure menzionato art. 15 della legge delega n. 468 del 1999, secondo cui «al giudice di pace è devoluta la competenza per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale: […] 582, secondo comma (lesione personale punibile a querela della persona offesa); […]».. La lettura coordinata volge nel senso che la volontà desumibile dal sistema organicamente inteso sia che il giudice di pace è competente «per tutti i delitti di lesione personale, consumati o tentati, quando la procedibilità per gli stessi sia a querela, fatte salve le ipotesi espressamente escluse dall’ordinamento»; detto altrimenti, l’art. 582 co. 2 c.p. rappresenterebbe null’altro se non il generale riferimento al delitto di lesione personale volontaria punibile a querela della vittima, che il legislatore, mediante l’art. 4, co. 1, lett. a) del d.lgs. n. 274 del 2000, intende riversare nell’area di competenza del giudice di pace.
Il ragionamento validato dalle Sezioni unite con la sentenza in commento supera la lettura restrittiva dell’art. 4 cit., e valorizza le potenzialità funzionali del sintagma «perseguibili a querela di parte», ritenendo subvalente, se non del tutto neutro, l’inciso formale «di cui al secondo comma».
A giudizio delle Sezioni unite, inoltre, la tesi rigorosa sostenuta da una parte della giurisprudenza, basata sul puro dato letterale dell’art. 4 cit., non sarebbe condivisibile nella parte in cui interpreta il rinvio che quest’ultimo svolge in favore dell’art. 582 co. 2 c.p. come rinvio fisso anziché mobile. Richiamando gli insegnamenti del giudice delle leggi, la Corte di legittimità rammenta che il rinvio fisso o recettizio è ravvisabile soltanto quando la volontà legislativa in tal senso sia chiara e univoca, vale a dire espressa o desumibile da elementi assolutamente concludenti.
Nel caso di specie, tale volontà non può essere ricavata in maniera incontrovertibile. Non può infatti affermarsi con certezza che la perimetrazione originaria della competenza del giudice di pace nella materia delle lesioni personali procedibili a querela fosse intesa come insensibile alle successive modifiche normative.
L’assuntoper cui il giudice di pace sia competente per tutti i delitti di lesione personale procedibili a querela, salve le deroghe espresse, è – secondo le Sezioni unite – quella più coerente con il contesto normativo letto alla luce di una interpretazione sistematica e con le aspirazioni teleologiche legate all’introduzione della figura del giudice di pace nell’ordinamento giuridico, intesa quale modello di giurisdizione volta alla composizione del dissidio individuale; inoltre è l’unica in grado di assicurare uno sbocco operativo all’art. 4 cit., che altrimenti resterebbe lettera morta all’interno del sistema giuridico.
Si afferma in conclusione il principio di diritto secondo cui «appartiene al giudice di pace, dopo l’entrata in vigore delle modifiche introdotte dall’art. 2, comma 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, la competenza per materia in ordine al delitto di lesione personale, nei casi procedibili a querela, anche quando comporti una malattia di durata superiore a venti giorni e fino a quaranta giorni, fatte salve le ipotesi espressamente escluse dall’ordinamento».
Precisazioni conclusive: i fatti antecedenti all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2022.
Le Sezioni unite concludono affrontando il tema della normativa applicabile e del giudice competente, in relazione alle lesioni con malattia di durata superiore a venti giorni, consumate prima del 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della riforma “Cartabia”.
In effetti, mentre per i fatti commessi dopo tale data la competenza è senza dubbio del giudice di pace, con le relative conseguenze in termini di sanzioni applicabili ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. n. 274 del 2000, le condotte lesive poste in essere prima dello spartiacque temporale rifluivano nella competenza del tribunale. Precisa allora la Corte nomofilattica che, per questi fatti, la competenza resta radicata in capo al tribunale, sia quando l’azione penale sia stata esercitata entro questa data (in base al principio della perpetuatio iurisdictionis), sia quando essa sia stata esercitata in epoca successiva.
In entrambi i casi, dovrà essere infatti il tribunale a verificare, alla luce dei principi fondamentali di cui agli artt. 25 Cost. e 2 c.p., quale sia il trattamento sanzionatorio in concreto più favorevole al reo, tenuto anche conto del fatto che, mentre il tribunale può per legge applicare le sanzioni previste per i reati di competenza del giudice di pace, a quest’ultimo non è consentito applicare, per converso, le pene previste per i reati di competenza del tribunale.